La promiscuità scatena gravi problemi, tra cui “cosificazione” di se stessi, depressione e incapacità di amare davvero
Personalizzare la nostra intimità per viverla all’interno del matrimonio le dà un pieno senso di donazione, ed è per questo che l’amore “non si compra” e “non si fa”… ma si vive.
È il caso che presentiamo.
Quando ero celibe avevo avventure amorose la cui prima intenzione erano quasi sempre i rapporti sessuali, senza altro impegno che un invito a cena, a ballare, a viaggiare, o in più di un caso pagare per i favori sessuali.
In quel modo pensavo di affermare la mia virilità. Ora mi rendo conto che era un’espressione di immaturità affettiva che mi ha portato al libertinaggio e a una profonda infedeltà nei confronti di me stesso, della mia persona.
Questo libertinaggio disturbava le mie facoltà, influendo su tutti gli aspetti. Ero continuamente stanco, stressato e depresso, e non c’era medico che riuscisse a curarmi.
Stavo per sposarmi, e quando mi stavo preparando a quel passo ho chiesto orientamento sentendo che avevo bisogno di un aiuto professionale. Non dimenticherò mai quando in uno dei primi incontri mi è stata fatta un’osservazione dura dopo che riferendomi al mio problema di promiscuità mi ero espresso in questi termini:
“Non capisco perché mi sento così, visto che la vita di un uomo celibe va vissuta con libertà in questo campo”.
La risposta che ho ricevuto è stata questa:
“Succede che quando le persone pensano male finiscano per vivere come pensano, e chi pensa male necessariamente giustificherà il modo in cui vive, in un circolo vizioso che finisce per minare a livello fisico e morale. E questo è il suo caso”.