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Come affrontare la crisi dei 50 anni?

MATURE

Dmytro Zinkevychs - Shutterstock

Orfa Astorga - pubblicato il 03/07/19

Una testimonianza anonima mostra come in questa tappa della vita l'anelito alla giovinezza perduta possa essere una trappola

Una curva lunga e pericolosa è quella che in genere emerge dai cinquant’anni in poi, quando in base alla mia esperienza noi uomini attraversiamo varie crisi, che per me sono state come steccati che ho superato dopo vari tentativi.

Ecco alcuni tipi di crisi:

Una crisi di ego. Ricordo bene che è stato in quegli anni che mi sono iscritto in palestra, ho iniziato una dieta e ho fatto ricorso a certe creme. Solo che una cosa era il modo in cui pretendevo di vedermi, e un’altra era come mi vedevano davvero le nuove generazioni, e quindi era un partita persa.

Invecchiavo irrimediabilmente per quanto volessi simularlo e corteggiavo la mia vanità, perché anche se ero fedele nel mio matrimonio verificavo con la coda dell’occhio la mia attrattiva maschile sulle donne giovani, e poi… sempre meno giovani.

Dovevo accettarlo, ma opponevo resistenza, per cui nella mia immaginazione mi vedevo licenziare la mia vecchia segretaria per assumere una bionda dalle curve esplosive per iniziare un’avventura segreta, o cambiare stato civile o professione. In pieno delirio, mi vedevo lasciare tutto e viaggiare per il mondo in motocicletta con barba e capelli lunghi e un’abbronzatura sexy. Insomma, pensavo di riorganizzare la mia vita e di allontanare il fantasma della vecchiaia.

Ovviamente non ho fatto niente di tutto questo.

Quello che ho invece fatto è stato assistere alle mie colazioni in compagnia dei vecchi amici, che come me diventavano sempre più grassi e brutti, e alcuni anche più sciocchi.

Poi il destino mi ha colpito, perché in una di quelle occasioni, aprendo il menù mi è sembrato che anziché opzioni appetitose ci fosse scritto “stress, depressione, stanchezza fisica, disgusto… scoraggiamento”.

La crisi dei limiti. Correvo il pericolo di sviluppare nuove rughe, ma stavolta nella mente e nell’anima, perché iniziavo a rendermi conto del fatto che non davo di me tutto quello che avrei voluto. Che iniziavo a perdere lo stimolo per quanto riguardava i miei sogni, i miei progetti e gli incarichi che avrei ancora potuto assumere.

Da giovane il contrappeso delle illusioni umane mi aveva fatto superare in qualche modo le situazioni, una serie di condizionamenti che penso appaiano in genere nel corso della vita di ciascuno, come problemi fisici, psichici, familiari, lavorativi, affettivi…

Questi condizionamenti prevalevano con maggiore o minore intensità, e ora mi chiedevano di rinnovare gli sforzi. Mi hanno fatto diventare pessimista e iniziare a dire che il passato era meglio.

La crisi della trascuratezza. L’avevo già constatata in alcuni dei miei amici con certi tratti depressivi, che agivano mettendo a serio rischio la loro salute, fumando, mangiando troppo o aggrappandosi a illusioni fugaci con distrazioni che implicavano uno sforzo quasi nullo.

Visto che avevo imparato che le crisi servono a generare vita, ho capito che ancora una volta non dovevo permettere che il cammino si oscurasse, per cui ho reagito con la massima fedeltà a tutto ciò che avevo ottenuto nella vita, a cominciare da Dio e proseguendo con la mia famiglia, gli amici, il lavoro…

E allora mi sono concentrato su cambiamenti molto importanti per quanto riguardava abitudini e valori, come:

  • Curare la mia libertà interiore per essere in comunicazione con Dio.
  • Programmare e rispettare il tempo da trascorrere con la famiglia.
  • Lavorare senza eccedere l’orario previsto.
  • Non fumare.
  • Mangiare e bere con moderazione.
  • Affrontare ogni tipo di problemi o situazioni delicate con pace e serenità.
  • Riposare assumendo un atteggiamento diverso, rilassante e gratificante.
  • Fare esercizio, possibilmente a contatto con la natura.
  • Cercare distrazioni mentali come lettura, musica e amici.

La crisi del senso della vita. È stato allora che ho riconosciuto che in aspetti davvero importanti ero rimasto alla superficie delle cose e che era giunto il momento di acquisire una nuova percezione del valore dell’esistenza, superando la mera conoscenza di quell’io che mi aveva permesso tutto ciò che avevo ottenuto, per accedere a quell’io intimo come persona e cedergli il posto principale della mia esistenza.

Ho capito che al margine di tutto era quello il vero e unico condizionamento, come lo steccato pià importante da saltare per essere capace di realizzare ciò che vale davvero la pena e che resta, anche quando la speranza spesso è ormai svanita.

Si tratta della mia crisi migliore, e mi trovo nella tappa in cui posso continuare a dare apporti umanamente nella misura delle mie possibilità, ma soprattutto crescere interiormente perché il frutto dei miei sforzi perduri, perché sono uno di quelli che credono che non è vero che alla fine non ci portiamo dietro niente. Ci portiamo dietro i nostri meriti!

Per questo continuerò ad essere fedele nelle cose grandi, in quelle piccole e anche in quelle minime.

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