Una certa vulgata ci dice che il potere di Salvini è la prova che egli abbia ragione. Ma il Vangelo non fu scritto a maggioranza…In un interessante editoriale di Avvenire, il professor Mauro Magatti, sociologo della Cattolica di Milano, spiega il suo punto di vista rispetto al recente voto europeo:
[…] col voto di questi giorni – che rispecchia non solo un nuovo Parlamento, ma anche equilibri nazionali molto diversi tra loro – nessun Paese, nemmeno la Germania, potrà più pensare che quello, schema possa reggere l’urto del tempo. Per navigare nell’oceano tempestoso del post-2008 la politica ha un ruolo molto più centrale e decisivo. E di politica non si può più fare a meno.
Anche se non ha vinto, l’ondata sovranista è così destinata a lasciare il segno. Il successo in due Paesi chiave come Francia e Italia lascia pochi dubbi sul fatto che l’Europa sarà ancora più esposta agli interessi nazionali. Così, senza colpi d’ala e contemporanei passi avanti all’insegna della concretezza, il rischio è che i prossimi anni assisteremo al ridimensionamento del progetto europeista. E forse anche al suo fallimento.
Leggi anche:
Elezioni europee in Italia? Ha stravinto Salvini
Tralasciando le questioni geopolitiche a cui nel suo prosieguo allude il professore, è indubbio che le speranze espresse dall’articolo tradiscono da un lato una presa d’atto (l’equilibrio nella UE non può più essere quello dettato dall’asse Parigi-Berlino) e dall’altra una speranza (che Berlino si accorga che non può più comandare). La prima è un atto di realtà a cui il voto di domenica ha dato corpo in tutta Europa – dove più, dove meno – non tanto dando una ipotetica maggioranza ai cosiddetti “sovranisti” (che spesso sovranisti non sono, ma non importa), perché al di là di qualche exploit hanno raccolto un magro bottino complessivamente (appena 71 seggi su 751), quanto togliendola ai due padroni di casa dell’Europarlamento: i popolari e i socialisti. Per la prima volta la maggioranza che regge Bruxelles dovrà allargarsi, ma per via degli equilibri politici tra le famiglie partitiche dell’Europa, la scelta ricadrà quasi inevitabilmente sui liberali.
All’ALDE, forti del soccorso di Macron, andrà il potere di decidere chi sarà il prossimo Presidente della Commissione Europea o della BCE o dell’Europarlamento, chiederà di contare e da guardiani integerrimi dell’austerità, nulla di quanto richiesto dagli italiani o dai greci verrà accordato. L’avanzata di Salvini, Farage e Le Pen, in pratica, ha dato la volata ai liberali dell’odiato presidente francese di continuare il suo progetto di unità europea a forte guida franco-tedesca. Una vittoria che lo stesso Macron sta facendo valere con la sua alleata più forte, Angela Merkel, mettendo un veto sul candidato tedesco, Weber, alla Commissione Europea. I tedeschi volevano stringere ancora di più la loro presa sulle istituzioni europee. Se il prossimo capo della BCE fosse un arcigno tedesco, per l’Italia sarebbe un bene? Ne dubitiamo. Ecco questo è il quadro, appena si allarga un po’ lo sguardo, della schiacciante vittoria di Salvini, domenica.
Salvini, come molti hanno sottolineato, ha vinto in Italia, ma ha perso in Europa, a meno che non tiri fuori una strategia politica, di dura lotta parlamentare, che costringa i tedeschi e i francesi a più miti consigli cominciando a mettersi di traverso su tutto, e sarebbe una cosa per molti versi auspicabile. Ma dovrà trovare alleati che non ha al momento. Farebbe bene a cercarli, in patria e all’estero. La Chiesa potrebbe essere un primo interlocutore, ora che la campagna elettorale è finita:
“Si deve dialogare anche con Salvini”, ha spiegato il cardinale Parolin alla cerimonia di conferimento del premio internazionale “Economy and society” promosso dalla fondazione “Centesimus annus pro pontifice”. “Il Papa continua a dirlo – ha concluso il cardinale – dialogo, dialogo, dialogo. E perché non con Salvini? Anzi, dialogo si fa soprattutto con quelli che non la pensano come noi e con i quali abbiamo qualche difficoltà e qualche problema” (ANSA).
Non si scambi questa apertura di credito per una sorta di capitolazione. La Chiesa, e il Papa in primis, non è disponibili a barattare il Vangelo per accordi sotto banco, se c’è da fare una guerra si farà. Il Signore del resto lo ha detto “Non sono venuto a metter pace, ma spada” (Matteo 10,34), e ha detto anche chiaramente che “Chi non è con me, è contro di me”(Lc 11,14-23) e cioè, per usare le parole di Bergoglio durante la Quaresima di quest’anno: “o hai il cuore obbediente, o hai perso la fedeltà”.
