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Spiritualità
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La chiave del cielo: una storia che ispirerà la vostra vita spirituale

ANTIQUE KEYS

Neat Soup I Shutterstock

Clefs. Photo d'illustration.

Vera Fidei - pubblicato il 13/07/18

Leggetela fino in fondo!

Ogni volta che passava davanti al convento dei Francescani della sua piccola città, Lorenzo sentiva il cuore battere più forte. Gli piaceva rimanere ad ascoltare il canto dolce dei frati che proveniva dalla chiesa. Quelle melodie angeliche, piene di una pace che non era di questo mondo, sembravano provenire dal Cielo. Altre volte spiava i frati mentre lavoravano nell’orto e pensava: “Quanto sono allegri! Il frate cuoco, che si carica di pomodori, è più felice dei miei amici arroganti che si mostrano in strada sui loro macchinoni rumorosi”.

La domenica, Lorenzo assisteva alla predica e poi meditava sulle parole del frate dall’aspetto austero e la voce possente: “Ricordatevi sempre, fratelli, che è più importante custodire tesori in Cielo che moltiplicarli sulla Terra. Il Signore ci ha insegnato: ‘Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso?’ Guardate l’esempio del nostro padre San Francesco, che ha saputo essere povero in spirito”.

Un giorno non resistette e domandò a un francescano: “Cosa devo fare per vivere qui?”

Il buon religioso gli diede una risposta molto semplice: “Per vivere tra queste sante mura bisogna desiderare innanzitutto il Regno di Dio, abbracciando la povertà in spirito, come ha fatto Gesù”.

Una settimana dopo il giovane, portando con sé solo una piccola valigia, entrò in convento per non uscirne più. Chiese di essere fratello laico, perché voleva vivere solo per Dio, servendo i frati.

Il maestro dei novizi, che iniziò ad accompagnarlo, era incantato dall’esempio di frate Lorenzo. Nessuno spazzava il pavimento o lavava i piatti con più entusiasmo. Tutte le sue azioni sembravano una preghiera.

Un giorno frate Lorenzo notò che il vestito di un frate era in cattivo stato e commentò: “La manica è strappata. Vuole che la cucia? Altrimenti quando andrà in missione la gente lo noterà. Siamo poveri ma degni, e non sta bene usare un abito strappato… Se mi permetterà di prestarle questo servizio mi concederà una grazia, perché sono un peccatore e ho dei peccati a cui riparare”.

“Ma sai cucire?”

“Non molto bene, ma mia madre è sarta, e con lei ho imparato qualcosa del mestiere”.

“Va bene”, concluse il frate, “vediamo come viene”.

Sorprendendo tutti, frate Lorenzo fece un ottimo lavoro.

A ogni punto che metteva con l’ago aveva recitato una giaculatoria chiedendo che la Santissima Vergine di Nazareth cucisse per lui. Quando finiva la riga, recitava un’Ave Maria. In questo modo cucì tutta la manica, lasciandola come se fosse nuova.

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La notizia si sparse nel convento. Ci volle poco perché il frate cuoco apparisse con un vestito bruciato, quasi distrutto per via di un forno a temperatura molto alta. Anche il frate portiere andò a mostrargli un buco nel suo abito, che anche se nascosto si stava ingrandendo. Perfino un frate straniero, ospite in convento per qualche giorno, chiese al frate che desse un’occhiatina al suo vecchio saio. Gli abiti tornavano cuciti, puliti e profumati.

Il superiore si rallegrò molto per questo. Stupito dall’umiltà di quel figlio, notò subito l’assiduità delle sue visite al Santissimo Sacramento. “È per questo che fa tutto così bene”, pensava.

Trascorsi alcuni mesi, si rese conto che le doti di frate Lorenzo andavano al di là della capacità di rammendare gli abiti.

“Vuoi provare a realizzare un abito intero?”, gli chiese.

“Se in questo modo potrò rendere gloria a Dio sicuramente!”, rispose Lorenzo.

L’esperienza fu coronata dal successo. Dalle mani “oranti” di quel religioso iniziarono a uscire meraviglie al di sopra delle aspettative, in cui le forbici prendevano vita e correvano lungo il tessuto marrone con tratti così precisi che il sarto più bravo non avrebbe saputo fare di meglio. I sai erano sempre modesti, ma possedevano qualcosa di speciale: il segno dell’amore con cui il frate li realizzava.

Passarono gli anni. A volte la quantità di richieste lo portava a dormire molto poco, a perdere le ore di ricreazione, ed era tentato di pensare che fosse abbastanza… Ma poi pensava che Dio lo aveva chiamato a glorificarlo in quel modo, e questo lo portava a dedicarsi al suo compito con tutto se stesso, raddoppiando le preghiere.

Frate Lorenzo divenne un uomo maturo, e poi anziano. I suoi capelli si imbiancarono, ma non per questo smise di accogliere le richieste di rammendi e cuciture.

La comunità lo stimava e lo ammirava. Molti frati famosi, predicatori nei santuari e professori universitari, amavano stare con lui, avviando conversazioni animate sul serafico San Francesco, su Santa Chiara e su altri eroi dell’ordine. Frate Lorenzo attirava tutti, parlando solo delle cose del Cielo. Ed era lì che si dirigeva…

L’implacabile peso degli anni gli provocò una febbre incurabile, che iniziò a consumarlo.

Presentendo che stava per abbandonare la vita, chiese i sacramenti e iniziò a parlare sempre meno. Pregava molto e pensava all’incontro con Dio.

In una gelida mattina invernale, frate Lorenzo sembrava non farcela più. La campana del convento chiamò la comunità per accompagnare il caro frate nei suoi ultimi istanti. Inginocchiati, i frati recitavano la preghiera degli agonizzanti. All’improvviso, si sentì un filo di voce quasi impercettibile. Era frate Lorenzo che chiedeva:

“Portatemi la chiave… la chiave del Cielo…”

I frati non capirono. Qual era questa famosa “chiave del Cielo”? Uno di loro andò correndo in biblioteca e tornò con il libro intitolato La Chiave del Cielo. Lo posero davanti al moribondo, ma non gli interessava. Ripeteva solo: “Voglio… la chiave… la chiave del Cielo…”

Il superiore ordinò di portare una reliquia di San Francesco a cui il malato era molto devoto. Ma lui continuava ad avanzare la sua strana richiesta…

Allora il volto di un confratello si illuminò. Corse per i corridoi e tornò con l’ago di frate Lorenzo. Vedendolo, questi abbozzò un sorriso e disse “Sì, questa è la mia chiave del Cielo”, e spirò.

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Senza essere grande agli occhi del modo e senza ricevere una ricompensa per i suoi servigi, frate Lorenzo si era santificato con un ago in mano, lavorando per amor di Dio. La Provvidenza ha preparato per ciascuno una “chiave” che gli aprirà il Cielo. Si tratta di saper compiere la sua volontà e di rispettare i suoi disegni. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli” (Mt 5, 3).

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