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Un pianeta di scarti e sprechi

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Photo by Roman Camacho/NurPhoto

Paul De Maeyer - pubblicato il 24/09/18

Secondo un nuovo rapporto della Banca Mondiale, nel 2016 l mondo ha generato 2,01 miliardi di tonnellate di rifiuti

“Senza un’azione urgente, i rifiuti a livello globale aumenteranno entro il 2050 del 70% rispetto ai livelli attuali.” Questo il messaggio lanciato dalla Banca Mondiale nel suo nuovo rapporto dedicato alla sfida globale dello smaltimento dei rifiuti, pubblicato giovedì 20 settembre sotto il titolo (che è anche un gioco di parole) [1] What a Waste 2.0:  A Global Snapshot of Solid Waste Management to 2050 [2].

Il nuovo documento, lungo quasi 300 pagine (con appendici e tabelle), esprime infatti preoccupazione per l’aumento allarmante della massa di immondizia a scala globale. “Rifiuti non raccolti e rifiuti scarsamente smaltiti hanno impatti significativi sulla salute e sull’ambiente. Il costo per affrontare questi impatti è molte volte superiore al costo di sviluppo e gestione di sistemi di gestione dei rifiuti semplici e adeguati”, così ha avvertito l’autore principale del rapporto, Silpa Kaza.

Alcuni dati generali

Secondo il rapporto finanziato dal governo giapponese, che si presenta come la continuazione del documento precedente What a Waste: A Global Review of Solid Waste Management (2012), nel 2016 il mondo ha prodotto 2,01 miliardi di tonnellate di rifiuti, una massa destinata ad aumentare infatti a 3,4 miliardi di tonnellate verso la metà del secolo.

Di questa enorme massa poco più di un terzo, il 34% o 683 milioni di tonnellate, viene generato nei Paesi ad alto reddito, anche se questi costituiscono meno di un quinto della popolazione del pianeta (il 16%). Tuttavia, così ricorda il rapporto, più di un terzo dei rifiuti nei Paesi ricchi viene a sua volta recuperato attraverso i metodi di riciclaggio e compostaggio.

Dai dati raccolti dalla Banca Mondiale emerge che ogni abitante del pianeta genera ogni giorno in media 0,74 chilogrammi (kg) di immondizia, con differenze locali che variano da un minimo di 0,11 kg ad un massimo di 4,54 kg. Mentre la produzione media pro capite giornaliera di rifiuti urbani salirà entro il 2050 nei Paesi ad alto reddito del 19%, in quelli a reddito medio-basso la Banca Mondiale prevede un aumento di circa il 40% o oltre.

Raccolta e smaltimento

Un passaggio critico nel ciclo della gestione dei rifiuti, così continua il rapporto, è la fase della raccolta delle immondizie. I Paesi poveri o a basso reddito raccolgono ad esempio quasi la metà (il 48%) dei rifiuti urbani, ma questa percentuale cala a poco più di un quarto (il 26%) nelle zone rurali. A livello globale, l’Africa subsahariana raccoglie meno della metà dei rifiuti, il 44%, mentre nelle regioni Europa-Asia centrale e America settentrionale questa quota sale ad almeno il 90%.

Sempre a livello globale, il 37% circa delle immondizie viene smaltito in qualche tipo di discarica controllata o landfill, il 33% finisce in discariche abusive o non controllate (il cosiddetto dumping), un altro 19% viene recuperato attraverso i processi di riciclo e compostaggio, e il restante 11% viene incenerito.

Il rapporto evidenzia che a livello globale la più grande categoria di rifiuti sono gli scarti alimentari e verdi: i rifiuti organici costituiscono infatti quasi la metà (il 44%) della massa totale. Un altro 38% è rappresentato dai rifiuti solidi riciclabili, ovvero plastica [3], carta e cartone, metallo (ad esempio le lattine in alluminio) e vetro.

Asia Orientale e Pacifico

Questa regione del mondo, che ospita 2,27 miliardi di abitanti ed è composta da 37 Paesi, fra cui anche l’Australia e vari Stati insulari dell’Oceano Pacifico, è quella che nell’arco del 2016 ha prodotto la più grande massa di rifiuti, 468 milioni di tonnellate, cioè quasi un quarto del totale mondiale. Mentre il 46% dei rifiuti finisce in discariche controllate, poco più di un quinto viene incenerito. L’incenerimento è molto diffuso nei Paesi con poca disponibilità di terra, come Giappone (l’80%) o Singapore (il 37%).

