In un libro che raccoglie alcune catechesi di padre Maurizio Botta troviamo utili risposte per fronteggiare il dialogo cattivo che sentiamo dentro“Non valgo nulla”, “La mia vita non ha senso”, “Faccio schifo”, “Meglio morire che vivere così”, “Sono inutile”, “Va tutto male”, “Niente cambierà”…
A tutti, chi più chi meno, è capitato in alcuni momenti di essere invasi dentro al cuore e nella mente da parole brutte su sé stessi e sugli altri, pensieri neri che come calamite potentissime ne attraggono mille altri, uno dietro l’altro in un vortice pazzesco che toglie energie, appesantisce l’animo e – aspetto più inquietante – fa rimanere concentrati solo su se stessi. Il mondo non esiste, le persone che hai intorno perdono importanza, esisti tu e il tuo malessere, tu e le cose che non funzionano come dovrebbero, tu e il tuo batticuore, tu e la tua ansia, tu e la tua infelicità.
Ricordo che il primo anno di nozze mi capitava, dopo aver discusso con mio marito, di essere assalita da pensieri tremendi che mi immobilizzavano sul divano a rimuginare e piangere. Pensieri scollegati e incontrollabili che arrivavano a mettere in dubbio tutto e a gettare fango sul matrimonio, il mio sposo, me stessa, la mia vita. Qualcosa dentro di me assolutizzava e drammatizzava quella incomprensione, appiccando fuoco ad ogni cosa.
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Ma quei pensieri negativi, da dove venivano fuori? Chi è che parlava dentro di me?
Un giorno confidai a mia madre questa mia tristezza e lei, consolandomi, mi suggerì di non prestare ascolto a quelle “voci” che di certo non venivano da Dio: “fatti il segno della croce, bevi tre sorsi (Padre, Figlio e Spirito Santo) di acqua benedetta e prega, recita l’Ave Maria”. Io obbedii e mi accorsi di stare subito meglio, il saggio consiglio di mia mamma, teologa senza laurea, funzionava. Se non le avessi dato retta però non lo avrei mai saputo. Perché se non chiediamo aiuto a Dio, se non gli domandiamo lo Spirito Santo, come possiamo riceverlo? Mia madre mi suggeriva spesso in quei momenti di stare in compagnia e tenermi impegnata in attività manuali: piegare i panni, preparare la cena. Anche questo mi fu molto utile. Riuscii ad “imparare” in breve tempo un modo per fronteggiare la tristezza e il flusso negativo interno che di tanto in tanto occupava il mio cuore.
Recentemente ho letto il bel libro: “Sto benissimo soffro molto”, di padre Maurizio Botta per i tipi Edizioni studio domenicano che raccoglie alcune delle sue catechesi tenute all’interno del ciclo di incontri “Cinque passi al mistero”, di cui avevamo già parlato qui.
Nel quinto capitolo dal titolo “Senso di colpa che uccide. Quando paura e ansia ti tolgono la gioia”, l’autore spiega molto bene questo incessante catapultarsi nella mente di parole, frasi, pensieri, immagini negative e offre dei consigli, partendo dalla sua esperienza personale e dai passi del Vangelo, per contrastarle.
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Scrive padre Maurizio:
(…) Sai qual è il termine per indicare queste cose cattive? (…) dialogo cattivo. Hai dentro un “dialogo cattivo” che ti spinge da dentro… E non sto facendo un discorso ideologico, basta essere onesti con se stessi: chi di noi non conosce questo dialogo continuo dentro di sé, il perenne rincorrersi di voci, impressioni, flash, paure? La vera domanda è: da dove vengono?
Andare dallo psicologo aiuta, ma non basta!
E procede sottolineando la stima personale che nutre nei confronti della psicologia e delle scienze umane, necessarie in primis a lui stesso per comprendere tanti meccanismi della mente e a chi ne ha bisogno per motivi importanti, specialmente quando questo dialogo cattivo diventa una vera e propria malattia. Ma c’è un problema a suo avviso quando le scienze umane si idolatrano e si pongono come spiegazione e soluzione di tutto, perché in realtà non possono bastare, continua Botta. Andare da uno psicologo, conoscere che ci sono dinamismi mentali specifici, che esiste il Super-Io, che “hai nella testa dei modelli di perfezione folli, irragionevoli e stai soffrendo solo per questo” serve, è un bene, ma non toglie la paura”, afferma l’autore.
Certamente ne trarrai benefici, ma questo servirà a zittire una volta per tutte i “dialoghi negativi”? Non lo penso. Qualcuno mi dirà: “Non è per tutti così”. È vero. Sono d’accordo. C’è chi soffre di più, chi meno. Io personalmente sento la drammaticità di questo incontro per un motivo preciso… Sono fondamentalmente tre i grandi miracoli che mi hanno spinto a diventare sacerdote: sperimentare che era possibile (io che pensavo che non lo fosse assolutamente) vivere la purezza con la preghiera, gioiosamente; guarire dall’amore possessivo; guarire dal dilaniamento continuo di frasi e immagini inesistenti, dai “dialoghi cattivi”.
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Come distinguere quando dentro di noi è Dio a parlare?
La catechesi procede toccando un punto fondamentale: se Dio esiste e ci parla, come capire se è Lui a parlare dentro di noi? Quando ci viene una parola, una frase, un pensiero, come facciamo a comprendere se viene da Lui o no?
