RETROSCENA/ Il futuro Papa Francesco si inoltrava nelle zone più povere della città, sfidando persino i narcotrafficanti, pur di abbracciare i “suoi” sacerdoti e i “suoi” poveri
L’amore per i poveri del «pastore» Jorge Bergoglio è sbocciato a Buenos Aires. quando era arcivescovo della capitale argentina. Incontrava le “sue” «pecore» nei luoghi più degradati della città, le cosiddette villas miseria, sobborghi simili alle favelas brasiliane. Da lì è nata l’attenzione verso i più poveri che ancora oggi alimenta il suo pontificato.
A raccontarlo è Padre Awi Mello in “È mia madre – Incontri con Maria” (edizioni Città Nuove). Francesco visitava spesso quei luoghi di enorme degrado, ci arrivava a piedi, aiutava i sacerdoti, condivideva la vita della gente sofferente e partecipava con loro a processioni e devozioni religiose.
Le minacce all’amico sacerdote
Don Pepe, uno dei principali referenti dei sacerdoti villeros, racconta a Laura di Marco, in un’intervista a «La Nación» (9 maggio 2010) che una volta era stato minacciato dai narcotrafficanti e il cardinale Bergoglio era andato a trovarlo senza preavviso, camminando da solo per le strade di villa miseria. «Cosa ci fa Lei qui?» gli aveva chiesto, sorpreso, il sacerdote. «Sono venuto a trovarti», aveva risposto il vescovo.
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“Fanatico della religiosità popolare”
In quella stessa intervista, don Pepe e altri quattro sacerdoti delle villas miseria evidenziano che il cardinale è innamoratissimo della pietà popolare, «un fanatico della religiosità popolare». Ricordano che era normale, durante i pellegrinaggi giovanili al Santuario di Nostra Signora di Luján, vedere Bergoglio confessare, senza che i giovani sapessero che fosse l’arcivescovo.
I “terzomondisti”
Era anche frequente, dicono, vederlo arrivare senza previo avviso a una mensa popolare o a qualche festa per la Madonna in certe villas miseria. Per la sua convivenza con quei sacerdoti e l’appoggio che dava loro, si era arrivati a pensare che Bergoglio avesse una particolare simpatia per i “sacerdoti terzomondisti”, molto attivi negli anni settanta e identificati più volte con il peronismo o la guerriglia. Alcuni di loro avevano cercato la loro base ideologica in un tipo di teologia che si appellava a categorie marxiste per l’analisi della società, arrivando a difendere la lotta di classe. Idee, queste, che Bergoglio non accettava assolutamente.
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La “Teologia della liberazione” e Bergoglio
D’altra parte, bisogna riconoscere che la preoccupazione e l’insistenza di Bergoglio verso i poveri e la povertà sono molto simili a quelle della cosiddetta “teologia della liberazione”, iniziata dal sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez e diffusa ampiamente, tra gli altri, dal teologo brasiliano Leonardo Boff.
Anche Francesco promuove la liberazione dei poveri dalle ingiustizie a cui sono sottomessi e la trasformazione delle strutture di peccato presenti nella società.
Il suo pensiero sociale, chiaramente espresso nell’Evangelii Gaudium (EG, 177- 258), è stato già tacciato di marxismo da alcune correnti conservatrici all’interno della stessa Chiesa.
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La Madonna
Però, da ciò che si può vedere, i maestri di Bergoglio non sono stati i teologi della liberazione, ma alcuni dei suoi compatrioti dai quali provengono anche le diverse angolature nel guardare e affrontare il tema dei poveri e della povertà. Per il Santo Padre, prendersi cura dei poveri è intimamente legato alla ricchezza della pietà popolare e ai mezzi religiosi e culturali in essa insiti.
Per questo, siccome l’amore e l’abbandono a Maria formano parte del substrato più genuino della pietà popolare cattolica, è impossibile pensare all’evangelizzazione dei poveri e a partire dai poveri senza un chiaro riferimento mariano. È proprio lei la madre della carità e la madre dei poveri.
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