Voglio dirvi qualche parola su Medjugorje, qualche parola che mi sembra utile. Ho pensato che è utile, nella pretesa di insegnarvi come catechisti – ma anche come colleghi di lavoro di gente non credente – come si debbono affrontare questioni come queste. Noi dobbiamo essere “furbi” in questioni come queste. Furbi non nel senso dei furbastri, alla maniera cioè di gente che nasconde la verità, ma furbi nel senso di “scaltri” – come insegna Gesù – , per capire questa questione, come ogni altra questione, e trovare un modo di mostrare sempre il cuore delle cose e, in fondo, di annunciare in ogni occasione la novità del Vangelo, piuttosto che incartarci in sterili dispute che, alla fine dei conti, lasciano il tempo che trovano.
Dobbiamo essere “scaltri” perché l’opinione pubblica ci vuole divisi. La gente vede il fenomeno Medjugorje e dice: «Adesso li freghiamo, perché sottolineiamo sui media soprattutto che una parte dei cristiani ci crede e un’altra parte non ci crede, così abbiamo diviso in due il campo avversario e più litigano fra di loro, chi ci crede contro chi non ci crede, e meglio è». Ovviamente questo ragionamento non sempre è cosciente, ma vedete come si divertono i giornali ad utilizzare ogni questione per insinuare il dubbio che la fede non sia vera, e che la Chiesa navighi nella confusione e in credenze oscure e irrazionali, e che i cristiani non si vogliano bene come fratelli perché una parte accusa l’altra di non essere veramente cristiana, subito contrattaccata dall’altro che replica con la stessa accusa di non avere una vera fede evangelica[1].
Noi dobbiamo essere furbi e capire che questo succede e andare, invece, dritto al cuore delle cose. Il modo di affrontare ogni problema è questo: mai fermarsi alle cose secondarie, ma andare subito al cuore, a quel cuore che è un annunzio. Andare subito a ciò che è certo, a ciò su cui non c’è dubbio e che è al contempo, bello e grande. Non bisogna partire dalle cose incerte, bensì iniziare da ciò che è vero e nuovo nel cristianesimo, da ciò che è appassionante, da ciò che mostra la vicinanza di Dio. Poi, da lì, ma solo dopo questo inizio, non dobbiamo avere paura di affrontare anche ciò che non è del tutto chiaro.
1/ La Madonna è apparsa, appare e apparirà
Ebbene direi allora, pensando a come presentare Medjugorje, a come presentare la commissione della Chiesa voluta dal papa sulle apparizioni, pensando alle perplessità di molti e alla gioia e alle conversioni di molti altri, che si dovrebbe dire una prima cosa. Si potrebbe partire da una prima affermazione che non solo ogni cristiano serio – sia che creda a Medjugorje sia che non ci creda – non può che accettare, ma che anche è un vero annunzio di fede: la Madonna è vicina agli uomini, la storia è guidata dalla provvidenza di Dio e protetta dall’intercessione della Madonna che, insieme ai santi, realmente incide nella storia, di modo che la Chiesa non ha problema alcuno a credere che Maria è apparsa, appare e apparirà nella storia.
Insomma, prima di parlare di Medjugorje, credo sia fondamentale parlare della importanza di Maria e del dono della sua presenza viva nella Chiesa. Questa sua presenza viva è un “patrimonio” comune per tutti. Ogni discussione nella Chiesa avviene a partire da questa fede comune.
Per questo le apparizioni della Madonna sono definite in un recente documento “un aiuto alla fede”[2]. La Madonna è apparsa e appare nella storia, prima ancora la Madonna è colei che agisce di modo che «qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre»[3]: questo resta vero, anche se un giorno al limite si dovesse scoprire che non ci sono state apparizioni a Medjugorje.
La Chiesa discute di Medjugorje proprio perché ha dei criteri per dire come Maria agisce nella storia, perché Dio ci salva con l’aiuto dei suoi santi che non sono mere pedine passive, ma protagonisti nel dramma della storia perché amano il mondo dal cielo.
