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Durante le estasi Santa Teresa d’Avila ha visto i morti nel Purgatorio

TERESA OF AVILA

Santa Teresa d'Avila

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 01/03/19
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Ecco le parole riportate negli scritti della santaQuesto colosso della civiltà cristiana di tutti i tempi, al secolo Teresa de Cepeda y Ahumada, crebbe nel clima moralmente severo della Spagna della Controriforma . L’Europa cattolica usciva dalla sfida di Lutero, il monaco agostiniano che, nel 1717, con le 95 tesi affisse alla porta della Chiesa di Wittemberg, sferrò un duro colpo allo statuto politico-dottrinario del Cattolicesimo : un attacco messo a segno con fede e convinzione individuali nel tentativo polemico di riportare la Chiesa alla purezza evangelica delle origini.

Teresa, nata il 28 marzo 1515 nella città di Avila, era la terza di nove figli, a cui se ne aggiungevano altri tre nati da un precedente matrimonio del padre. Avila, una bella città della Castiglia-Leon che con la sua antica storia e con le sue belle mura turrite di medievale fattura, dopo aver assaggiato il brando nordico dei Visigoti e le scimitarra dei Musulmani, e dopo aver sperimentato le rappresaglie della Riconquista voluta dal cristianissimo re Alfonso VI, godeva ai tempi di Teresa di una relativa tolleranza religiosa. Da bambina Teresa, di carattere già forte e autonomo, manifestò subito quelle istanze di trascendenza che la spingeranno in seguito a cercare nell’unione mistica il senso profondo dell’amore per il Cristo ; un amore che è sete di assoluto, e che farà di lei una personalità imprescindibile dell’Occidente : non solo sotto il profilo religioso, questo è scontato, ma anche e soprattutto, e qui sta la ricchezza e la complessità del personaggio, sotto quello letterario e intellettuale a tutto tondo.

SAINT TERESA OF AVILA

Public Domain

Un giorno Teresa insieme al fratellino Rodrigo, suggestionata forse dalle tante letture nelle quali segretamente sprofondava, impressionata dagli esempi delle vite dei santi e dei martiri affascinata da un certo gusto per l’avventuroso che le veniva dall’ammirazione per le gesta del Cid, dei paladini cristiani narrati dai poemi epico-cavallereschi di cui era assidua lettrice (si ricorda che la Spagna era stata da poco riguadagnata al Cristianesimo grazie a una lunga serie di campagne militari, vere e proprie operazioni di “bonifica”, miranti a liberare la penisola iberica dalla dominazione musulmana), scappò di casa.

La cosa fu solo una ragazzata: presto lo zio la ritrovò nascosta nelle vicinanze, intenta a fabbricarsi con le pietre, improbabili eremi che puntualmente franavano, come se la fede della sua tenera età non fosse cemento ancora sufficiente a serrare la roccia delle loro aspirazioni. Ma Dio aveva altri progetti per la piccola Teresa, il viaggio della sua anima era appena cominciato. Teresa d’Avila non smetterà mai di cercare Dio; come una Diana cristiana, come una vergine cacciatrice (del resto il suo nome in greco significa proprio questo: “cacciatrice”) del Cristo Risorto, che ha caricato il suo arco delle freccia della fede: e quella stessa freccia, nell’iconografia che la riguarda, le verrà restituita fiammeggiante nel petto in un mistero che non trova risposta.



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Teresa perdette la sua mamma quando aveva dodici anni e allora chiese alla Madonna di essere Lei la sua mamma da allora in poi. Teresa entrò ben presto nel Monastero delle Carmelitane di Avila dove condusse però, una vita monastica alquanto mediocre. Dopo 18 anni la vista di una statua di Gesù flagellato la colpì talmente che subito fece voto di convertirsi e lo fece anche. Essa si sentì immediatamente e del tutto penetrata dalla presenza di Dio. Incominciò una veloce salita mistica ; visioni sopra visioni le rivelarono i misteri della Fede. Teresa considerò una delle più grandi grazie una delle visioni nella quale Dio le fece vedere l’Inferno e il posto che sarebbe stato riservato per lei, se essa avesse continuato nella tiepidezza e superficialità di prima.

Ora la prese completamente un fuoco divoratore per l’infinito desiderio di preservare le anime da questo abisso. Essa si sentì subito attratta ad osservare l’antica regola carmelitana in tutto il suo rigore, e non solo personalmente, ma anche per quelle persone che si sarebbero volute unire a lei.

