La testimonianza di una donna: solo il tempo, il lavoro e l'impegno possono unire davvero due anime
“Ma è la mia anima gemella?”
Mi ponevo ripetutamente questa domanda man mano che il mio fidanzamento con quello che oggi è mio marito andava avanti. Dopo qualche mese da fidanzati ho posto fine al rapporto con lui perché non ero sicura di avere la risposta esatta.
Mi sono pentita di questa decisione per molti motivi e siamo tornati insieme, ma la domanda continuava a tormentarmi – e se non fossimo stati anime gemelle? E se non fossimo stati destinati a stare insieme, predestinati in virtù delle nostre anime che si corrispondevano? Eravamo chiaramente compatibili in molti modi… siamo entrambi musicisti, e condividiamo l’aspetto più importante della nostra vita: la nostra fede. Mi preoccupavo, però, del fatto che mancasse qualche sorta di sigillo mistico di approvazione, una prova che le nostre anime erano predestinate a stare insieme molto tempo prima di esserci incontrati.
Ero curiosa di sapere perché c’erano molti aspetti in cui eravamo diametralmente opposti: dopo una lunga settimana, lui voleva solo rilassarsi a casa mentre io ero pronta a esplorare il mondo. I suoi gusti in fatto di film erano piuttosto “militaristi”, mentre io preferisco le commedie. Il nostro rapporto era instabile, in larga misura perché avevo aspettative irrealistiche su come dovesse essere una relazione perfetta. Ho compilato un profilo di fidanzamento online prima di conoscerlo, e l’infinità di opzioni di incontro mi ha dato l’impressione che ci fosse sempre un’altra possibilità dietro l’angolo.
Le persone che cercano oggi l’amore possono avere davvero molte opzioni. Hanno innumerevoli app e siti a disposizione che permettono tutto, dai contatti alla ricerca di un partner per la vita. Possono riescrivere all’infinito il proprio profilo, cercando continuamente di garantire che attireranno la persona giusta.
Applicazioni come Tinder possono far sì che le persone pensino che tutto ciò che serve è uno sguardo per decidere se qualcuno è degno di un rapporto. Mi chiedo se ero stata colpevole di aver allontanato – e respinto – mentalmente potenziali compagni in passato, aspettando sempre arrivasse qualcuno un po’ più perfetto.
Prima di conoscere mio marito i miei rapporti più duraturi sono durati solo qualche mese. Appena trovavo un aspetto sgradevole mettevo subito fine alla relazione. Se lui amava troppo lo sport o se a volte aveva i capelli unti era finito. Cercavo una persona che soddisfacesse la mia lunga lista di aspettative, e il nuovo mondo della tecnologia del fidanzamento favoriva questa fantasia.
“Erano abbastanza validi per me?”, mi chiedevo. Secondo me ero ottima, e qualsiasi persona di cui mi innamorassi doveva essere perfetta. Avevo una lunga lista di criteri che un marito doveva soddisfare, e pensavo di essere nel giusto – gli atteggiamenti contemporanei sul fidanzamento implicano che tutti abbiano una combinazione perfetta, e i siti di fidanzamento online promettono di verificare ciascuno di questi criteri. È superfluo dire che il mio orgoglio era un problema. Questo atteggiamento alla “Cosa possono darmi?” era pregiudizievole e distruttivo, e pigro. Costruire un rapporto significa davvero costruire qualcosa. Bisogna lavorare. E anch’io dovevo fare la mia parte, e questo significava riconoscere che tutti al mondo – anche un uomo che in un sito sembra perfetto – hanno dei difetti. Significava riconoscere che anch’io ho dei difetti che gli altri dovrebbero tollerare.