Lui parla di se stesso come di chi è nella pienezza della gioia divina e ce la vuole donare. Questo ti fa capire quando la voce che ti parla dentro viene da Lui: la voce di Dio dentro è pace e gioia. È una voce esteticamente bella. Il Signore è un signore, è nobile nel parlare. Quando Lui parla è pace e gioia perché è Signore della pace, non un trombone. Questo significa che il 99% delle voci che sentiamo dentro non sono di Dio, perché quando è Lui a parlarti, non hai proprio dubbi. (…) Le altre voci o sono umane oppure vengono da più in basso, perché così dice il Vangelo. Prova a pensare a tutto ciò che ti frulla nella testa: i pensieri un pochetto belli, quelli cinici, duri, tristi, quelli pessimisti, depressi, quelli incacchiati. Non è Dio che parla! È un rumore che può avere cause psicologiche. Tutte quelle voci che deridono le parole del Vangelo, il credere l’esistenza di Dio, la bontà di Dio, continuamente…
Cosa fare per cacciare le voci orrende che ci insidiano i pensieri?
1) Dobbiamo tenere a mente una cosa che non ci viene più detta: la battaglia spirituale è una battaglia, afferma padre Maurizio Botta.
(…) La vita dei credenti è una battaglia non contro i nemici là fuori, ma contro le “bestie” dentro. (…) perché ti stupisci che la tua fede sia tentata se quando reciti il Padre nostro dici “non farci soccombere alla tentazione, liberaci dal malvagio”? Perché il testo parla di “malvagio”, non di male generico o neutro, ma “il malvagio”, con l’articolo determinativo.
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2) Quando abbiamo questi pensieri cattivi è importante dire la verità al Signore, senza nascondergli nulla, e dare quelle bruttezze in elemosina:
(…) Per liberarmi dai pensieri cattivi, dalla gelosia, il primo passo, per me, è stato dire a me stesso e al Signore la verità. “Io ti racconto, Signore, tutta la mia miseria. Io sono geloso, possessivo, cattivo. Io sono ingiusto, sono bugiardo, sono ladro”. Non nasconderti o autogiustificarti davanti a Dio, ma presentati così come sei, dai in elemosina le tue intenzioni negativi e i tuoi pensieri cattivi.
3) Altro aspetto fondamentale è quello di non dargli troppo ascolto:
Un altro consiglio frutto della mia esperienza è di non prestarci troppo ascolto. Quando è chiaro che non è Dio che ti sta parlando, lascia chiacchierare, non curartene. Come quando lo psicologo dice: “Guardala quella cosa!”. Ecco, stai proprio fermo, seduto, tranquillo, e di’: “Venite pure tutte addosso”. Ti agiti, soffri, sei stanco, ma poi ti accorgi che non muori mica! Parola d’onore!
4) E poi c’è l’arma più potente: la corona del rosario!
(…) E in tasca sempre il rosario! Io ho questo più piccolo che non si vede, poi questo qua, e ancora questo chiuso e molto prezioso che mi ha regalato una santa monaca di clausura. Non sono sprovvisto di questi attrezzi, perché la mamma mi diceva: “Mi raccomando, sii sempre pulito perché se ti succede qualcosa, poi vai all’ospedale!”. Che quando mi svuotano le tasche all’ospedale, dicono; “Questo è matto!”. Ma, se è battaglia, è battaglia!
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5) Infine, ma sempre per prima, la preghiera incessante:
(…) “Gesù Cristo, abbi pietà di me peccatore”, come nel libro Racconti di un Pellegrino Russo. Non so se lo conoscete. Il protagonista è per l’appunto un pellegrino che attraversa l’Ucraina e la Russia portando con sé solo pane secco e la Bibbia. Dopo aver partecipato a una Messa, molto colpito dall’esortazione di San Paolo a pregare incessantemente (1 Tessalonicesi 5,17), si mette alla ricerca di chi gli insegni a vivere la vita di ogni giorno e contemporaneamente a tenere la propria mente continuamente rivolta a Dio in preghiera. Incontra, infine, un santo monaco che gli insegna la preghiera di Gesù o preghiera del cuore, che consiste nella ripetizione incessante, secondo il ritmo del respiro, della formula «Signore Gesù Cristo, Figlio Di Dio, abbi pietà di me peccatore», una frase adattata dal Vangelo (Luca 18,13). (…) Vi confesso che le prime migliaia di volte c’era quel “sono un peccatore” che mi lasciava un po’ perplesso… “Ma perché devo dire che sono un peccatore?”, c’era proprio una resistenza, ma più andavo avanti e più capivo che mi faceva bene…
Perché non siamo nella pace e nella gioia?
Scrive padre Maurizio che non abbiamo la gioia piena che vuole donarci Cristo – e che il nostro cuore desidera – perché non viviamo il comandamento che Lui ci ha dato, “Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato” e non chiediamo al Signore di farci amare così chi abbiamo accanto e noi stessi. Cominciamo subito a farlo!
(…) penso ai ragazzi e alle ragazze a cui la voce dice: “Sei uno sfigato! Non ti si piglia nessuno! Sarai un infelice!”. Io voglio solo dire loro che è una bugia perché è contraria alla parola di Gesù nel Vangelo. Per il Padre sono contati anche i capelli del vostro capo, Lui si preoccupa per voi: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace perché la mia gioia sia in voi”, vi dice. La soluzione? Il Signore ce l’ha consegnata facendo la sintesi della sintesi. Un solo comandamento: “Amatevi come io vi ho amato, divinamente. Vi do lo Spirito Santo, a chi lo chiede verrà dato”. Stop! (…) dico di ascoltare e prendere sul serio e fino in fondo il comandamento di Cristo: “Ama, ama come ama Lui”. Chiediglielo in ginocchio quando vai a piedi, in bicicletta, al lavoro, con la preghiera, con le giaculatorie.
Voglio amare, Signore, come ami tu!
Così sia.
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