Essa fu incoraggiata in questa intrapresa da San Pietro di Alcàntara e da San Luigi Bertràn e, benché ammalata fondò pur fragile e senza mezzi e spesso fra ogni specie di ostacoli e drammatiche circostanze e contro un mondo di oppositori, 17 conventi carmelitani femminili e poi con l’aiuto di San Giovanni della Croce 15 monasteri maschili. A tutti gli appartenenti all’ordine essa raccomandava a ciascuno: “il tuo desiderio sia Dio, vedere Dio, il tuo timore quello di perderLo, il tuo dolore quello di non piacergli ancora abbastanza!”.


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Per questo la Santa nutrì anche un grande amore verso le povere anime del Purgatorio e molto pregò per loro. Nella sua “Autobiografia” essa parla di “Visione di defunti”, che essa ebbe. Fra il resto essa narra:

“Un giorno mi fu detto, che era morto un padre, che era stato un tempo nostro provinciale, ma al tempo della sua morte era a capo di un’altra provincia (probabilmente si tratta di P. Gregorio Fernandez). Io avevo avuto prima parecchia corrispondenza con lui e mi sentivo in obbligo verso di lui per parecchi servigi che mi aveva fatto e mi sentivo in dovere di ringraziarlo. La notizia della sua morte mi amareggiò assai; perché nonostante egli sia stato un uomo molto virtuoso, io ero tuttavia molto preoccupata per la sua beatitudine eterna.

Egli era stato per 20 anni superiore dell’Ordine, e poiché io sono sempre piena di paura, perché ritengo pericoloso il posto di un superiore e la sua responsabilità in tale cura delle anime. Così tutta preoccupata mi recai in un oratorio e gli donai tutto quello che avevo potuto fare di bene nella mia vita; e poiché ciò mi sembrava troppo poco, io pregai il Signore di supplire con i suoi meriti quanto mancava ancora a quest’anima, per essere liberata dal Purgatorio. Mentre io pregavo Dio con la maggior interiorità possibile e imploravo il Signore, mi sembrò come il defunto venisse alla mia destra dalla profondità della terra; ed io vidi con immensa gioia come egli volava verso il Cielo!”.


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Prosegue Santa Teresa:

“Quando venne a morire egli era già in età molto avanzata, ma adesso sembrava un uomo di trent’anni, anzi ancor più giovane e il suo volto era raggiante. Questa visione passò presto, ma io ne sentiì talmente confortata che mai più mi potè rattristare la morte di questo sacerdote, benché molti ne dolessero, perché egli era stato effettivamente molto amato nella sua vita! La gioia che provò la mia anima fu così grande che io rimasi del tutto tranquilla circa questa morte, e non potevo avere il minimo dubbio circa la realtà di questa visione, anzi ero sicura ed era per me evidente che non c’era stato minimo inganno o illusione.

Erano passati 14 giorni dalla morte di questo sacerdote. Io non cessavo tuttavia di raccomandarlo al Signore e cercavo che pure altri lo facessero ; però non potevo fare con tanto ardore come se non avessi avuto quella visione ; poiché Dio mi permette di vedere una tale cosa di un’anima ed io dopo voglio raccomandarla alla sua Maestà ciò mi viene spontaneo come se io volessi dare un’elemosima a un ricco. Poiché questo monaco era morto in una località molto lontana da noi, così soltanto più tardi, io venni a sapere quale fine di vita il Signore gli aveva concesso. Essa fu così edificante che tutti gli astanti restarono meravigliati della sua perfetta conoscenza in punto di morte, per le sue lacrime e la sua grande umiltà”.


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Racconta la santa:

“Nel mio monastero della Visitazione ad Avila viveva una monaca, che era morta da circa un giorno e mezzo ed era stata una creatura piena d’amore di Dio e una vera serva del Signore. Mentre una stava stava leggendo in coro una lezione dell’Ufficio dei defunti che si recitava per la defunta, io stavo vicino a Lei per recitare il versetto dopo la lezione assieme con lei. Durante la lezione io vidi come mi parve la sua anima come salire dal profondo e volare verso il Cielo. Un giorno mi trovai nella Chiesa di un Collegio di Gesuiti e colà io provai dei grandi dolori fisici e spirituali, che ancora di tanto mi assalgono. Io soffrivo così tanto che non riuscivo nemmeno a raccogliere un pensiero.