La Chiesa discute di Medjugorje proprio perché ha dei criteri per dire come Maria agisce nella storia. Quindi ci sono delle perplessità su Medjugorje – questo è vero e non bisogna scandalizzarsene -, ma non sono delle perplessità sul fatto che la Madonna viene a visitare la terra e a visitare i suoi figli.
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Papa Francesco, ad esempio, è certo delle apparizioni di Fatima. Papa Francesco ama la Virgen de Luján in Argentina e il suo recarsi in pellegrinaggio a quel santuario testimonia la sua fede che lì si sono compiuti dei miracoli: lì tutti gli argentini, compreso il cardinal Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires, si sono tante volte recati in processione. Allo stesso modo a Cuba papa Francesco è andato a venerare la Virgen de la Caridad del Cobre, tanto amata dal popolo cubano. Allo stesso modo papa Giovanni Paolo II era certo dell’intervento della Madonna, apparsa anche a Fatima, che lo protesse nel giorno dell’attentato e in tutta la sua vita. Così Paolo VI era certo delle apparizioni di Lourdes e così via.
La Madonna è apparsa, appare e apparirà. La Madonna ha protetto, protegge e proteggerà gli uomini. Questo è certo. Certamente Maria è Madre di Dio e in lei Dio si è fatto uomo, ed è lei che si è recata ad assistere la vecchia Elisabetta come gesto di carità. Certamente è dal suo grembo che è nato il Salvatore.
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Ma di Maria non sono certi solo gli episodi biblici, sono certi anche il suo amore per noi e la sua continua intercessione e protezione. Per questo i papi non hanno alcun problema a recarsi a Fatima o a Lourdes e nemmeno noi abbiamo alcun problema a farlo. Addirittura abbiamo la memoria liturgica di quelle apparizioni e la Chiesa ha canonizzato alcuni di quei veggenti. Perché è proprio la Madonna del Nuovo Testamento, è proprio Maria la Madre di Dio, è proprio la Madre di Gesù, che ha visitato, visita e continuerà a visitare la storia.
Diviene così subito “secondario” se a Medjugorje ci siano tutti i criteri per verificare l’affidabilità di tali apparizioni, così come di altre singola apparizioni, rivelazioni “private”, o locuzioni. È più importante affermare che la Chiesa crede che le apparizioni siano un “aiuto alla fede”, anche se non la fede stessa, che siano un “aiuto” vero, reale, amorevole, buono, un aiuto dal quale è sempre possibile essere confortati e che ancor più la Madonna stessa sia “aiuto” e protezione degli uomini, prima di discutere di Medjugorje.
2/ Le apparizioni ricordano che la fede cristiana non è “teistica”, cioè non professa un Dio impersonale
Ma perché è importante che la Chiesa creda che la Madonna ci ama e ci viene in aiuto? Perché è importante che la Chiesa creda che la Madonna è apparsa, appare e apparirà nella storia, dopo i giorni della sua vita terrena con Gesù? Cerchiamo di capirlo bene. Cosa vuol dire che la Vergine è veramente apparsa a Fatima? Cosa vuol dire che è veramente apparsa a Lourdes o in Messico? Cosa vuol dire più ancora che Maria è vicina alla vita di ogni uomo e di tutto il popolo di Dio? Partiamo sempre da quello che è certo, per capire quello che è incerto.
Vuol dire che Dio non va inteso in maniera teistica, alla maniera in cui lo intendevano i filosofi dell’illuminismo francese. Anche se non lo si dice mai, i filosofi dell’illuminismo francese erano quasi tutti credenti: Voltaire, ad esempio, credeva in Dio. Ma lo intendeva “teisticamente”: credeva cioè in un Dio che aveva creato il mondo, che aveva scritto nell’uomo la legge morale e che, però, si era poi come “disinteressato” del creato e dell’uomo. Per gli illuministi Dio era il creatore, ma un creatore non personale, non interessato a rivelarsi, ad essere amato dall’uomo. Per il “teismo” Dio non può nascere in mezzo agli uomini, anzi questa affermazione non ha addirittura senso alcuno. Dio c’è, ma non guida la storia: per i teisti questa, una volta che Dio le ha dato inizio con la creazione, è lasciata a se stessa.
