James Ford è l’uomo che ha disarmato il terrorista Usman Khan: immediatamente incoronato eroe, ha lasciato tutti interdetti quando si è scoperto che è un assassino in libertà vigilata. Come guardare l’abisso del cuore umano senza impazzire?
Esistevano eccezioni, la regola poteva restare a bocca aperta davanti a un fatto, l’imprevisto si faceva obbedire.
Victor Hugo – I miserabili
Verso le 15, ora italiana, di venerdì scorso è accaduto qualcosa di terribile e incredibile sul London Bridge; si stenta a incasellarlo nella pura cronaca di un attentato terroristico. Lo è stato, con tanto di rivendiazione da parte dell’Isis; ci sono state due vittime giovani, e questo ci piomba nella più dolorosa e concreta realtà. Qualche giornale ha tentato di contenere i fatti in un suggestivo «sangue e terrore a Londra, a due settimane dalle elezioni». Perché anche l’importante scadenza politica fa parte del quadro complessivo degli eventi, ma forse solo marginalmente: in primo piano ci sono quegli uomini che si sono casualmente trovati su quel ponte in un corpo a corpo serrato tra bene e male, vita e morte.
A osservare la scena a posteriori s’impazzisce, nessuna etichetta tiene. E tu sei buono o cattivo? Proprio questa domanda si rivela inadeguata a contenere l’eccedenza che è ogni creatura umana.
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Cronaca: carnefice, vittime, eroi
Si svolgeva a Londra lo scorso venerdì presso la Fishmongers’Hall un evento organizzato dall’Università di Cambridge come parte del progetto Learning Together, per la riabilitazione dei detenuti. È questo il collante che tiene insieme molti frammenti dell’attentato terroristico di cui è stato protagonista il 28enne Usman Khan che, armato di coltello e con indosso una finta cintura esplosiva, ha cominciato ad aggredire i passanti sul London Bridge attorno alle 15, ora italiana. Khan era stato condannato per terrorismo nel 2012 e risultava essere collegato al gruppo islamista al-Muhajiroun, considerato tra i più prolifici e pericolosi nel Regno Unito. Dal 2018 era in libertà vigilata e indossava il braccialetto elettronico alla caviglia.
Tutto inizia quando Ousman decide di partecipare all’evento di venerdì organizzato da «Learning Together» nella Fishmonger’s Hall, non lontana dal London Bridge. Khan aveva chiesto di partecipare a questo incontro per «provare alle autorità, alla mia famiglia e alla società che non ho più le stesse opinioni di prima del mio arresto. Per provare che allora ero immaturo e ora sono molto più maturo e voglio vivere come un buon musulmano e un buon cittadino britannico», come si legge nella lettera diffusa da Itv News. (da Il Giornale)
Invece, si è scagliato senza pietà sui passanti ferendone una decina e ammazzandone due. Le vittime sono due studenti dell’Università di Cambridge di 25 e 23 anni, entrambi parte attiva nel programma di riabilitazione dei detenuti. Jack Merritt è morto sul colpo, la famiglia lo ha pianto con queste parole:
Jack incarnava i princìpi che difendeva, e credeva nella redenzione e riabilitazione, non nella vendetta; stava sempre dalla parte dei perdenti. Era intelligente, riflessivo, empatico. (da BBC)
L’altra vittima, morta più tardi, è Saskia Jones; anche lei era una volontaria impegnata nella riabilitazione dei detenuti. Viene da chiedersi, allora, se questi ragazzi siano stati traditi nelle speranze che coltivavano. Uccisi dalla mano a cui si protendevano per offrire aiuto: era vano coltivare il desiderio della redenzione? Il primo elemento che questa storia ci mette in mano è il limite estremo della libertà umana, la possibilità che tradimento e inganno colpiscano le anime più belle.
Attorno al carnefice e alle vittime, in quei minuti concitati di terrore, altre figure umane si aggiungono. Innanzitutto c’è da documentare la prontezza dell’uomo comune, spesso ingiustamente giudicato pavido e inerte. Di fronte all’imprevedibile eventualità che nel bel mezzo di un giorno qualunque ci si imbatta in un terrorista armato di coltello, i presenti hanno reagito subito con insospettabili risorse di difesa per il bene comune. Una guida turistica di passaggio ha brandito un estintore e ne ha rovesciato il getto addosso a Usman Khan. Clamoroso l’irrompere sulla scena di un altro uomo munito di zanna di narvalo: lo chef polacco Lukasz è stato artefice di un gesto che ha dell’incredibile,
Lavora alla Fishmongers’Hall, edificio vicino al luogo dov’è iniziato l’attacco. Ha sentito le urla, e si scagliato fuori in strada. Lucasz ha staccato la zanna di narvalo da una parete, dove era appesa come cimelio, e l’ha usata per fermare l’attentatore assieme ad altri passanti intervenuti. Cetaceo simile al beluga, il narvalo ha un lungo dente che fuoriesce dal labbro superiore per quasi tre metri. (da Repubblica)
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L’inghilterra annovera tra i suoi autori più famosi dei grandi scrutatori dell’umano, e forse servirebbe la voce di Shakespeare per dire qualcosa di sensato sull’umanità più semplice che nei momenti del bisogno si rivela depositaria di virtù eterne come il coraggio e il soccorso. Occorrerebbe, poi, un occhio più che umano per inquadrare appieno l’altra figura che si è distinta durante i minuti di puro panico sul London Bridge: il 42enne James Ford, l’uomo che ha disarmato l’attentatore e che, dopo essere stato celebrato come eroe nazionale, si è rivelato essere un assassino.
