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Notizie dal mondo: giovedì 14 febbraio 2019

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© Shutterstock

Paul De Maeyer - pubblicato il 15/02/19

Airbus: «stop» all’A380

La notizia era nell’aria da tempo, ma adesso è ufficiale. Il colosso dell’industria aeronautica europea Airbus ha infatti annunciato giovedì 14 febbraio che fermerà la produzione del suo gigante dei cieli, l’A380. L’ultima consegna del più grande aereo passeggeri del pianeta, in grado di trasportare fino a 853 persone nella configurazione charter, avverrà nel 2021, così ha comunicato l’amministratore delegato di Airbus, Tom Enders, che lascerà l’incarico il 10 aprile prossimo.

La notizia dello «stop» all’A380, ritenuto troppo costoso, troppo goloso di carburante (si tratta di un quadrimotore) e forse anche troppo complesso, poiché composto da 4 milioni di pezzi circa, come ricorda la CNN, è stata comunicata subito dopo l’annuncio di una revisione del contratto con la compagnia Emirates, la quale ha ridotto i suoi ordini di A380 dai 162 velivoli iniziali a 123.

Nonostante la decisione definita «dolorosa» da Enders di fermare la produzione dell’A380, che potrebbe comportare il taglio di 3.500 posti di lavoro e viene del resto solo pochi giorni dopo il 50.mo anniversario del primo volo del Boeing 747 (9 febbraio 1969), di cui sono stati costruiti più di 1.500 esemplari, la compagnia Airbus ha presentato un bilancio in positivo per il 2018, con «risultati migliori del previsto», come scrive Le Figaro. A spingere l’azienda sono soprattutto i modelli A350 per i voli di lungo raggio e A320neo per quelli di medio raggio.

Germania: la «locomotiva europea» evita per un soffio la recessione

La prima economia europea, cioè quella tedesca, ha evitato per un soffio la recessione. Nel quarto ed ultimo trimestre 2018, il PIL (Prodotto Interno Lordo) della «locomotiva europea» ha infatti registrato una crescita zero, cioè invariata rispetto al trimestre precedente. Lo rivelano i dati diffusi giovedì 14 febbraio dall’Ufficio Statistico Federale o «Statistisches Bundesamt» (Destatis).

Secondo l’organismo con sede a Wiesbaden, nel «Land» dell’Assia, per quanto riguarda la situazione economica congiunturale è stato un 2018 a due facce. Dopo un primo semestre «brioso» («schwungvoll»), con una crescita dello 0,4 % nel primo trimestre e dello 0,5 % nel secondo trimestre, negli ultimi sei mesi si è registrata una leggera flessione: -0,2 % nel terzo trimestre e infine lo 0,0 % nel quarto trimestre.

A pesare sull’andamento dell’economia tedesca sono stati il calo del mercato delle auto (effetto delle difficoltà di adeguamento ai nuovo standard per determinare i consumi e le emissioni delle autovetture), inoltre le tensioni commerciali tra Cina e USA, e infine i timori per l’impatto di una Brexit «no deal» (cioè senza accordo), così ricorda la Deutsche Welle.

Iran: almeno 27 membri della Guardia Rivoluzionaria uccisi in un attentato

Almeno 27 membri della Guardia Rivoluzionaria Islamica sono rimasti uccisi e 13 altri feriti mercoledì 13 febbraio in un attentato. Un autobus, sul quale viaggiavano 40 soldati del corpo d’élite, il cui comandante in capo è la Guida Suprema dell’Iran (carica ricoperta attualmente da Ali Khamenei), è stato bersaglio di un attacco suicida con un’autobomba lungo la strada che collega le località di Khash e Zahedan, nella provincia del Sistan e Balucistan, così riporta la BBC.

In una dichiarazione, le Guardie della Rivoluzione hanno accusato «terroristi takfiri [cioè jihadisti sunniti] e mercenari dei servizi di intelligence di potenze egemoniche» dell’attentato, che nel frattempo è stato rivendicato dal Jaish al-Adl (significa «Esercito della Giustizia»), un gruppo attivo nella turbolenta provincia che confina sia con il Pakistan che con l’Afghanistan.