Leggi anche:
Fraternità universale: La Civiltà Cattolica torna con calma sul Documento di Abu-Dhabi
Le priorità di questo pontificato sono: la misericordia (da estendere ai peccatori dentro la chiesa e ai bisognosi della Terra, fuori), la cura del Creato (inteso come ecologia integrale, che riguarda la totalità dell’uomo) e il dialogo interreligioso (come fu anche con Giovanni Paolo II) perché in un’epoca di conflitti come questa, la Pace (quella vera) è lo scopo di chi – per incarico – è chiamato a gettare ponti. Quindi se è vero – come arguisce sul Foglio, il sociologo Massimo Introvigne – che sui temi dell’accoglienza e dell’ecologia una parte significativa del popolo di Dio preferisce Salvini a Bergoglio, questo non deve far temere il lettore di dove stia la Verità, né di finire in minoranza nelle parrocchie o nella società, perché – si sa – che anche Gesù fu battuto nelle urne, nel primo ballottaggio della storia.
Leggi anche:
Lettera a una giovane aspirante prolife
Tuttavia il governo dei grandi cambiamenti del nostro tempo, quello climatico che genera a sua volta – assieme alla guerra e alla rapina – quello del dramma dell’emigrazione di massa, il quale mette in crisi la pace sociale dei paesi di arrivo, è la grande sfida di questa epoca, o tutte le parti in causa si alleano per trovare delle soluzioni eque e condivise o questa lotta permanente finirà per schiacciare non solo gli ultimi ma anche i penultimi e in buona misura, alla fine, tutti. Un uomo politico intelligente come Salvini può capirlo? Pensiamo di sì.
E per quanto concerne l’accusa di «intelligenza con il nemico» rivolta a Bergoglio per sostenere che Salvini, in fondo, non è il nemico? La risposta politica è che Salvini può non essere Barabba, ma di certo non è Gesù, perché semplicemente non è altro che l’ennesimo Cesare che cerca l’alleanza con l’altare per il proprio dominio personale, ma non vuole una Chiesa autonoma con cui dover fare i conti, vuole una chiesetta prona a cui elargire favori. Lo dice con la sua solita schiettezza Mario Adinolfi sul suo profilo di Facebook, che spiega anche politicamente cosa possono fare i cattolici di fronte al potere:
che si fa con il fortissimo Salvini? Ci sono solo due strade conosciute dai cattolici. La prima è quella collaborazionista, sperimentata la prima volta con il fascismo mussoliniano, poi reiterata più o meno sempre, ovviamente con il potere democristiano, con l’arroganza craxiana, con il ventennio berlusconiano, inframmezzato dal tempo prodiano e da quello del Pd di governo. Si sta con il potente, si prova a salvaguardare i propri interessi, si cerca di subire meno danni possibili. La seconda modalità per i cattolici è quella di scavarsi una propria trincea e di combattere: è accaduto con Sturzo e De Gasperi contro Mussolini, persino nella stagione democristiana più conservatrice (Fanfani, Moro, Zaccagnini, Martinazzoli vennero sempre considerati un po’ eretici), certamente in quella dei vari poteri berlusconiani e prodiani, quando la stirpe popolare provò a condizionare i potentissimi (penso a Casini e Follini con Berlusconi, Marini e Bianco con Prodi).
E dunque non è una questione di toni, magari a volte opportuni o a volte no, di editorialisti o prelati il punto. Il punto è che il Vangelo non è negoziabile o da prendere a pezzi, e i difensori dei “Valori-non-negoziabili™” dovrebbero saperlo meglio di tutti. Infatti mai il Papa o vescovi hanno barattato l’integrazione con l’aborto o viceversa. Non puoi amare la vita nascente, e odiare il fratello che annega, non funziona così. Non puoi essere contro l’eutanasia e a favore della prostituzione di Stato. La difficoltà dei cattolici in politica è proprio quella di essere “et et” e di non sottoporre la vita, tutta la vita, a degli “aut aut”. Ma questo per molti aspetti non è un problema di Salvini o della Lega, per il semplice fatto che questo è il programma politico su cui chiedono consenso e lo ottengono, è legittimo, ma non prova che sia in linea con la Dottrina sociale della Chiesa o col Magistero.
Leggi anche:
Cosa pensano i pontefici sull’immigrazione?
Per chiudere infine il cerchio, si può urlare e sventolare il Rosario, si può tirare il manto alla Madonna a piacimento, la Vergine di certo non si scompone, ma il tema è che chi vince le elezioni deve essere in grado di mantenere le promesse, ma poiché le premesse della vittoria di Salvini sono effimere, egli potrà urlare e dare la colpa a molti, ma sa bene che la politica è fatta di regole ferree basate sui rapporti di forza, e queste dicono – molto chiaramente – quello che spiegavamo all’inizio circa quell’impossibilità per i gruppi nazionalisti antieuropa (che hanno alcuni argomenti assolutamente legittimi) di condizionare il futuro della UE nell’immediato futuro, se non hai i numeri per farlo. Le chiacchiere sono finite, il tempo dei giochi anche, è ora di essere adulti e confrontarsi con la realtà.