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Due sorelle con grave disabilità e un solo assistente. Come loro, troppe famiglie tradite

NOEMI; DISABILE; CURA
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Annalisa Teggi - pubblicato il 03/12/18
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Nella Giornata Europea delle persone con disabilità mettiamo sul tavolo alcuni dati per nulla confortanti che sono l’amaro pane quotidiano di milioni di persone.

Nel luglio del 1993, il 3 dicembre è stato proclamato Giornata Europea delle Persone con Disabilità voluta dalla Commissione Europea in accordo con le Nazioni Unite per cercare di migliorare le condizioni di vita di milioni di persone.

Per oggi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha convocato un tavolo di confronto con le principali federazioni delle associazioni che operano in questo campo. L’incontro, che si terrà a Palazzo Chigi a partire dalle ore 18, vedrà la partecipazione del ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla disabilità Vincenzo Zoccano, e di Franco Bettoni e Vincenzo Falabella, presidenti rispettivamente di FAND, Federazione delle associazioni nazionali per le persone con disabilità, e FISH, Federazione italiana per il superamento dell’handicap.


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Sul tavolo verranno messi questi dati, asciutti, astratti; sono solo il lato oggettivo di uno squarcio di vita vissuta al limite dell’umano per tantissimi italiani:

In Italia ci sono circa 4.360.000 di persone con disabilità, il 7,2% della popolazione italiana, la maggior parte dei quali ha più di 65 anni, con oltre 3 milioni di persone con gravi disabilità. Di queste solo un milione e centomila fruiscono di indennità di accompagnamento. Il 70% delle famiglie con persone con disabilità non fruisce di alcun servizio a domicilio. Meno di 7 disabili su 100 contano su forme di sostegno presso la propria abitazione. Ciò significa che nella maggior parte dei casi le famiglie gestiscono da sole ciò che i servizi non offrono, rinunciando a molto, spesso anche al lavoro. Meno di un disabile su cinque lavora. La spesa in protezione sociale per funzione disabilità in Italia è pari a 27,7 miliardi ovvero 1,7% del PIL contro la media europea che è di 2,1%. (da Trevisotoday)

Sul tavolo, ci auguriamo sia messa anche la proposta di sguardo sulla malattia proposta oggi dal Papa:

La parola sottintesa a questa dichiarazione è “relazione”; forse il dato quotidiano più autentico da affiancare al precedente panorama desolante è la tenacia di padri, madri, mogli, mariti, fratelli, sorelle che ripetono sulle proprie spalle il supplizio di Sisifo, sposando montagne molto più grandi di loro e facendo i conti con macerie che continuamente ricadono addosso.


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Lodare questi cuori non basta, non deve essere la scusa per lavarsene le mani … “tanto ci pensano loro”. Offendere la sofferenza, poi, è inaccettabile.

Un’offerta che si può rifiutare

Passando bruscamente dalla teoria alla pratica, dagli indici puntati alle mani all’opera, ha suscitato indignazione la storia delle due sorelle Noemi e Sara raccontata da Redattore Sociale: sono due sorelle di 34 e 32 anni affette da una grave malattia genetica che si è manifestata con effetti sempre più gravi dopo i 18 anni. Si chiama Atassia spinocerebellare Sca 2 e dopo i primi sintomi è degenerata in fretta, oggi Noemi e Sara sono entrambe gravissime, si alimentano con la peg e hanno bisogno di una serie di presidi salvavita e di un’assistenza continua.

A curarle, la madre. Figura ricorrente in queste storie: una creatura prostrata dal dolore e dalla fatica quoditiana, ma una mente lucidissima e un corpo indaffarato. Dorme semiseduta ogni notte per non cadere nel sonno profondo. Ha dovuto fare i conti con una proposta sanitaria assurda, di quelle da rifiutare senza che feriscano troppo un’emotività già fragile; racconta:

” […] la Asl mi propone una specie di ‘tre per due’, come se fossimo al supermercato: della 24 ore di assistenza di Noemi, ne darebbero quattro a Sara. E anche i presidi, secondo la Asl, dovrebbero essere condivisi!”: una sorta di “sharing” dell’assistenza, giustificato dal fatto che le due pazienti siano sorelle e vivano sotto lo stesso tetto. “Ma non si può pensare che un operatore si occupi di entrambe: ci fosse un’emergenza per entrambe, dovrebbe scegliere quale delle due salvare?” ( da Redattore sociale)

NOEMI, SARA, DISABILITA'

Youtube

Ha rifiutato anche l’alternativa propostale: metterle in istituto. Ha fatto bene, perché dietro entrambe le “soluzioni” si celava il virus letale dell’idea che le persone affette da qualunque forma di disabilità siano un problema da risolvere in maniera efficiente: si ottimizza l’impiego degli assistenti domiciliari, e se la famiglia si sta facendo carico di un impegno oltremodo gravoso glielo togliamo. Rompere i vincoli è ovviamente un grande passo verso l’accompagnamento – forzato – alla morte; quel sorriso a cui accenna Papa Francesco resta una scommessa molto meno leggera di quel che sembra.