La fede cristiana, invece, annuncia che Dio ha toccato la terra, che non solo è veramente venuto a visitare la terra, ma ha fatto ciò proprio perché è lui a guidare personalmente la storia. Veramente Dio si è fatto uomo, veramente Gesù ha fondato la Chiesa e scelto gli apostoli, veramente Maria è stata sua Madre, veramente Gesù ha donato il suo Spirito ai santi. Veramente Dio chiama i suoi figli tramite il Battesimo, veramente chiama ognuno alla sua vocazione ed ha un disegno di amore unico e irripetibile per ciascuno. Non è un Dio teisticamente inteso, bensì è il Dio che agisce e opera. E ha dato ai suoi santi la vita eterna ed essi dal cielo agiscono con lui. La sua vita risplende nell’amore dei suoi santi che sono vivissimi con lui.
Allora, veramente se noi diciamo l’Ave Maria, la Madonna ci ascolta. Lei accompagna Gesù che cambia la storia del mondo, chiamando ogni singolo uomo e donandogli una specifica vocazione: veramente la Madonna agisce con lui, veramente i santi sono vicini: veramente i Protomartiri romani pregano per noi, veramente santa Chiara e santa Melania pregano per noi, veramente sant’Antonio, san Francesco, sant’Ignazio di Loyola e tutti i santi ci sono vicini. Questa presenza viva dei santi riempie di calore la vita degli uomini: le apparizioni di Maria nella storia sono un vero “aiuto alla fede” perché ci attestano che la Madonna ci vuole veramente bene e che veramente viene vicino a noi, in nostro soccorso.
Questa cosa non è in dubbio, perché se questo fosse in dubbio sarebbe in dubbio la stessa fede, cioè la vicinanza di Dio e dei suoi santi alla Chiesa che ora vive in terra. La vicinanza di Maria alla Chiesa – e con essa le apparizioni della Madonna – sono una cosa sola con la fede stessa, anche se non siete tenuti a credere a ogni singola apparizione. Chi non crede ad una singola apparizione, non è un eretico; ma se qualcuno non crede che la Madonna ci aiuta e prega per noi, allora quella persona è eretica e sta indebolendo la fede cattolica. La fede cattolica crede che la Madonna è talmente vicina che può tranquillamente apparire per sostenere la fede dei cristiani.
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Pensate ad un fatto concreto che ci attesta oggi la fede nell’opera di Maria: ogni volta che papa Francesco, torna da un viaggio, si reca a Santa Maria Maggiore a venerare l’icona della Madonna, perché vuole ringraziarla per averlo accompagnato anche in quel suo viaggio. Papa Francesco è testimone, con quel gesto, dell’operare concretissimo della Vergine.
3/ La Madonna chiama gli uomini alla preghiera, perché senza la preghiera non si può essere felici
Terzo punto fermo: è vero che la Madonna, ogni volta che è apparsa, ha dato agli uomini un messaggio sull’importanza della preghiera. E lo ha dato perché lei in terra ha pregato e perché in cielo intercede.
Se anche uno affermasse che i “veggenti” di Medjugorje riferissero parole non autentiche, resta nondimeno vero che sempre la Vergine ha detto: «Pregate». Perché? La Vergine vuole che noi preghiamo, Maria invita alla conversione. Ci vuol dire, sempre, ben al di là di Medjugorje, che non solo è una cosa buona che la gente preghi, ma che è una cosa necessaria. La preghiera non è un’opzione possibile fra le tante.
La preghiera cambia veramente la storia del mondo. Pensate a Teresa di Lisieux che pregò perché un condannato a morte si convertisse e ciò avvenne nell’ultimo istante della sua vita.
Lei, donna di clausura, lesse solo dopo su di un giornale che quel condannato, prima di morire decapitato, baciò il crocifisso: Teresa era convinta che la sua preghiera era in grado di cambiare il cuore di quell’uomo.
