Si chiama non a caso il “Golfo degli angeli” e si trova in una terra dove leggenda e realtà animano migliaia di racconti sugli spiriti celesti
La presenza degli angeli trova in una zona dell’Italia insulare una delle maggiori espressioni culturali. In Sardegna, mistero, superstizione, credenze diaboliche, hanno creato un sostrato assolutamente unico di migliaia di racconti, leggende, e anche fatti realmente accaduti, legati al mondo angelico.
In particolare sono stati i culti dell’Africa romana ad influenzare la religiosità dei sardi: il nome degli arcangeli appare attestato in ritrovamenti epigrafici già del secolo VI, mentre il culto ufficiale venne introdotto durante la dominazione bizantina, come scrivono Marcello Stanzione e Neria De Giovanni in “Angeli e spiriti maligni in Sardegna” (edizioni Nemapress).
C’è però un racconto che spicca più degli altri e trova “riscontro” anche oggi. Ed è legato al “Golfo degli Angeli”, cioè il Golfo di Cagliari.
Dal mare, come una perla preziosa
Il perché di questo nome? Gli sarebbe stato affibbiato quando perchè, l’isola stava emergendo dal mare, gli angeli la guardavano dal cielo, e rimasero entusiasti nel vederla così bella e incantevole, come una perla preziosa nella sua conchiglia.
Gli angeli notarono anche che nella parte meridionale dell’isola si era formato un grande golfo, dove le onde spumeggianti del mare si smorzavano e trovavano la loro quiete naturale. Essi pensarono che un luogo così stupendo dovesse essere protetto da ogni eventuale sciagura proveniente dal cielo o dagli abissi del mare, e chiesero a Dio creatore di fare da sorveglianti a questo golfo per tenerlo lontano da qualsiasi insidia e vegliare anche sugli uomini che avrebbero popolato quella terra. Avuto il benestare da Dio, a stormi gli angeli scesero dal cielo per presidiarlo.
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L’arrivo del demonio
Tutti sapevano che il golfo era protetto dagli angeli celesti e gli abitanti della zona vivevano beatamente. Ma il demonio con le sue schiere di angeli decaduti aveva invidia di tanta pace e benessere in quel golfo, così tentò una battaglia con gli angeli buoni e si scatenò un furioso scontro tra le forze del bene e quelle del male. Il combattimento perdurava già da molto tempo, e le sorti non sembravano favorevoli, né all’uno né all’altro schieramento.
Nell’abisso
Quando un angioletto ebbe una santa ispirazione, e tracciò nel cielo il segno della croce. I demoni di fronte a quel segno sembravano aver perso ogni vigore, così tutti gli altri angeli tracciarono nel cielo miriadi di croci, e i demoni, ormai impotenti e privi di forza, sprofondarono nell’abisso del mare, dal quale emerse un enorme scoglio nero a forma di sella, che dalla spiaggia s’inoltra verso il largo e sembra ancora puntare verso il cielo. Quello scoglio ancora oggi è chiamato La Sella del Diavolo, ed i naviganti quando passano accanto ad esso, si fanno il segno della croce, come fecero gli angeli a difesa del golfo.
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Efisio a capo della milizia celeste
Sempre a Cagliari si tramanda un’altra importante leggenda, legata agli angeli, e che riguarda Sant’Efisio († inizio IV sec.), a cui è dedicata una chiesa, e viene festeggiato con grande onore.
Efisio era un ufficiale dell’esercito imperiale romano e, quando si trovava in viaggio sulla strada di Utticania (nei pressi di Napoli), ebbe in visione Gesù Cristo in persona (come l’apparizione a San Paolo sulla strada di Damasco), che lo nominò capitano della sua milizia celeste, ossia fu rivestito del rango di angelo e fu messo a capo di tutte le schiere angeliche, con lo scopo di diffondere nella parte occidentale del mondo fino ad allora conosciuto, il Vangelo e far trionfare il Cristianesimo.
I tre nomi
Quando la visione scomparve, Efisio si accorse di avere una croce impressa miracolosamente sul palmo della mano, come segno lasciato dalla presenza di Cristo. Dopo alcuni anni Efisio arrivò a Gaeta e si recò da un orafo a cui chiese di preparargli una croce d’oro come quella che aveva impressa sulla mano, senza alcuna paura di essere additato come cristiano e di esporsi alla persecuzione che in quel tempo imperversavano. Appena l’orafo realizzò la croce, su di essa apparvero incisi tre nomi: Emmanuele, Gabriele e Michele.
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Il martirio
L’orafo davanti a questo prodigio, rimase stupefatto e cercò di distruggere la croce, ma non vi riuscì e si affrettò a consegnarla ad Efisio che gliela aveva commissionata, fornendogli spiegazioni sulla presenza dei tre nomi, non certamente opera sua. Efisio si fece battezzare a Gaeta e si trasferì in Sardegna, prendendo dimora a Cagliari dove trascorse il resto della sua vita. Qui però il prefetto romano della città, avvisato che Efisio era un cristiano, fece di tutto per farlo abiurare, utilizzando ogni strumento di tortura, ma non vi riuscì per cui lo fece mettere in prigione. Efisio per grazia divina in carcere fu risanato miracolosamente da ogni segno di tortura.
Davanti a questo miracolo, il vice-prefetto lo fece gettare in una fornace ardente, dalla quale Efisio uscì indenne, mentre le fiamme divorarono i sui carnefici. Efisio allora fu decapitato a Nora, sul capo di Pula e la fama del suo martirio si diffuse in tutta la Sardegna, dove è considerato uno dei santi protettori.
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