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Che famiglie così coinvolte in un accudimento senza soste (in compagnia della perenne ferita che è vedere un proprio caro patire, sparire, affidarsi inerme a braccia altrui) restino salde nel difendere una visione umana della cura lascia attoniti. Fa male sapere che alcune soccombano alla disperazione.

È gente senza superpoteri, che diventa esperta di leggi, capace di gestire terapie mediche complesse, interagire con una burocrazia folle e continuare a guardare il malato con amore indicibile. Come risponde la cosa pubblica a questi giganti prostrati e coraggiosi del quotidiano?


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Le barriere non sono (solo) marciapiedi

Nonostante la legislazione nel complesso sia buona, tuttavia essa è totalmente incentrata sull’handicap, cioè su una valutazione esclusivamente sanitaria, standardizzata, che non tiene in alcun conto della singola persona, la sua storia, le sue necessità, le sue potenzialità. (da Il fatto quotidiano)

GIRL WHEELCHAIR

Africa Studio I Shutterstock

Lo ha dichiarato Francesco Mercurio, presidente del Comitato delle Persone sordocieche della Lega del Filo d’Oro che, insieme ad altri esponenti delle associazioni a sostegno delle molte forme di disabilità, ha evidenziato le note concretissime e dolenti del panorama italiano. La sua distinzione tra handicap e disabilità non è un sofisma linguistico, ma un comportamento pratico: si tratta di come guardare un ostacolo, che è più che altro negli occhi di chi osserva.


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La persona con disabilità e la sua famiglia fanno i conti costantemente con la barriera mentale di chi li osserva, di sfuggita o per interazioni più durature; sono percepite come un disagio che genera altro disagio. Handicap significa inciampo, pietra di scandalo e soprattutto sassi negli ingranaggi già complicati della vita comunitaria. Dalle rampe d’accesso agli insegnanti di sostegno, dall’assistenza domiciliare al taglio dei fondi, ecco alcune tra le note più dolenti della situazione italiana in merito alla disabilità:

  • Scuola: circa 250 mila alunni con disabilità vivono quotidianamente sulla propria pelle la mancanza di personale formato ad hoc e subiscono la presenza non permanente di supplenti. Quel che manca in Italia è un percorso che separi la carriera di insegnante da quella di docente specializzato nel sostegno. Una tale figura avrebbe lo scopo di tradurre in realtà l’idea dell’inclusione scolastica del disabile.
  • Il fondo sul Dopo di noi ha subito un taglio di 10 milioni di euro nella legge di Stabilità votata lo scorso anno. La legge che porta questo nome fu approvata nel giugno 2016 e contiene le disposizioni per affrontare il futuro delle persone con disabilità gravi dopo la morte di parenti che potessero prendersi cura di loro.
  • Introduzione al mondo del lavoro: il progetto PLUS finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali promuove l’inserimento lavorativo, sociale e territoriale offrendo a 80 persone con disabilità dai 18 ai 40 anni in 16 regioni italiane. Restano bassissime le percentuali di disabili in grado di cominciare un percorso occupazionale e assunti.
    Élodie Blaquières

    YouTube I BFMTv


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Aleggia, poi, attorno a tutti questi punti nevralgici il grande spettro della burocrazia, cioè quel complicatissimo canale d’incontro tra persona e Stato; ne deriva spesso l’umiliazione di essere traditi, di sentirsi invisibili, di ricevere ulteriori catene alle caviglie quando arrivare a sera con un filo di speranza è già un’impresa eroica.



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Resta la cosa più autentica da ribadire: la cura dei più fragili dovrebbe essere un punto di luce per la cosa pubblica, perché non c’è cosa più pubblica, eppure denigrata, di questa evidenza chiamata “accudimento” che scrisse Dickens (abituato a visitare per primi gli ospedali quando si recava in una città nuova):

Uno sguardo muto, di affetto e di sollecitudine quando tutti gli altri occhi sono voltati in là con indifferenza … è un sostegno, una ragione che ci lega alla vita, un conforto nella più profonda desolazione che nessuna ricchezza potrebbe comprare e nessun potere al mondo potrebbe concedere. (da Il circolo Pickwick)