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Le apparizioni di Maria nella storia ci dicono che senza preghiera il mondo non si converte: non è possibile cambiare il mondo senza preghiera. Ci dicono che senza preghiera il nostro cuore non si converte! Se anche i messaggi di Medjugorje non fossero veri, il messaggio di Maria sarebbe lo stesso, a partire dalle apparizioni di Lourdes o di Fatima. Lo dico con forza. Non si tratta solo di dire: «I messaggi di Medjugorje sono o non sono veri». Si tratta di porgere comunque un annunzio: Maria ha pregato in terra e dal cielo ci invita a riscoprire la preghiera. Senza preghiera non riusciamo a trovare Dio.
Ci pensavo anche in questi giorni, al fatto che in realtà in alcuni momenti della giornata mi dimentico completamente di Dio, se non prego. Non appena, invece, prego le Lodi mattutine o i Vespri, ecco che mi ricordo di Dio e mi dico: «Devo ringraziare il Signore, questo mare così bello che ho davanti agli occhi me lo ha regalato Lui».
Senza la preghiera l’animo dell’uomo s’inaridisce; senza la preghiera l’animo dell’uomo non è più in comunione con Dio. Non è vero che si è in comunione con Dio senza la preghiera; senza la preghiera, il nostro cuore si allontana da Dio. Dio è sempre vicino a noi, ma siamo noi che ci allontaniamo da Lui.
4/ La preghiera dell’Ave Maria è biblica e teologicamente vera
Quarto punto: la preghiera dell’Ave Maria. Voi sapete che la preghiera dell’Ave Maria è una preghiera bellissima perché nasce dal Vangelo stesso. Nella prima parte dell’Ave Maria noi ripetiamo il Vangelo. Chi ama la Bibbia trasforma, con l’Ave Maria, la Scrittura in preghiera. È come se ci immedesimassimo prima con l’angelo che dice a Maria: «Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te». Noi, insomma, preghiamo con le parole dell’angelo, siamo felici come l’angelo che la saluta. E poi ci immedesimiamo con Elisabetta che dice: «Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù».
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Chi rifiuta l’Ave Maria, rifiuta la Bibbia, rifiuta la Scrittura, rifiuta la Parola stessa di Dio.
Nella seconda parte, poi, dell’Ave Maria, noi che abbiamo proclamato la Parola di Dio – che non è rimasta solo una lettura, ma è già diventata un canto, una preghiera – la trasformiamo ulteriormente in preghiera dicendo: «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi». Noi tutti ti preghiamo, Maria, perché sei veramente la madre di Dio, sei la madre del vero Dio fatto uomo: «Prega per noi». Noi sappiamo che la tua preghiera ha forza.
La fede non è solo una narrazione: non basta che io racconti la storia di Maria. Io devo rendere la storia di Maria la mia preghiera: io devo pregare con le parole che sono state dette a Maria dall’angelo e da Elisabetta, che sono Parola di Dio della Scrittura.
5/ La fede del popolo che ama Maria ha un grande valore: guai a una fede che sia solo dei dotti
Quinto punto. Questo luogo è un luogo che ci dice che la fede deve essere anche popolare: una fede che non fosse di tutto il popolo non sarebbe una fede vera. Noi intellettuali, gente borghese, gente dei quartieri chic di Roma, abbiamo a volte la puzza sotto il naso e abbiamo un senso di disprezzo per chi dice il rosario, per chi dice le preghiere: diciamocelo pure, ogni tanto ci sentiamo superiori alla gente semplice che prega. Questo è profondamente sbagliato e pericolosissimo. Quando si perde il contatto con il popolo, questo è un dramma. È uno dei più grandi drammi della fede quando la Chiesa perdere il popolo, rischiando di divenire solo chiesa dei colti e degli intellettuali: la Chiesa perderebbe se stessa e Cristo stesso!
Se le persone che studiano e riflettono si dimenticano che la fede di una vecchietta è più grande della loro fede è un disastro completo. A volte un teologo non ha una preghiera viva, una fiducia, una speranza come quella vecchietta che prega chiedendo al Signore di dare la pace al mondo. Questo è uno dei punti più belli del magistero di papa Francesco, il quale ripete che la fede deve essere popolare e spiazza tutti i teologi che non parlerebbero mai della pietà popolare se non lo facesse il papa – e talvolta non ne parlano nemmeno se il papa ne parla!
