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Chi ha bisogno del timore? I cristiani… soprattutto i cristiani

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padre Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 17/06/20

Come qualsiasi cosa, può essere misurato, ma è uno strumento di cui abbiamo un grande bisogno

Cos’è il timore? Come lo descriverei? Come un peso? Un dono? Uno strumento, o qualche altra cosa? La risposta breve a tutte queste domande è “Sì”.

Prendiamo in considerazione queste opzioni, e vediamo come un cristiano potrebbe intenderle, adattarle, correggerle e metterle in pratica.

Il timore come un peso: la forma forse più vivida di paura come un peso è la fobia. Una fobia è una paura persistente e irrazionale di un oggetto, un’attività o una situazione che porta a un desiderio urgente di evitarlo. Per la gente reale che soffre di fobie reali, però, questa pallida definizione è un po’ svilita, no? Per una persona che ha paura dei ragni, ad esempio, la fobia può diventare l’aspetto dominante della vita, provocando la perdita di tempo, sonno, amici e fede. Il terrore dell’oggetto della paura diventa più potente di ciò che viene tealmente temuto.

Inteso in questo modo, come possiamo parlare del timore come di un dono? La paura può essere intesa come dono in due modi – a livello naturale e a livello spirituale. Possiamo intendere la paura come un dono a livello naturale considerando il titolo del noto libro di Gavin de Becker, The Gift of Fear and Other Survival Signals that Protect Us from Violence (Il Dono della Paura e Altri Segni di Sopravivvenza che ci Proteggono dalla Violenza). In altri termini, è bene avere la capacità di ascoltare e obbedire al comando “Questo è pericoloso! Allontanati SUBITO!” La gente che ignora questo segno di sopravvivenza tende a non sopravvivere.

Che dire della paura come dono a livello spirituale? Una breve ricerca online mostra più di 100 passi biblici che si riferiscono in qualche modo al “timore del Signore”. Quello più noto è forse Proverbi 1, 7, “Il timore del Signore è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la saggezza e l’istruzione”. Alcuni si irritano all’idea di associare la paura alla vita spirituale, affermando che se una persona ha paura di Dio ha una visione distorta di Lui. Penso che queste persone – per quanto possano essere benintenzionate – trascurano la distinzione tra “timore servile” e “santo timore”. Un timore servile, al suo livello di base, è semplicemente la paura di essere presi e puniti. I cristiani possono (e dovrebbero) sicuramente fare di meglio.

E il “santo timore”? Ricorriamo a un riassunto tratto dal saggio e arguto padre George Rutler:

“’E ora, Israele, che cosa chiede da te il Signore, il tuo Dio, se non che tu tema il Signore, il tuo Dio, che tu cammini in tutte le sue vie, che tu lo ami e serva il Signore, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua’ (Deuteronomio 10, 12). Quell’amore nasce dal santo timore, ed è un timore gioioso e trascinatore quanto la paura oscura – che ‘l’amore perfetto caccia via’ (1 Giovanni 4, 18) – è spaventosa… Senza il Santo Timore ci sarebbe solo terrore. Forse questo spiega perché la nostra cultura è tanto vessata da ‘fobie’ e ha così poca familiarità con il timore nei confronti del nostro Signore eucaristico. ‘Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei giorni’ (Matteo 28, 20)”.

(Ho avuto il grande privilegio di intevistare padre Rutler qualche giorno fa – potete ascoltare l’intervista qui).

La vita con la paura è insopportabile, la vita senza il santo timore non è perfettibile. Senza stupore e meraviglia – di fronte alla grandezza del creato, alla maestà del Creatore, dell’amore realmente straordinario di Cristo – non può esserci una motivazione per accantonare il peccato, finché c’è ancora tempo, e conformarsi a Cristo come unica preparazione possibile per l’eternità. Il santo timore è davvero l’“inizio della saggezza”, perché è il primo passo per mettere in ordine la nostra vita, in cooperazione con la grazia di Dio.

Legando insieme tutti i fili, guardiamo al timore come a uno strumento. Come qualsiasi strumento, anche il timore può essere usato male, e allo stesso modo, con guida e pratica, può essere usato in modo più facile, efficace e creativo. Un timore prudente, trattato come il dono di un istinto di sopravvivenza, può tenerci in allerta nei confronti del male fisico. Un santo timore, come inizio della saggezza, può spingerci al pentimento, e a una vita di continua conversione. Un santo timore inteso come un “timore filiale”, ovvero la paura di deludere il nostro Padre celeste, può renderci nel tempo sempre più sensibili e ricettivi agli stimoli dello Spirito Santo (“come acqua che cade su una spugna”, direbbe Sant’Ignazio di Loyola).

Con una sensibilità spirituale ben coltivata, possiamo essere attenti agli avvertimenti di fronte alle occasioni di peccato. Allo stesso tempo, questa sensibilità spirituale può farci vedere le occasioni di fare la carità, pronti a “percorrere un altro miglio” con gli altri.

L’uno con e per l’altro, preghiamo per ottenere il dono del timore.

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