Mentre la media pro capite giornaliera è di 0,56 kg, quasi la metà dei rifiuti (il 47%) della regione viene creata in Cina. Oltre ad essere il Paese più popoloso in assoluto al mondo, il colosso asiatico costituisce quasi due terzi (il 61%) della popolazione di tutta la regione. Tuttavia, la produzione pro capite giornaliera in Cina è inferiore alla media regionale: 0,43 kg. Questo dato rispecchia secondo il rapporto la quantità di rifiuti molto ridotta generata dalla “significativa” popolazione rurale cinese.

Europa e Asia centrale

I 912 milioni di abitanti della regione europea e centro-asiatica, costituita da 57 Paesi, tra cui anche la Groenlandia e la Federazione russa, hanno prodotto nel 2016 in totale 392 milioni di tonnellate di rifiuti, una media giornaliera di 1,18 kg pro capite. Nelle zone urbane della regione questa cifra è di poco superiore: 1,28 kg.

L’Europa e l’Asia centrale riciclano e compostano quasi un terzo (il 31%) dei loro rifiuti, ma secondo la Banca Mondiale la regione ha un potenziale di riciclaggio e di compostaggio molto più alto: tre quarti circa. La percentuale dei rifiuti che vengono raccolti nella regione è piuttosto alta: il 90%. Questa proporzione scende al 55% a livello rurale, per salire invece al 96% a livello urbano.

America Latina e Caraibi

Nel 2016 i 638 milioni di abitanti dei 42 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi hanno prodotto 231 milioni di tonnellate di rifiuti, una media giornaliera pro capite di 0,99 kg. Mentre la produzione di rifiuti è più alta negli Stati insulari con un’elevata attività turistica, le spiagge delle isole dei Caraibi vengono invase dagli scarti di plastica trasportati dal mare, così ricorda la Banca Mondiale.  

A livello urbano, in Paesi come Uruguay e Colombia la quota di raccolta dei rifiuti supera il 95%, ma nella capitale haitiana Port-au-Prince questa proporzione cala addirittura al 12%. Per quanto riguarda la raccolta dell’immondizia, il rapporto della Banca Mondiale menziona i cosiddetti waste pickers o raccoglitori. Mentre a Cusco, Perù, ce ne sono ad esempio 175, questa cifra sale a 20.000 nella metropoli di São Paulo, Brasile.

Medio Oriente e Africa settentrionale

La regione con la minor produzione di rifiuti di tutto il globo è quella del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale. I circa 437 milioni di abitanti, sparsi per 21 Paesi, dal Marocco all’Iran, hanno generato nel 2016 129 milioni di tonnellate di rifiuti, cioè una media di 0,81 kg giornaliera pro capite.

Si prevede però che verso la metà del secolo questa quantità raddoppierà, così avvertono gli autori del rapporto. Infatti, nelle città della regione la produzione di immondizie raggiunge già una media giornaliera di 1,38 kg pro capite e nei ricchi stati petroliferi del Golfo Persico, come Bahrain, Emirati Uniti Arabi e Kuwait, già si supera quota 1,5 kg pro capite. Per un confronto: in Marocco, Gibuti e Yemen questa cifra è inferiore a 0,6 kg pro capite giornaliera.

America settentrionale

Anche se la regione dell’America settentrionale — composta da solo tre Nazioni: le Isole Bermuda, Canada e USA — ospita con 359 milioni di abitanti meno del 5% della popolazione mondiale, produce comunque il 14% dei rifiuti del pianeta: 289 milioni di tonnellate, una media giornaliera di 2,1 kg pro capite. Colpiscono poi le disparità: gli abitanti di Seattle, nello Stato di Washington, generano in media pro capite fino a 3,13 kg di rifiuti al giorno, mentre quelli della capitale del Canada, Ottawa, non arrivano nemmeno ad un chilogrammo, cioè 0,95 kg.