James Ford: coltelli strappati di mano ed etichette che saltano
Si stenta a crederlo: l’eroe nazionale è in realtà un criminale. Venerdì mattina si trovava sul London Bridge perché gli avevano accordato un permesso per uscire dalla galera. Nel 2004 James Ford aveva ucciso a sangue freddo una ragazza disabile, tagliandole la gola. Un atto di efferata crudeltà, di cui non era mai riuscito a dare una spiegazione. (da TP24)
Lo si vede in alcuni video amatoriali girati sulla scena dell’attentato: è vestito bene, tiene in mano il coltellaccio tolto a Usman Khan e si allontana premurandosi, con un gesto della mano, di tenere lontana la gente dal pericolo. Si è subito meritato l’epiteto di eroe, persino le lodi di Boris Johnson. Finché il suo passato non ha fatto breccia su tutte le testate e mandato in tilt le parole dei giornalisti, le opinioni di noi spettatori e pure il nostro bisogno di separare il bene dal male come si separa il bianco dal nero.
James Ford è proprio il classico nome inglese, quasi il nostro Mario Rossi. Ma non è un uomo qualunque, nel 2004 si è macchiato di un delitto orribile: ha ucciso una giovanne donna di 21 anni di nome Amanda Champion, sgozzandola senza un movente chiaro. La ragazza era una disabile, con lo sviluppo intelletivo di una 15 enne.
Il corpo di Amanda era stato ritrovato vicino a casa sua ad Ashford, nel Kent, nel 2003. A denunciare Ford, che lavorava come operaio in una fabbrica, era stato un volontario dei “Samaritans”, che decise di chiamare la polizia a seguito di 45 telefonate fatte dall’assassino per confessare il suo delitto. Il 42enne aveva strangolato e tagliato la gola alla 21enne disabile senza un apparente motivo. Per questo la polizia del Kent lo aveva giudicato un soggetto molto pericoloso. (da TgCom 24)
Condannato all’ergastolo, venerdì scorso era in permesso premio: stava andando a quella conferenza sulla riabilitazione dei detenuti che legava così tanti protagonisti di questa tragica vicenda. Lui, che con un coltello aveva ucciso senza pietà, sul London Bridge ne ha strappato di mano uno all’attentatore per impedire che uccidesse di più. Un assassino capace di sgozzare una disabile era sul London Bridge di nuovo armato di coltello, ma inoffensivo e pure indaffarato a difendere i passanti.
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Chi sei James Ford? Non lo so. Non so se sei cambiato o c’è stato solo un attimo di autentica premura umana in te. Anche un assassino può provare premura e soccorrere? Che tu sia stato un assassino crudele è innegabile; che tu, messo nuovamente di fronte alla vita a e alla morte, abbia scelto il coraggio di chi disarma è altrettanto innegabile. E noi, che rimarremo sempre un passo fuori dalla tua anima, sulla soglia di questo mistero ci fermiamo, a contemplare – anche – il mistero del bene e del male che è in noi.
Molti sono andati in tilt, e sono quelli che escludono il mistero scritto nei cuori perché vogliono tenersi strette tra le mani la briglia del giudizio universale. James Ford è il granello di sabbia che inceppa gli ingranaggi dei perbenisti che vogliono risposte definitive su tutto, ma rifiutano la vera apertura che solo la morale possiede. Allora le hanno provate tutte.
C’è chi si rassegna la caos, la via d’uscita facile per chi non osa confrontarsi seriamente con le contraddizioni:
Una favola triste da cui è meglio non trarre morali perché sarebbero buie come la notte più buia. Meglio, molto meglio, pensare che il destino sia un tipo piuttosto distratto. (da Il giornale)
C’è chi butta dentro il brodo umano il buono e il cattivo, indistintamente. Non preoccupiamoci troppo, siamo uno nessuno e centomila:
Siamo portatori di istanze diverse e complesse, tali da sfuggire a ogni classificazione troppo rigida. Non siamo meccanismi perfetti, la contraddizione è una nostra cifra, ci appartiene. Conviviamoci, allarghiamo un po’ le maglie del nostro pensiero e se proprio vogliamo parlare di identità, almeno che sia la plurale. (Marco Aime su Il Fatto quotidiano)
E anche lui, Enrico Mentana, se l’è voluta svignare alla svelta dall’incognita impazzita che è il signor Ford e l’ha liquidato come una nota stonata.