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Pensate al fatto che papa Francesco ogni volta che è dinanzi ad una statua della Madonna vuole toccarla. Se voi lo osservate in video, ogni volta che c’è un’icona o una statua, papa Francesco non solo la guarda, ma la tocca. Fa esattamente il gesto che fanno le persone semplici qui, dinanzi alla Madonna o al crocifisso.
A Firenze papa Francesco ha detto: «La Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: “Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro”. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contattocon il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte».
Senza don Camillo non si può annunziare il Vangelo. Una cosa ci deve far meditare: il popolo ama Maria. Non solo: nei santuari mariani la gente si converte, nei santuari mariani c’è il popolo, a Medjugorje in particolare ci sono i giovani! Notate bene: questo non vuol dire necessariamente che le apparizioni di Medjugorje siano vere, ma vuol dire certamente che i giovani, a volte, non trovano uno spirito di preghiera nelle nostre parrocchie, oppure vi trovano una preghiera che è troppo complicata, che è troppo elucubrativa, che è troppo astratta. E allora si recano nei santuari.
Che la gente abbia una fede semplice è un miracolo, che deve interrogare anche i teologi. La preghiera in un santuario mariano, nella sua semplicità, è più “forte” di una lectio divina complicatissima fatta dal sottoscritto a cui, infatti, vengono solo dieci persone. La mia lectio potrebbe essere ancora più intelligente, ancora più preparata, ma non toccare il cuore. Questa semplicità del popolo – e dei giovani, di tanti giovani – ci spiazza: eppure è per papa Francesco una caratteristica della Chiesa di Gesù[4]. Anche se i messaggi di Medjugorje dovessero non risultare veri, l’esigenza di una preghiera semplice resterebbe vera e cristiana lo stesso, perché lo stesso avviene a Lourdes, lo stesso avviene a Fatima, lo stesso avviene a Cuba, lo stesso avviene a Buenos Aires[5].
6/ Chi non ama il fratello non conosce Dio
Sesto punto previo alla questione di Medjugorje. La fede ci invita con forza a rifiutare il linguaggio divisivo, quel linguaggio orrendo di chi lotta senza riconoscere che l’altro è un fratello e senza riconoscergli tale dignità.
Ci sono taluni che attaccano sempre il papa e ci sono altri, a volte teologi intelligentissimi, che attaccano quelli che attaccano il papa. Sono pochi sia gli uni che gli altri, ma fanno chiasso e al mondo sembra che esistano solo loro e non la maggioranza silenziosa che, come sempre, tiene in piedi il mondo. Diciamo meglio: ai giornalisti fa comodo dare voce solo agli uni e agli altri, perché il mondo delle comunicazioni vive di contrasti, di opposizioni, di bianco e nero, mentre la vera cultura è fatta di sfumature[6].
Scusate l’espressione, ma questi individui litigano fra di loro ragazzini: «Tu hai detto questo e io allora ti rispondo piccato. E io allora ti contrattacco su questo. E io su questo. E così via». Fanno – e tragicamente fanno fare alla Chiesa – la figura di bambini che perdono tempo a litigare dinanzi al mondo intero, al posto di cercare l’unità. Noi, invece, dobbiamo ritrovare l’unità che è tipica dei battezzati. È tristissimo vedere persone anche di grande levatura che si attaccano come ragazzini. E questo sui social o sui quotidiani, cioè in pubblico.
Nella prima Lettera ai Corinzi, san Paolo – poiché i cristiani di quella città stanno litigando – dice: «Già per voi è una sconfitta che abbiate liti tra di voi, ma è ancora più grave che voi le liti le volete risolvere dinanzi a giudici pagani». Accadeva cioè che i cristiani, al posto di trovare pace fra di loro, non solo litigavano, ma erigevano a giudici delle loro liti persone non cristiane. Litigare su Facebook vuol dire cercare il plauso di chi cristiano non è, sbandierando il proprio fastidio e mostrando a gente che non conosce la Chiesa dall’interno una lite che è fra fratelli.
