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Il Papa ha imparato da Sant’Ignazio a riconoscere le insidie del diavolo

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 13/04/18
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Il suo maestro spirituale ne parlava con le stesse parole con cui Bergoglio lo descrive oggi

«La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!».

Il 24 marzo 2013, durante la Domenica delle Palme, Papa Francesco parlava in questi termini di Satana. Era una delle prime volte in cui l’allora neo-pontefice nominava il demonio.

In realtà, nei suoi studi teologici Bergoglio ha appreso dal suo più grande maestro i rischi derivati dall’incontro con il diavolo.

I “giochi” del diavolo

Sant’Ignazio di Loyola, come spiega don Marcello Stanzione in “Papa Francesco fra angeli e diavoli” (edizioni Segno), lo etichettava con parole che oggi spesso usa Bergoglio per parlare di Satana.

Sant’Ignazio affronta i giochi del diavolo che scimmiotta l’Angelo che fu in altri tempi: «È proprio dell’Angelo cattivo – spiega Sant’Ignazio – quando si trasforma in Angelo di luce, di entrare dapprima nei sentimenti dell’anima pia, e di finire con ispirargli i suoi. Così, egli comincia col suggerire a quest’anima dei pensieri buoni e santi, conformi alle sue disposizioni virtuose; ma ben presto, poco a poco, egli compita di attirarlo nei suoi tranelli segreti, e di farla acconsentire ai suoi colpevoli disegni».


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Come riconoscere un pensiero malefico

«Noi – prosegue il fondatore dei Gesuiti – dobbiamo esaminare con grande cura il seguito ed il cammino dei nostri pensieri. Se l’inizio, il mezzo e la fine, tutto è buono in essi, e tendono puramente al bene, è una prova che essi vengono dall’Angelo buono; ma se, nel seguito dei pensieri che ci sono suggeriti, finisce per incontrarvisi qualcosa di meno buono che non ci eravamo proposti di fare, o se questi pensieri indeboliscono la nostra anima, la inquietano, la turbano, le ostacolano la pace, la tranquillità di cui gioiva prima, è una nota evidente che essi sono del cattivo spirito».

E sant’Ignazio nel precisare che il nemico si riconosce e si scopre «dalla sua coda di serpente, cioè dal fine pernicioso nel quale ci porta».


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Un demonio “misogino”

Sant’Ignazio di Loyola, si legge ancora nel volume di Don Marcello Stanzione, propone anche un ritratto del diavolo che nel ventunesimo secolo «potrebbe apparire un po’ misogino».

Scrive il fondatore dei Gesuiti: «Il nostro nemico rassomiglia ad una donna; egli ne ha la debolezza e la mutevolezza delle opinioni. È proprio di una donna, quando disputa con un uomo, di perdere coraggio e di prendere la fuga subito che questi gli mostra un volto fermo; l’uomo, al contrario, quando comincia col temere ed indietreggiare, la collera, la vendetta e la ferocia di questa donna si accrescono e non hanno più misura».

Il rischio di accettare le tentazioni

Come pure, continua il padre dei Gesuiti, «è proprio del nemico affievolire, perdere coraggio e prendere la fuga con le sue tentazioni, quando la persona che si esercita nelle cose spirituali mostra molta fermezza contro il tentatore, e fa diametralmente l’opposto di ciò che gli è suggerito».

Al contrario, «se la persona che è tentata comincia col temere e col sopportare l’attacco con meno coraggio, non c’è bestia feroce sulla terra la cui crudeltà eguaglia la malizia infernale con la quale questo nemico della natura umana si attacca nel perseguire i suoi perfidi disegni».



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Un seduttore

Il paragone successivo di Sant’Ignazio è felicemente altrettanto poco attraente per gli uomini, che il precedente lo era per le donne: «La sua condotta è ancora quella di un seduttore; egli domanda il segreto e non dubita niente finché non è scoperto. Un seduttore che sollecita la figlia di un padre onesto, o la moglie di un uomo d’onore, vuole che i suoi discorsi e le sue insinuazioni restino segreti. Egli teme vivamente, al contrario, che la figlia non scopra a suo padre. O la moglie a suo marito, le sue parole fallaci e la sua intenzione perversa».


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L’inganno del segreto

Egli, conclude il santo gesuita, «comprende facilmente che non potrebbe allora riuscire nei suoi colpevoli disegni. Come pure, quando il nemico della natura umana vuole imbrogliare un’anima giusta con le sue astuzie ed i suoi artifici, egli desidera, egli vuole che ella l’ascolti e che custodisca il segreto».