Nella regione un terzo circa dei rifiuti viene riciclato, il 12% circa incenerito e meno dell’1% compostato, ma la situazione è ben diversa nelle Bermuda. Trattandosi di uno Stato insulare in mezzo all’Oceano Atlantico, con una superficie molto ridotta (appena 53,2 km²), è stato costruito nel 1994 un termovalorizzatore, dove il 67% dei rifiuti viene incenerito.

Asia meridionale

Con un totale di 334 milioni di tonnellate di rifiuti, i circa 1,68 miliardi di abitanti dell’Asia meridionale, che comprende oltre ai giganti demografici India, Pakistan e Bangladesh anche alcuni Paesi molto piccoli (Bhutan e le Maldive hanno insieme 1,2 milioni di abitanti), producono ogni giorno in media 0,52 kg di rifiuti. Si tratta di una cifra molto bassa ma che è destinata a raddoppiare entro la metà del secolo, così rivelano le proiezioni della Banca Mondiale.

Mentre più della metà (il 57%) dell’immondizia della regione è costituita da scarti organici, circa tre quarti della massa totale vengono scaricati all’aperto o dumped, cioè non adeguatamente trattati e deposti in discariche controllate. Non mancano però i progetti destinati a migliorare la situazione. In più di 4.000 città e zone rurali dell’India è stata avviata nel 2014 l’iniziativa Swachh Bharat Abhiyan (o tradotto in italiano: “Missione India Pulita”). L’obiettivo è di liberare le strade dall’immondizia e migliorare la situazione igienico-sanitaria del Paese.

Africa subsahariana

L’ultima regione è quella dell’Africa subsahariana. Composta da 48 Paesi, tra i quali la Nigeria (oltre 190 milioni di abitanti ) e l’Etiopia (poco più di 100 milioni di abitanti), la regione è con 1,03 miliardi di abitanti quella con la maggior crescita. Secondo le proiezioni, nel 2050 più della metà della crescita demografica globale avverrà in questa regione.

Nel 2016 l’Africa subsahariana ha prodotto 174 milioni di tonnellate di rifiuti (cioè una media giornaliera di 0,46 kg pro capite), di cui più di due terzi (il 69% circa) vengono ancora scaricati all’aperto o dumped. Si prevede che in seguito all’aumento della popolazione e di stili di vita meno tradizionali, la massa totale dei rifiuti triplicherà entro il 2050 nella regione.

Raccoglitori di rifiuti

Oltre a dedicare spazio a varie iniziative destinate a ridurre “le perdite e gli sprechi alimentari” o FLW (dall’ingleseFood Loss and Waste), tra cui la legge francese del 2016 che obbliga i supermercati con una superficie di vendita superiore a 400 m² di donare il cibo invenduto ad associazioni caritatevoli, e il progetto BAMX (Bancos de Alimentos de México), il rapporto si sofferma su una figura molto diffusa in varie regioni del mondo: i raccoglitori di rifiuti o waste pickers. In alcune grandi città dell’America Latina e dei Caraibi lavorano ad esempio in media quasi 4.000 recicladores.

Come rivela il rapporto, ad oggi in tutto il mondo più di 15 milioni di persone si guadagnano da vivere in modo informale come waste pickers. Si tratta di una categoria “vulnerabile”, composta spesso da donne, bambini, anziani, persone disoccupate o migranti. Nella capitale del Laos, Vientiane, e a Cusco, Perù, donne costituiscono rispettivamente il 50 e l’80% dei raccoglitori di rifiuti.

Grazie all’apostolato di sœur Emmanuelle tra i raccoglitori di immondizia nella periferia del Cairo, il mondo ha preso conoscenza delle drammatiche condizioni di vita degli zabbalin o straccivendoli. Secondo il rapporto, nella capitale egiziana, che conta ormai 10 milioni di abitanti, circa 96.000 raccoglitori informali compiono tuttora il loro umile e sottovalutato lavoro, smaltendo il 10% dei rifiuti della metropoli.

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1] Waste in inglese significa infatti sia rifiuti che spreco.

2] Per leggere il testo completo, cliccare nella pagina che si apre a sinistra su Download English PDF.

3] Per le problematiche legate alla plastica, cfr. Aleteia: Lotta globale contro i sacchetti di plastica: l’anomalia USA.

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