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In fondo queste sono voci leggere che si perdono nel vento, oggi altre notizie dell’ultima li hanno già catalupultati in contesti diversi, urgentissimi quanto passeggeri. C’è però un interlocutore che merita attenzione. Cosa pensa la famiglia della vittima di James Ford dell’accaduto? Chi è per loro l’uomo che ha ucciso senza pietà la loro amata Amanda?
«Quell’uomo – taglia corto Angela Cox, zia di Amanda – non è un eroe. È un assassino in libera uscita, circostanza di cui noi come famiglia non sapevamo nulla. L’ufficiale di collegamento di polizia mi ha chiamato dicendo che era in tv. Sono così arrabbiata. Lo hanno fatto uscire senza nemmeno dircelo. Non mi interessa quello che ha fatto oggi, è un assassino. È feccia. Amanda era mia nipote, lei era vulnerabile e lui le ha tolto la vita. Le persone non cambiano». (da Il Giornale)
Javert, dimmi: le persone non cambiano?
La polizia ha freddato con un colpo di pistola il terrorista Usman Khan. Alcuni hanno fatto notare che sia stata una risoluzione precipitosa, visto che la cintura esplosiva era finta. I poliziotti hanno agito con prontezza, hanno chiuso la storia senza appello. Per evitare ulteriori vittime, è presumibile.
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Non altrettanto facilmente si riesce a chiudere con un colpo ben assestato di parole il mistero dell’assassino-eroe. James Ford rimane sospeso in un mondo in cui il bene e il male non sono etichette, ma scelte da rinnovare di istante in istante. È parte del nostro mondo più autentico, in cui a fine giornata nessuno di noi può guardarsi allo specchio con la certezza di essere perfettamente candido o completamente sporco. E per questo genere di «esseri» che siamo noi, l’unico orizzonte che tiene è quello della misericordia di Dio.
L’ordine pubblico, la giustizia umana sono forme necessarie all’umano; hanno giurisdizione fino a un certo punto ma si smarriscono di fronte a un’anima incessantemente alle prese con il suo destino eterno dentro la perenne lotta della libera scelta tra bene e male. Siamo fatti di istanti memorabili e interminabili ore di buio. Fino all’ultimo respiro potremo tradire tutto, oppure salvarci da una lunga storia di perdizione.
Così mi è tornato in mente proprio un poliziotto, impazzito di fronte all’ipotesi della misericordia. Ce lo ha regalato la penna di Victor Hugo, quando scrisse I miserabili. Javert è la voce della legge che insegue Jean Valjean per consegnarlo alla punizione della giustizia umana.
Javert, il poliziotto, sapeva esattamente che i cattivi sono cattivi, e Valjean era stato cattivo. Eppure, a un certo punto quello che incontra è indubitabilmente un Valjean buono, che risponde al male col bene e manda al diavolo le categorie fisse del poliziotto.
Era costretto ad ammettere che la bontà esisteva: quel forzato era stato buono ed egli stesso, cosa inaudita, era stato buono. […] Novità misteriose d’ogni genere si dischiudevano ai suoi occhi: si poneva domande alle quali dava risposte che lo atterrivano. C’è dunque qualcosa oltre il dovere? La sua bilancia si spostava, uno dei piatti precipitava negli abissi, l’altro saliva al cielo.
Per stare in pienezza di coscienza davanti all’umano, occorre essere così squilibrati. Occorre buttare la nostra bilancia che vorrebbe equamente dividere i nostri simili in buoni e cattivi, possibilmente lasciandoli sempre dalla stessa parte. L’unico capace di pesare ogni briciola di noi è Dio e ha una bilancia che noi non comprendiamo, se non quando sentiamo la botta viva della misericordia sulla nostra pelle. Le mani tentanto di separare il bene dal male, di mettere un po’ d’ordine nel putiferio del mondo; e poi la realtà ogni giorno ingarbuglia la scena in modo inestricabile. Un uomo di rigorosi principi come Javert impazzisce: «Ma come fare per dare le proprie dimissioni a Dio?» con questa domanda vertiginosa e irrisolta, il poliziotto sceglie il suicidio. Incapace di tenere in mano l’abisso del suo cuore e di quello del misterioso Jean Valjean, decide di darsi per vinto. Commenta Hugo:
un’anima sbalzata fuori strada, un’integrità schiacciata e irresistibilmente proiettata in linea retta veniva a spezzarsi contro Dio.
James Ford ci riporta a questo punto, dove tutte le linee rette e affilate dei nostri giudizi si spezzano. I nostri discorsi non sanno formulare frasi sensate in cui assassino e benefattore convivano serenamente. Eppure sappiamo che la nostra anima non è lontana mille miglia dai chiaroscuri di James Ford; lasciamoci spezzare da Dio, lasciamoci interrogare una volta di più dalla misura di chi si è spezzato sulla Croce per tutti.