Paolo dice: «Il fratello cita l’altro in giudizio e per di più dinnanzi ai pagani!». Noi dobbiamo, invece, riscoprire la nostra unità grande, forte. Papa Francesco ha più volte ricordato che la divisione nella Chiesa è un male e che chi pronuncia parole di divisione fa il male della Chiesa, fa male all’annunzio del Vangelo[7].
7/ Più specificamente sulla questione di Medjugorje
Le cose fin qui dette sono vere e bisogna partire da tali punti fermi, mostrando che c’è un’unità di tutti i cristiani su di essi e che l’unità precede quella che è la legittima pluriformità successiva – nella Chiesa c’è sempre un’unità di fondo e solo a partire da questa unità esistono legittime differenze[8]. Io ritengo che sia necessario partire sempre dalle cose certe e comuni e solo dopo arrivare quelle discutibili.
È certo che Dio interviene nella storia, è certo che Dio interviene tramite i suoi santi e la Madonna in particolare, è sicuro che Maria può apparire nella storia, è certo che desidera che noi cresciamo nella preghiera, è vero che la nostra fede deve accogliere con più attenzione il popolo e i modi semplici della preghiera e della vita cristiana e così via.
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A questo punto c’è spazio anche per le questioni dibattute. Innanzitutto non possono che essere dibattute tutte le vicende che non si sono ancora concluse e quindi sono aperte a sviluppi inaspettati. I “veggenti” affermano che la Madonna parla ancora loro e quindi, comunque, le “apparizioni” non sono concluse: non è possibile emettere un verdetto definitivo di riconoscimento già per questo solo motivo. Solo per fornire un esempio diverso, non si può canonizzare qualcuno finché non si è chiusa la sua vicenda, finché non è morto.
La Chiesa ha, sulle apparizioni mariane nella storia e similmente sulle canonizzazioni, una pazienza sconfinata. Se uno dicesse: «Quanto è santo don Alberto!», lui risponderebbe: «Calma, datemi ancora alcuni anni di vita perché, sino a che io non sono arrivato al termine, voi non potete pronunciare un giudizio su di me».
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La Chiesa dice, allora, che la Madonna appare veramente nella storia, che è apparsa a Fatima, che è apparsa a Lourdes, che è apparsa altrove. La Chiesa crede con sicurezza che la Madonna è veramente vicina, che non è bene che la fede in Dio sia fredda disprezzando il modo in cui i santi di Dio aiutano il popolo. La Chiesa dice che senza la preghiera non si salva il mondo.
E poi si prende il suo tempo legittimo per valutare ciò che è avvenuto a Medjugorje: «Vediamo, calma, aspettiamo che passi un secolo e poi dopo si vedrà».
Nel caso di Medjugorje, comunque, ci sono già degli elementi di discussione, alcuni certamente positivi e altri probelmatici. Tutti gli interventi romani pubblici su Medjugorje insistono, infatti, sulla realtà delle conversioni di chi viene in pellegrinaggio, sulle confessioni celebrate, sulla riscoperta della preghiera e della carità in tanti pellegrini. Questo è certamente vero e questo non solo è bene, ma è molto buono.
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Sembra, inoltre, che i “veggenti” siano ritenuti dalla commissione come persone in buona fede[9].
Invece vengono rilevati da più parti due questioni che sono sotto esame.
In primo luogo una eccessiva presenza di figure che hanno mediato i messaggi, rispetto alle altre apparizioni già note nei secoli. Molti messaggi, infatti, non sono stati resi pubblici direttamente dai “veggenti”, ma dai frati francescani della parrocchia. Alcuni dei primi messaggi sembravano addirittura entrare in questioni troppo minute ed interne alla parrocchia stessa. Questo è una prima cosa sulla quale la Chiesa attende e indaga per vedere più chiaro. Abitualmente altre persone a cui è apparsa la Madonna nella storia rivelavano direttamente le sue parole, senza alcun filtro, senza alcuna ulteriore mediazione di persone che avrebbero a loro volta fornito la versione ufficiale dell’apparizione stessa. Si presentavano e dicevano: “La Madonna ha detto questo”, oppure dicevano che una figura che nemmeno avevano identificato con la Madonna aveva pronunciato determinate frasi e lo dicevano senza confrontarsi prima con nessun sacerdote.