Essendo morto la notte precedente un fratello di questo collegio, io lo raccomandai quanto meglio potei a Dio e partecipai dopo la S. Messa, che un Padre della Compagnia celebrava per lui. Durante la sacra celebrazione io fui immersa in profondo raccoglimento durante il quale io vidi l’anima del defunto che il Signore stesso nella sua infinita Maestà lo conducesse in Cielo. Un altro fratello del nostro Ordine P. Didaco di San Mattia, (che era stato parecchio tempo confessore nel monastero della Visitazione in Avila), uno zelante servo di Dio era a letto molto ammalato. Ora mentre assistevo alla Santa Messa di nuovo caddi in un profondo raccoglimento, durante il quale vidi questo sacerdote che moriva e senza toccare il Purgatorio saliva direttamente verso il Cielo. Seppi poi che egli era effettivamente morto in quell’ora in cui ebbi la visione. Rimasi sorpresa che egli non avesse minimamente toccato il Purgatorio. Mi fu fatto capire però dopo, che era stato un religioso fedelissimo ai suoi voti, per cui aveva beneficiato della Bolla Sabbatina, cosicché non ebbe bisogno di Purgatorio”.



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Santa Teresa dà poi una lettura a quello che l’era capitato.

“Non so perché io abbia saputo questo ma penso che in tal modo mi si voleva far capire che non è il vestire l’abito che Va l’uomo di religione e soltanto il fatto di essere religioso non basta per ottenere quel beneficio che gli viene promesso dalla sua condizione religiosa che è uno stato di più alta perfezione. Non voglio parlare di altre visioni, benché il Signore me ne abbia concesse di questo tipo, non servirebbe a niente del resto!”.

“Solo una cosa voglio ancora far notare, che cioè, fra tante anime che mi sono apparse io ne ho viste soltanto tre che sono sfuggite completamente al Purgatorio, cioè quello soprannominato P. Didaco, San Pietro di Alcantara e P. Pietro Ibanez O.P. Piacque al Signore farmi vedere il grado di gloria al quale erano arrivate alcune anime e mostrarmi il posto che le attendeva. E’ molto grande la differenza fra la gloria di uno e quella di un altro”.

Nella sua opera mistica “Il Castello interiore” Santa Teresa d’Avila descrive in maniera insolitamente chiara il grande dolore dello spirito, che può creare in un’anima il grande e veemente desiderio di godere Dio. Ciò che lei descrive è appunto ciò che le povere anime del Purgatorio devono subire di tormento, appunto a causa dell’ardente desiderio che esse hanno di quella beata visione di Dio, che non è loro ancora concessa. Questo stato d’animo non si può adeguatamente descrivere!.



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Uno stato d’animo che la turba, e a cui lei dà una spiegazione precisa. Santa Teresa sostiene che sia essa sia un’estasi, che come abbiamo detto, rende i sensi e la possibilità e le potenze assolutamente incapaci di tutto ciò che non serve a far sentire la loro pena. L’intelletto resta del tutto sveglio, per capire quanto direttamente il suo essere allontana da Dio. Inoltre si aggiunge il fatto che Dio stesso coopera, mentre Egli proprio in questo tempo dona all’anime una così viva conoscenza di ciò che Egli veramente è, affinché il suo tormento raggiunge un grado nel quale essa vorrebbe urlare. Ora essa non può fare altro, pur essendo abituata a sopportare con pazienza i suoi tremendi dolori; poiché essa non sente questo dolore nel corpo, ma nel suo intimo più Profondo!”.

Da questo quella persona (nel caso Teresa stessa) comprende quanto più forti siano i dolori dell’anime di quanto non siano quelli di corpo. Essa comprende pure che le pene delle povere anime del Purgatorio sono proprio di questo genere, poiché essendo liberate dal corpo appunto per questo le loro anime soffrono assai di più di quanto non si possa soffrire mentre di è vivi sulla terra.

“Io stessa vidi una persona in questo stato e credetti davvero che ormai fosse finita per lei. Ed effettivamente se a questo punto ci fosse la morte non sarebbe niente da meravigliarsi, perché effettivamente la vita corre un grave pericolo. Benché questo stato non duri molto,tuttavia il corpo viene completamente ridotto all’impotenza e il polso durante questo tempo batte debolmente da sembrare che l’anima se ne volesse andare con Dio, e dire questo non è dire troppo!”.

