E’ un antico rito che si ripete in provincia di Cesena. Vi spieghiamo in cosa consiste. L’esorcista che lo utilizza: fino ad ora solo cinque persone erano possedute dal demonio
Sono oltre 70mila i fedeli che, ogni anno, arrivano alla basilica di San Vicinio a Sarsina, in provincia di Forlì-Cesena per avere la benedizione dell’imposizione della catena, il collare di ferro utilizzato dal santo per fare penitenza e ritenuto in grado di cacciare il demonio dai posseduti.
Due bracci ferrosi
La catena è composta da due bracci di materiale ferroso uniti fra loro da un duplice snodo e terminanti con due anelli combacianti. La sua fabbricazione è sicuramente anteriore all’ottavo secolo d.C., cosi affermano studi fatti sul materiale e sulla lavorazione dello stesso. La tradizione la dice usata dal santo per fare penitenza.
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La grossa pietra
Durante la preghiera, Vicinio la metteva al collo appendendovi una grossa pietra, costringendosi così in una posizione alquanto scomoda. Facilmente, oggetti simili erano usati in quel tempo come strumenti di contenzione degli schiavi o dei carcerati per ridurne i movimenti senza impedirne quelli essenziali alla sopravvivenza.
Fatti miracolosi
E’ considerata e venerata come reliquia del santo ed usata per la preghiera di liberazione e di benedizione degli infermi o per la preghiera di esorcismo. Normalmente è offerta alla venerazione dei pellegrini apponendola per qualche istante al loro collo accompagnando il gesto con un’invocazione al Santo.
La storia più che millenaria di questa reliquia è costellata di fatti miracolosi e di racconti di prodigiosa trasmissione di potenza divina nella liberazione degli ossessi.
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Non è un talismano!
Il devoto deve guardarsi dalla erronea possibilità di scambiare la reliquia per un talismano o un portafortuna. Non è molto importante se sia o non sia appartenuta al Santo, vista anche la lontananza nel tempo. Importante è il valore ed il significato che è andata acquisendo nei secoli attraverso la venerazione dei fedeli e l’uso che ne era fatto dai sacerdoti.
Anello di congiunzione
Oggi ha il valore del segno, ci ricorda cioè che gli oggetti ci possono solo ricondurre a Dio che impegna la sua potenza per liberarci dal male e condurci a nuova vita. La potenza sta in Dio, la reliquia del santo è un anello di congiunzione fra noi e Dio. Come se pregassimo dicendo: “Signore, la mia condizione di peccatore non mi permette di chiederti ciò di cui ho bisogno; per me te lo chiede san Vicinio che proprio per la santità della sua vita merita di essere da te esaudito”.
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Don Fiorenzo
L’onore che il devoto di san Vicinio attribuisce alla catena non significa riporre la propria speranza in un idolo con poteri magici, ma significa venerazione al santo la cui vita ci rimanda direttamente a Cristo e per Cristo a Dio (www.basilicadisanvicinio.it).
«Purtroppo – tiene subito a precisare don Fiorenzo Castorri, che da 7 anni ricopre il ruolo di esorcista – molti si accostano a questo rito con superstizione e, noi sacerdoti, cerchiamo di fargli capire che se vengono qui è perché hanno bisogno di Dio e non di una benedizione».
Cinque posseduti
«Molti – spiega don Fiorenzo, allievo di padre Amorth – sono dei mitomani ed è abbastanza facile smascherare chi ha problemi psichici e non di natura religiosa. Quelli che affermano chiaramente di essere vittima di fatture o malefici, spesso indicando anche gli autori, molto difficilmente sono prede del diavolo. In sette anni che ricopro questo incarico, attualmente sono solo cinque quelli che sono chiaramente posseduti e che, settimanalmente, ricevo per scacciare il demonio dal loro corpo».
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I malefici
«Le cinque persone che seguo sono tutte donne, tra i 40 e i 60 anni – – prosegue l’esorcista – e il male che le possiede si sposta lungo i loro corpi. Nessun medico sarebbe in grado di stabilire da cosa sono afflitte e, analisi approfondite, sarebbero negative ma, di fatto, è il diavolo che si sposta dentro di loro. Per liberarle dalle loro pene sono necessari esorcismi almeno una volta a settimana e che andranno avanti anche per 7 o 8 anni».
«Dei cinque casi che seguo – sottolinea don Fiorenzo – tre malefici sono stati fatti dalle suocere di queste donne che non volevano che i loro figli le sposassero. In un caso, invece, è stata la madre della vittima mentre, nell’ultimo, siamo ancora agli inizi e la situazione è ancora in corso di valutazione. Il maleficio avviene facendo mangiare alla vittima del materiale maleficato preparato da un sacerdote del diavolo. Si tratta di personaggi molto scaltri e, in ogni caso, che non si fanno pubblicità. Spesso sorrido quando una persona viene da me sostenendo di essere stata maledetta facendo nome e cognome di presunti maghi o fattucchiere. Chi, realmente, prepara queste cose rimane avvolto dall’oscurità».
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“Satana detector”
«La catena – prosegue don Fiorenzo – è il mio ‘satana detector’. È uno strumento molto potente e, insieme ad altri, è in grado di rivelarci la possessione del maligno. Il rito della Chiesa Cattolica, quando ci sono evidenti segnali della presenza del diavolo, prevede che il demonio possegga una persona in quattro modi. C’è la possessione, quando chi ne è colpito va in trance durante l’esorcismo, la vessazione, nel caso in cui il maligno affligga varie parti del corpo, l’ossessione, quando il cervello è guidato dall’entità, e l’infestazione che non ha nulla a che vedere coi fantasmi. In tanti hanno, come riferimento, il film ‘L’esorcista’ ma io, che dialogo con il diavolo cinque giorni a settimana, posso dire che non ha nulla a che fare con la realtà» (Cesena Today, 2017).