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Un secondo elemento che è certamente peculiare di Medjugorje – e assolutamente diverso dalle apparizioni note – è dato dal numero dei messaggi, dalla loro frequenza quotidiana e dal loro essere ormai assolutamente svincolati dal luogo stesso di Medjugorje. I veggenti affermano, infatti, che finora la Madonna continua ad apparire loro, indipendentemente agli uni rispetto che agli altri, e appare loro mentre sono in diversi luoghi della terra, semplicemente fissando loro un determinato orario. In questo modo le apparizioni e i messaggi sono ormai decine di migliaia e tale numero cresce di giorno in giorno. Qualcuno dei “veggenti” afferma di vederla o di ricevere messaggi ogni giorno, altri di riceverne solo in alcuni giorni del mese.
Un teologo ha detto una volta che, se tutti questi messaggi fossero veri, sarebbe come se i “veggenti” si trovassero ormai al di là della storia, nella situazione che tutti vivremo un giorno di piena visione, mentre essi, e noi con loro, siamo ancora in cammino in attesa del Paradiso. Questo fatto è strano e diverso da tante altre apparizioni della Madonna, dove Maria è estremamente sobria nel parlare e la sua sobrietà ha, in quelle apparizioni, conferito maggior rilievo alle singole parole dette[10].
Ma queste discussioni – sulle quali non è bene anticipare conclusioni finché la Chiesa non si esprimerà (se si esprimerà) – non spostano di una virgola il fatto che la Madonna viene a visitare la terra, che la Madonna ci è vicina e che appare nella storia, e che ci conferma su alcune cose, come la preghiera, che sono evidentemente fondamentali. Quindi noi, uniti, camminiamo insieme, anche se l’uno o l’altro la pensa diversamente su Medjugorje, perché abbiamo in comune la fede cattolica, la fede nella quale il ruolo carico di calore e di affetto di Maria è saldo, è saldo che il suo apparire nella storia è un aiuto alla fede, è forte la nostra fiducia nella provvidenza di Dio e nel valore dell’intercessione di Maria e dei santi. Potremmo dire che è salda la nostra fiducia nella preghiera dell’Ave Maria che compendia tutto questo.
Allora in questo luogo, dopo aver pregato il rosario, ricevete ora la benedizione di Dio, certi dell’intercessione della Vergine.
Note al testo
[1] In apertura di Amoris laetitia papa Francesco ricorda che questo atteggiamento oppositivo delle opposte fazioni preclude agli uni e agli altri, a chi vuole tutto conservare e a chi vuole tutto cambiare, ogni vera comprensione dei problemi: «I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche» (AL 2).
[2] «La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica. Per questo l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. […] È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni, Prefazione, 3; il documento è del 2011).
[3] Dante Alighieri, Commedia, Paradiso, XXXIII.
