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La preghiera, uno sguardo semplice di amore

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By Antonio Guillem | Shutterstock

Jacques Gauthier - pubblicato il 18/09/18

Nella sua Storia di un’anima, Thérèse de Lisieux definisce così la preghiera: «È uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il Cielo, è un grido di riconoscenza e di amore in seno alla prova come in seno alla gioia; in ultimo, è qualcosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù». Lo stesso si può dire dell’orazione cristiana, che è una forma di preghiera interiore e silenziosa, nella quale si posa un semplice sguardo d’amore su Cristo che ci ama.

Una relazione da persona a persona

Come ogni relazione da persona a persona, l’orazione è «una realtà semplice e complessa, alla portata di tutti», scrive Henri Caffarel all’inizio delle Cinque serate sulla preghiera interiore. Basta fermarsi, accogliere il momento presente come una grazia, sederci in silenzio nella confidenza con Cristo, amarlo e lasciarci amare da lui, perché egli viva e agisca sempre di più in noi. È una questione di fede vivente, nutrita dalla meditazione assidua delle Scritture e dall’amore del prossimo. Fissiamo il nostro cuore in Dio che è presente in noi. Non viviamo più per noi stessi, ma per Cristo che prega e vive in noi.

Niente altro ha importanza all’infuori della volontà di essere lì davanti, sempre presenti. Il tempo gratuito della preghiera gli appartiene totalmente. Egli ne fa ciò che vuole. Noi ci esponiamo al suo sguardo d’amore come un bambino si sa amato dalla madre: «Io sono tranquillo e sereno / come bimbo svezzato in braccio a sua madre» (Sal 130, 2).

La vera preghiera sgorga dal cuore e zampilla in noi quando le dedichiamo del tempo. Essa è come l’amore, che sperimentiamo giorno dopo giorno. Ci lasciamo incontrare dal Dio di ogni amore per amare sempre di più quelli e quelle che ci circondano.

Atti di fede, di speranza e di amore

L’attitudine generale di adorazione e di offerta è centrale nell’orazione, più delle tecniche e dei metodi. Del resto dobbiamo superare i metodi per trovare la preghiera che ci conviene, che ci fa sperare il Signore nella fede e nell’amore. Non è proprio dell’amore, l’aspirare all’unione con l’amato? Vale lo stesso con Cristo, che ci ama e che ci guarisce dall’interno.

È cosa buona, durante questo tempo di preghiera, occupare il nostro spirito con atti di fede, di speranza e di amore. Possiamo ripetere il nome di Gesù, recitare brevi invocazioni che ci aiutano a restare innestati a Cristo come il tralcio alla vite: «Signore, io so che tu mi ami. Desidero unirmi a te. Voglio quello che vuoi tu».

L’orazione di semplicità

Queste giaculatorie, brevi preghiere lanciate come frecce verso Dio, possono condurci al silenzio dell’“orazione di semplicità”. Henri Caffarel evoca questa forma di orazione nel suo libro Présence à Dieu citando il padre Jean-Nicolas Grou (1731-1803):

Invece dell’esercizio complicato e faticoso della memoria, dell’iterazione e della volontà, che si applica nella meditazione – ora a un argomento ora all’altro – Dio mette spesso l’anima in un’orazione semplice, dove lo spirito non ha altro oggetto che una veduta generale di Dio; il cuore, scevro d’ogni sentimento che non sia il gusto di Dio, dolce e appagante, che la nutre senza sforzo, come il latte nutre i bambini. L’anima percepisce allora così poco delle proprie operazioni, tanto esse sono sottili e delicate, che le pare di essere inerte e immersa in una specie di sonno.

[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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