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Il presunto stupro sulla Circumvesuviana: verità, menzogna o c’è una terza spiegazione?

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 06/04/19

Sono stati scarcerati i tre giovani accusati di violenza sessuale, ecco i motivi.

I quotidiani nazionali di questi ultimi giorni si sono ampiamente interessati alla vicenda dello stupro che sarebbe avvenuto il 5 marzo scorso nella stazione di S. Giorgio a Cremano della Circumvesuviana di Napoli, dando prima grande risalto alla versione della denunciante e all’arresto praticamente immediato dei tre giovani incriminati, e successivamente alla loro scarcerazione uno dopo l’altro per decisione del Tribunale del Riesame, seguita dalla lettera-appello della ragazza in cui, fra l’altro, afferma di temere ritorsioni da parte di coloro che avrebbero abusato di lei. I Giudici del Riesame hanno ricostruito la storia in modo moltodiverso da quello fornito dalla Procura e dal Gip, sulla base dei filmati delle telecamere di sorveglianza, dei dati della visita medica e del pre-esistente quadro psichiatrico della presunta vittima.

Le immagini delle telecamere di sorveglianza

Le immagini attentamente visionate dai Magistrati non documenterebbero alcuna violenza, né spintoni in ascensore e meno che mai cinico abbandono con fuga, lasciando la vittima in stato di disperazione, ma scene “completamente prive di drammaticità” che ritraggono tre ragazzi ed una ragazza che con fare amicale si salutano ridendo e scherzando, fumano mentre consultano i rispettivi cellulari, per poi dirigersi verso un ascensore guasto dove si appartano. Poi si vedono ritornare tutti insieme verso i binari,la ragazza insieme agli altri tre che non mostra tensione e meno che mai disperazione (Open.oniline). Le stesse immagini evidenzierebbero poi come i tre indagati non si allontanino precipitosamente dopo la presunta violenza, non preoccupandosi dunque della possibilità che la ragazza potesse richiamare l’attenzione di qualcuno e chiedere aiuto. “Atteggiamento – scrivono i Magistrati – spiegabile soltanto o con una totale incoscienza ed incomprensione della condotta criminale o con l’assenza di ragioni che potessero cagionare conseguenze giudiziarie” (Ibidem).

L’esame medico

Il Riesame ha inoltre condiviso le argomentazioni della difesa degli imputati ritenendo: “la documentazione medica non confermativa di rapporti sessuali avvenuti contro la volontà della ragazza” (Open.online). I referti “hanno escluso l’esistenza di segni ecchimotici ed escoriazioni nelle zone genitali, anali, nonché di lesioni o alterazioni in orofaringe” (Ibidem). Il controllo ginecologico a cui la ventiquattrenne di Portici si è sottoposta il 6 marzo certificherebbe “l’assenza di ecchimosi e/o escoriazioni, riscontrando solo un arrossamento”(Open.online), che secondo i Giudici costituirebbe un problema dermatologico non indicativo di una violenza.

Lo stato psichico

I Magistrati hanno poi riconsiderato il valore giuridico da attribuire alle condizioni psichiche della ragazza al momento dell’accesso al Pronto Soccorso inizialmente interpretate come ansia post-traumatica, ritenendole non immediatamente ascrivibili ad una violenza sessuale. “Non sembrano essere state considerate le peculiari condizioni psicologiche della dichiarante – si legge nelle motivazioni – che per i suoi disturbi psichici soffriva di frequenti stati d’ansia e crisi di panico” (Ibidem), la quale avrebbe riferito alla propria terapeuta di aver manifestato un attacco di ansia, per cui aveva richiesto soccorso, nel periodo immediatamente antecedente il fatto denunciato. I giudici sottolineano che “non esiste una sindrome da stress specificamente riferibile all’abuso sessuale” (Open.online), e che pertanto leggere lo stato d’ansia come dimostrazione dell’avvenuto stupro è un “non corretto ragionamento probatorio di tipo circolare nel quale i sintomi sono prova dell’abuso da dimostrare e l’’abuso è la spiegazione dei disturbi” (Ibidem). Nelle immagini delle telecamere in cui la ragazza viene meglio inquadrata “non sembrano nemmeno cogliersi i sintomi tipici di uno stato dissociativo”, né il cosiddetto freezing: “termine che in psicologia indica una modalità di reazione caratterizzata da immobilità e incapacità di resistenza di fronte ad eventuali traumi” (Open.online).