L’attacco è stato perpetrato solo due giorni dopo la conclusione delle festività per il 40esimo anniversario della Rivoluzione Islamica e nello stesso giorno in cui a Varsavia, in Polonia, è stata aperta una conferenza sul Medio Oriente fortemente voluta dal presidente americano Donald Trump e alla quale partecipano anche il vice-presidente USA, Mike Pence, e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Uno degli obiettivi della conferenza è di aumentare la pressione sul regime iraniano, ricorda il sito EuroNews.

Filippine: rilasciata in libertà la giornalista Maria Ressa

Mentre il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, flirta con l’idea di cambiare il nome del Paese asiatico in Maharlika – già accarezzata dal fu presidente Ferdinand Marcos –, è stata liberata giovedì 14 febbraio dopo il pagamento di una cauzione di 100.000 pesos (1.700 euro circa) la giornalista d’opposizione Maria Ressa, arrestata mercoledì 13 febbraio con l’accusa di cyber-diffamazione.

La giornalista 55enne, molto critica nei confronti di Duterte e in particolare della sua aggressiva e sanguinosa guerra contro il narcotraffico, che ha causato già migliaia di morti (in molti casi esecuzioni extragiudiziali), è la direttrice e amministratrice delegata (CEO) del sito Rappler. Il nuovo arresto della Ressa – è già la sesta volta che la donna è stata arrestata e tornata in libertà su cauzione, come ricorda il Guardian – è stato condannato dai movimenti per i diritti umani, fra cui Amnesty International (AI), che parlato di un atto «spudoratamente politicamente motivato».

A difendere la giornalista, che nel 2018 è stata nominata «personalità dell’anno» dal settimanale TIME, è anche Madeleine Albright, Segretario di Stato americano durante il secondo mandato presidenziale di Bill Clinton. In un tweet, la Albright ha definito l’arresto «scandaloso» e da condannare «da tutte le Nazioni democratiche». «Sono orgogliosa di chiamarla un’amica e di sostenerla nella difesa dei principi di una stampa libera», così ha scritto. Anche l’ambasciata USA a Manila si è espressa. «Speriamo che l’accusa contro la giornalista e CEO di Rappler, Maria Ressa, verrà risolta rapidamente in conformità con la legge filippina e con gli standard internazionali di un processo equo», si legge in un tweet.

USA: il Senato approva il «Natural Resources Management Act»

Il Senato degli Stati Uniti, controllato dai Repubblicani, ha approvato martedì 12 febbraio a stragrande maggioranza, ovvero con 92 voti favorevoli e solo 8 contrari, un provvedimento legislativo, che amplia ad esempio i confini di varie aree naturali protette, tra cui due parchi nazionali nello Stato della California, il «Joshua Tree National Park» (dal nome inglese della yucca brevifolia, «Joshua tree») e il «Death Valley National Park» (a confine tra la California e il Nevada).

La normativa, la quale porta il nome di «Natural Resources Management Act» e unisce più di 100 proposte di legge separate, passa adesso alla Camera dei Rappresentanti o «House» (controllata dai Democratici dopo le ultime elezioni di medio-termine). Il testo definisce più di 350 miglia di fiume come «wild and scenic» (ovvero «selvaggi e scenici»), crea inoltre quasi 700.000 acri di nuove aree protette e protegge negli Stati del Montana e di Washington più di 370.000 acri dall’attività estrattiva.

La norma, che crea anche nuovi monumenti nazionali, tra cui la casa di Medgar Evers (un attivista dei diritti civili ucciso nel giugno del 1963 davanti alla propria casa a Jackson, nello Stato del Mississippi, da un membro dei Consigli dei Cittadini Bianchi e del Ku Klux Klan), rinnova anche il «Land and Water Conservation Fund», un programma federale che usa i proventi delle concessioni per l’estrazione «offshore» di gas naturale e petrolio per salvaguardare le aree naturali, così ricorda il Guardian.

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