TERESA OF AVILA

André Frantz (CC-BY-SA-3.0)



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Il calore naturale del corpo, dice Santa Teresa, “va scemando, mentre l’anima viene del tutto consumata dall’altro fuoco”.

“Manca solo pochissimo e il suo desiderio di gustare Dio sarebbe esaudito. Il corpo tuttavia non prova dolore, benché esso sia disfatto in modo che dopo per tre o quattro giorni provi dolori acutissimi e non abbia assolutamente più la forza di scrivere. Questa insensibilità può avere la sua causa nella grandezza dell’intimo dolore dell’anima, che non avverte i dolori del corpo. Come io stessa ho già sperimentato quando noi abbiamo un dolore effettivamente grande in una parte del corpo sentiamo meno gli altri dolori anche se sono molti. Ma nei dolori di cui sopra il corpo non prova alcun dolore; anzi io penso che non sentirebbe nemmeno se fosse fatto a pezzi”.

“Ora voi direte che questa ansia o desiderio è un’imperfezione, poiché per quale motivo l’anima non si uniforma al volere di Dio, dal momento che essa si è già donata a Lui? Fino adesso lo poteva fare, ed effettivamente finora visse in questa uniformità; ma adesso poiché la ragione non è più padrona di essa e questa può pensare solo ciò che è la causa della sua pena, non lo può più fare. Come potrebbe ancora desiderare di vivere, dal momento che essa e lontana dal suo Bene? Essa prova un’insolita solitudine; poiché tutte le creature di questo mondo, e penso, anche gli stessi abitatori del Cielo, non la potrebbero consolare con la loro compagnia; ciò lo potrebbe fare solo Colui, che essa ama, tutto il resto è soltanto tormento“.


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L’anima, riporta la santa d’Avila, “viene consumata da una sete ardente del possesso di Dio eppure non può raggiungere questa “acqua”.

Questa sete è insopportabile ed ha ormai raggiunto quel grado per cui non può essere saziata da nessuna acqua”.

Però l’anima, secondo Santa Teresa, “non vuole che questa sete venga saziata se non da quell’acqua della quale nostro Signore ha parlato alla Samaritana, che però non le viene data. O mio Dio e mio Signore, quanto spremi tu i tuoi amanti! Ma tutto questo è ancora poca rispetto a quello che tu concederai a loro”.

“Certo, se giustamente costa molto caro ciò che è molto prezioso, ciò varrà di più quando, come in questo caso, si tratta della purificazione di un’anima affinché essa possa arrivare al settimo Cielo (abitacolo), come pure coloro che entrano in cielo e vengono prima purificate dal fuoco. A confronto di una tale grazia questa pena è ancora piccola cosa, come una goccia di acqua rispetto al mare. Io sono convinta che sulla terra non ci potrebbe essere un dolore maggiore; per quanto la sunnominata persona abbia già sofferto molti altri dolori, questi in confronto a questo tormento le sembrano niente. Tuttavia l’anima riconosce quanto sia preziosa questa pena e riconosce anche che in nessuna maniera l’avrebbe potuta meritare, e così soffre di gran cuore, benché questa conoscenza non le possa portare alcun sollievo, e se Dio lo volesse essa si assumerebbe volentieri tale pena e ciò sarebbe un morire ogni giorno! A questo punto consideriamo i dannati nell’Inferno, che non hanno questa conformità alla volontà di Dio e non hanno la gioia e la beatitudine di coloro che Egli ama e gratifica della sua grazia.

Queste anime dannate non traggono alcun vantaggio da ciò che esse devono soffrire anzi devono soffrire tanto di più per le pene che sono state loro date. Se le sofferenze dello spirito sono immensamente più grandi e profonde di quelle del corpo e le pene dei dannati sono senza confronto più spaventose di qualsiasi altra pena e di quelle di cui finora abbiamo parlato, che cosa non dovranno patire quelle povere anime sapendo che questa pena sarà eterna? Meditando tutto questo davvero che tutto ciò che in questa breve vita noi possiamo fare e patire deve sembrarci un niente, per preservarci da un così spaventoso ed eterno tormento!



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