Sposati da 21 anni, non hanno mai nascosto i momenti di crisi. L’unione stabile tra un uomo e una donna è una trincea e non un banchetto
Il matrimonio non è facile, ci sono momenti davvero cupi; e le difficoltà accadono non perché sia un’unione sbagliata, ma proprio perché le cose stanno funzionando. Al netto di situazioni patologiche e di gravità conclamata, l’unione stabile tra un uomo e una donna è una trincea e non un banchetto. Nel quotidiano sto cercando di lavare sempre più spesso i miei panni sporchi con gli amici, cioè di mettere a tema della nostra compagnia proprio le parti più zoppicanti della mia avventura domestica.
Troppo spesso, infatti, incappo nello stordimento da bomba atomica: persone vicine a me, sempre tutte sorrisi e abbracci, che di botto si mollano. Ma come? E tutta la sofferenza che avevate dentro, perché l’avete nascosta? – mi viene da pensare. Capisco, per carità. Accettare la fragilità di fare i conti con un fallimento non è facile. Uscire dalle quattro mura di casa, confessando che c’è una brutta tempesta in corso può voler dire scatenare le chiacchiere sogghignanti della gente.
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Tutti questi “contro” non bastano a scalfire l’evidenza di un solo grande “pro”: scardinare lo stereotipo falso che il matrimonio vada bene quando è un’isola felice di gioia. Perciò ringrazio di cuore, e a distanza, il signor Will Smith che ha confessato pubblicamente tutta la fatica fatta in 21 anni di matrimonio con Jada Pinkett.
L’uomo che ride, sa piangere
I tira e molla tra i Vip gettano un’ombra deformante sulla realtà: sorridono in copertine titolate “Ci siamo lasciati, mi ha rovinato la vita”. Questi assemblaggi mediatici di volti sereni e storie tragiche lasciano la percezione errata che i vincoli sentimentali siano facili da creare e altrettanto facili da sciogliere, non appena l’effetto speciale di amore-passione-felicità sfuma in un quotidiano ignorarsi, battibeccare, sbuffare.
La condivisione di Will Smith parla, invece e finalmente, di qualcosa di più connesso e radicato con la realtà vissuta da moltissimi e comunissimi noi: un matrimonio è un impegno tosto, proprio quando ci si ama davvero. Vivere in pienezza di dolore e ferite una crisi è un’esperienza necessaria a chi osa promettersi amore eterno. Condividere senza addolcimenti questi momenti non dovrebbe essere gossip, ma concime fraterno. Ai propri figli e in pubblico, il protagonista di Men in Black e Indipendence Day ha confessato:
«C’è stato un periodo in cui la mamma si svegliava e piangeva, ha pianto per 45 giorni di fila. Accadeva ogni mattina. Penso che sia stato il momento peggiore che abbiamo mai vissuto nel nostro matrimonio» (da Vanity Fair)
Proprio lui, che è l’attore che per eccellenza ha il sorriso stampato sul volto, sceglie di mostrare questa vulnerabilità estrema fatta di lacrime. Non è vero che il matrimonio debba essere accettato facendo spallucce anche quando è un luogo di infelicità; non è neppure vera la tendenza opposta che va per la maggiore: se soffri, lascialo.
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Stesso fronte
Chissà perché, la sofferenza diventa una faccenda egoistica. Siamo estremamente chiusi a riccio quando qualcosa ci procura dolore, l’inizio della separazione è lì: presumere di essere soli a sentire il bruciore della ferita. Il passo successivo è mettersi uno contro l’altro. Non è scontato vivere assieme una crisi, cioè sentirsi insieme nel soffrire; trasformiamo una battaglia in cui siamo dentro la stessa trincea col nostro lui, o lei, in uno scontro in cui ciascuno è nel fronte opposto all’altro. Ovviamente, allora, la vittoria di uno sarà la sconfitta dell’altro; presumbilmente la pace diventerà un contratto di reciproco rispetto stabilito da un avvocato divorzista. “Siamo rimasti in buoni rapporti” è l’amen moderno più recitato.
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Non sempre ci riesco, ma quando scende un’ombra qualsiasi sul rapporto con mio marito vorrei non cadere nella trappola di identificare il male con lui, o con me; mi sforzo di immaginarlo come una presenza tangibile ma esterna a noi, un nemico comune che ci mette alla prova entrambi. Ha l’aspetto dei limiti di mio marito, o delle mie dimenticanze; ha l’aspetto dei nostri molti peccati, ma il nemico non siamo noi. Voglio dare credito al sacramento che ci unisce e ci unisce anche nella crisi: per viverla onestamente devo viverla da sposata e non da già separata.
Giù la maschera tra di noi
Quante se n’è sentito dire nel corso degli anni, Mr Smith! I giornali hanno sbranato il suo matrimonio con la bellissima Jada Pinkett parlando di presunta omosessualità, tradimenti, unione di facciata; tutto questo sapendo bene di colpire duro anche sui figli Jaden e Willow. In mezzo a tutta visibilità ci finiscono i figli, eccome. Ultimamente le dichiarazioni di Willow, che sta esplorando diverse esperienze lavorative e creative, le hanno guadagnato il titolo di “figlia fluida“… con il tipico ammiccamento dei giornali alle ideologie imperanti. Lo stesso capitò a Jaden qualche anno fa, fu etichettato come il “figlio fluido“, quando i giornali sbandierarono le provocazioni momentanee di un diciassettenne per un endorsement a lettere cubitali alla causa gender.
Al di là di tutte le meraviglie della vita da divo hollywoodiano, deve essere pesante vedere la propria vita buttata in pasto al mondo.
«Ho letto sui tabloid che stavamo per divorziare. In realtà è un’opzione che non abbiamo neanche preso in considerazione» (Ibid)
Noi tutti siamo lontani dalle dinamiche mediatiche dei VIP, ma possiamo essere in sintonia con quella scintilla di umano che esce da questa storia. Non dobbiamo temere di mostrare il volto meno presentabile di noi; anzi, di questi tempi, bisognerebbe proprio sostenere la bellezza ideale del matrimonio confidandoci a vicenda quante giornate di litigi e silenzi abbiamo trascorso. La prima vera terapia di coppia si fa tra amici. Non voglio screditare le competenze degli specialisti il cui mestiere è aiutare i mariti e le mogli in difficoltà, ma nel quotidiano mi propongo – lì dove posso – di frantumare quella maschera che crea muri, dietro cui celare voragini di dolore.
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Se esco di casa infuriata con mio marito, non devo trasformarmi in una statua sorridente se incontro un vicino di casa. Forse vedendo la mia fronte aggrottata e la voce rotta, mi sentirà vicina in una battaglia che anche lui o lei sta combattendo. Dietro le finestre di ogni casa ci sono uomini e donne per bene che litigano per tenere in piedi un matrimonio. Se da quelle finestre aperte scappa un urlo, non dovremmo metterci a sparlare di chi lo lascia uscire. Dovremmo pensare a una fucina in cui si forgia una novità buona; così è il volto di ogni persona che passa attraverso le prove che l’amore si merita.
Siamo accanto, ciascuno oltre la propria porta, a custodire l’impresa più ironica, valorosa e terribile che Dio abbia donato alle sue creature: ha voluto prefigurare un anticipo della fratenità ed eternità celeste attraverso il legame di due esseri incompatibili, l’uomo e la donna.