Le conclusioni del Tribunale del Riesame

Per i Magistrati del Riesame gli elementi analizzati “inducono a dubitare sull’attendibilità soggettiva ed oggettiva della persona offesa”, in particolare le immagini delle telecamere che “danno ulteriore consistenza ai dubbi, posto che l’atteggiamento della giovane, soprattutto nei momenti successivi a quella che è stata denunciata come una efferata violenza sessuale di gruppo appare, a chiunque esamini il filmato, in totale contrasto con un’esperienza di traumaticità e drammaticità vissuta pochi attimi prima”. L’atteggiamento della ragazza osservato attraverso i filmati, per i Magistrati, “finisce per screditare anche l’eventualità di un dissenso sopravvenuto nel corso del rapporto” (Ibidem).

L’ipotesi di violenza sessuale per inferiorità psichica

I Magistrati escludono anche che il rapporto sessuale consumato possa rientrare nell’ipotesi prevista dal punto 1 del comma 2 dell’articolo 609 bis del Codice Penale per cui risponde del reato di violenza sessuale anche chi abusa “delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto”.
Essi infatti sottolineano che per giudizio unanime dei medici che hanno tenuto in cura la presunta vittima – giovane diplomata che frequenta un laboratorio teatrale e “in possesso (…) addirittura di capacità intellettive superiori alla norma – essa, nonostante presenti disturbi della personalità, mantiene la capacità di discernimento dei fatti e comprensione della realtà” (Open.online). Inoltre le manifestazioni della patologia di cui soffre, scrivono i Magistrati, “non sono percepibili da chi con la ragazza abbia un occasionale e sporadico contatto, senza quindi sospettare che la sua disponibilità sessuale non sia frutto di una libera scelta” (Ibidem).

La lettera della presunta vittima

Dopo quindici giorni dalla presunta violenza la 24enne di Portici ha affidato una lettera al suo avvocato chiedendo fosse resa pubblica per raccontare – dopo la scarcerazione già avvenuta di due dei tre indagati – quella sera del 5 marzo.

“Erano attimi di incapacità a reagire di fronte la brutalità e la supremazia di tre corpi. Erano attimi in cui la mente sembrava come incapace di comprendere, di totale perdizione dell’essere. E dopo che il corpo era diventato scarto e oggetto, ho provato una sorta di distacco da esso. Il mio corpo, sede della mia anima, così sporco. Mi sembrava di essere avvolta nella nebbia mentre mi trascinavo su quella panchina dopo quelli che saranno stati 7 o 8 minuti. Mi sono seduta e non l’ho avvertito più. Ho cominciato ad odiarlo e poi a provare una profonda compassione per il mio essere. Compassione che ancora oggi mi accompagna, unita ad una sensazione di rabbia impotente unita al rammarico, allo sdegno, allo sporco, al rifiuto e poi all’accettazione di un corpo che fatico a riconoscere perché calpestato nella sua purezza” (Corriere della Sera).

Un tentativo di comprensione altra dal paradigma della verità o della menzogna

La ragazza fu trovata in lacrime su una panchina della stazione di S. Giorgio a Cremano della Circumvesuviana da un ragazzo a cui raccontò che poco prima era stata violentata da tre giovani. Ciò che “raccontano” le telecamere di sorveglianza è stato descritto sopra. Forse non si tratta di stabilire dove sta la verità, ma prendere atto che la verità, almeno quella psicologica, è sia l’una che l’altra all’interno di una mente certamente fragile a causa di un disturbo della personalità, diagnosi psichiatrica che non configura giuridicamente quello stato di inferiorità psichica tale da giustificare, secondo il Riesame, il reato di violenza sessuale. La vicenda giudiziaria non è terminata, ma verrà approfondita ulteriormente per arrivare ad una verità giuridica definitiva come prevede la Legge. Rimane la sensazione di una vicenda tristissima che ha coinvolto quattro giovani vite – ricordiamo che i tre ragazzi sono appena maggiorenni – a cui possiamo solo augurare un riscatto morale per intraprendere un progetto di vita degno del proprio ed altrui rispetto, che la presunta vittima cosi, forse ingenuamente, sogna nella sua lettera:

“Mi piacerebbe essere a capo di un’associazione che si occupa della prevenzione , della tutela e della salvaguardia delle donne, ragazze, bambine a rischio, perché donare se stessi e il proprio vissuto per gli altri è l’unico modo per accettarlo” (Ibidem).

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