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Sulla metro di New York ho ascoltato il pianto di un giovane padre: “era anche mio figlio!”

SAD MAN

Di Sam Wordley - Shutterstock

Aleteia - pubblicato il 21/05/19

Ci sono anche loro, i padri. Nel concepire un figlio, c'è sempre anche un uomo. E gli uomini non sempre istigano le donne ad abortire; spesso sono felici di diventare padri, sanno che quel bambino è loro figlio. Eppure le legislazioni sull'aborto li escludono sistematicamente. Ecco il dolore di un giovane padre negato.

di Anna Raisa Favale

In metro, un ragazzo mi si accosta e sembra sconvolto. Non posso fare a meno di notare che inizi a piangere, controllando il cellulare in modo spasmodico.
“Are you ok?”, non riesco a non chiederglielo.
“Sorry…”, mi dice, asciugandosi le lacrime col polso della maglietta.
La mia ragazza era incinta. Io ero così felice, la mia famiglia era così felice. Mi ha chiamato 10 minuti fa e mi ha detto che ha abortito. Ma io non sapevo niente, non me l’aveva mai detto, non mi ha detto niente, penso che non è giusto, era anche mio figlio!” E ricomincia a piangere.
Io sono sconvolta. L’unico uomo ferito dall’aborto della sua compagna a New York City ovviamente lo trovo io. E questa è una cosa che ho sempre pensato, che ho sempre sofferto.


RYAN MAGERS

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Se già trovo assurda la legge sull’aborto in generale, che difatti legalizza un omicidio e da essere umano ancora non riesco a capacitarmi del come possiamo accettarlo e addirittura favorirlo, da donna trovo doppiamente assurdo che la scelta sia esclusivamente della donna. Si concepisce in due, si sceglie in due, si è in due, sempre e comunque. E trovo doppiamente egoistico che i padri non abbiano nessuna voce in capitolo: quel bimbo nel grembo della donna “è anche loro figlio”, come diceva quel ragazzo mentre piangeva, e io non potevo fare altro che dire “I’m so sorry, you’re right”.

Poi è entrata una donna indiana con un bambino, ci si sono seduti di fronte, e hanno iniziato a giocare.

Gli occhi rossi del ragazzo si sono per un attimo illuminati. Ma poi ha ricominciato a piangere.
Sono uscita mettendogli una mano sulla spalla e dicendogli “God bless you”. Non sapevo cos’altro dire.
Sono immensamente triste della consapevolezza che non capiamo il valore della vita e dell’amore, che siamo arrivati a concepire ogni tipo di nuova tecnologia ma permettiamo numeri da genocidio per quel che riguarda l’aborto, spezzando cuori e vite.
So però che gli occhi scuri e profondi di quel ragazzo non li dimenticherò.

QUI IL LINK AL POST ORIGINALE DI ANNA RAISA FAVALE

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abortopadri
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