[4] Si pensi alla prima intervista di papa Francesco a padre A. Spadaro, concessa alla Civiltà Cattolica e ripubblicata su L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 216, Sab. 21/09/2013: «E, ovviamente, bisogna star bene attenti a non pensare che questa infallibilitas di tutti i fedeli di cui sto parlando alla luce del Concilio sia una forma di populismo. No: è l’esperienza della “santa madre Chiesa gerarchica”, come la chiamava sant’Ignazio, della Chiesa come popolo di Dio, pastori e popolo insieme. La Chiesa è la totalità del popolo di Dio». «Io vedo la santità nel popolo di Dio, la sua santità quotidiana. C’è una “classe media della santità” di cui tutti possiamo far parte, quella che di cui parla Malègue». Il Papa si sta riferendo a Joseph Malègue, uno scrittore francese a lui caro, nato nel 1876 e morto nel 1940. In particolare alla sua trilogia incompiuta Pierres noires. Les Classes moyennes du Salut. Alcuni critici francesi lo definirono «il Proust cattolico». «Io vedo la santità – prosegue il Papa – nel popolo di Dio paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati, i preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso perché hanno servito il Signore, le suore che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta. Questa per me è la santità comune. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza come hypomoné, il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma anche come costanza nell’andare avanti, giorno per giorno. Questa è la santità della Iglesia militante di cui parla anche sant’Ignazio. Questa è stata la santità dei miei genitori: di mio papà, di mia mamma, di mia nonna Rosa che mi ha fatto tanto bene. Nel breviario io ho il testamento di mia nonna Rosa, e lo leggo spesso: per me è come una preghiera. Lei è una santa che ha tanto sofferto, anche moralmente, ed è sempre andata avanti con coraggio». «Questa Chiesa con la quale dobbiamo “sentire” è la casa di tutti, non una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità». La stessa sensibilità sul grande rispetto che merita la spiritualità del popolo ritorna nell’omelia nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, III Domenica di Pasqua, 14 aprile 2013: «Nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi “nascosti”, una sorta di “classe media della santità”, come diceva uno scrittore francese, quella “classe media della santità” di cui tutti possiamo fare parte». Il concetto di “popolo di Dio”, inteso nella sua composizione semplice e popolare, comprendente tutti, ritorna continuamente nel magistero di papa Francesco. Si veda in particolare il testo programmatico di Evangelii Gaudium: «La Chiesa proclama «il vangelo della pace» (Ef 6,15) ed è aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande. Nell’annunciare Gesù Cristo, che è la pace in persona (cfr Ef 2,14), la nuova evangelizzazione sprona ogni battezzato ad essere strumento di pacificazione e testimonianza credibile di una vita riconciliata. È tempo di sapere come progettare, in una cultura che privilegi il dialogo come forma d’incontro, la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni. L’autore principale, il soggetto storico di questo processo, è la gente e la sua cultura, non una classe, una frazione, un gruppo, un’élite. Non abbiamo bisogno di un progetto di pochi indirizzato a pochi, o di una minoranza illuminata o testimoniale che si appropri di un sentimento collettivo. Si tratta di un accordo per vivere insieme, di un patto sociale e culturale» (EG 239).
[5] Cfr. anche Papa Francesco, quando predica contro una teologia complicata, non predica contro la teologia di papa Benedetto, bensì contro l’astrattezza di noi catecheti, teologi e pastoralisti. Nota di Andrea Lonardo.
[6] Il rischio del bianco e del nero è presente anche nell’apologetica cattolica. Cfr. su questo Un’apologetica che vuole stravincere è destinata a perdere. Per un’apologetica moderata. Breve nota di Andrea Lonardo.
[7] Solo per offrire uno dei tanti esempi possibili, si veda la sintesi dell’omelia della messa del 12/5/2016 nella cappella di Santa Marta: «Dove “i cristiani si fanno la guerra fra di loro” – afferma Papa Francesco – “non c’è testimonianza”: “Dobbiamo chiedere tanto perdono al Signore per questa storia! Una storia tante volte di divisioni, ma non solo nel passato… Anche oggi! Anche oggi! E il mondo vede che siamo divisi e dice: ‘Ma che si mettano d’accordo loro, poi vediamo… Come, Gesù è Risorto ed è vivo e questi – i suoi discepoli – non si mettono d’accordo?’. Una volta, un cristiano cattolico chiedeva a un altro cristiano d’Oriente – cattolico pure: ‘Il mio Cristo resuscita dopodomani. Il tuo quando resuscita?’. Neppure nella Pasqua siamo uniti! E questo nel mondo intero. E il mondo non crede”. “È stata l’invidia del diavolo – spiega il Papa – a far entrare il peccato nel mondo”: così, anche nelle comunità cristiane “è quasi abituale” che ci siano egoismo, gelosie, invidie, divisioni, “e questo porta a sparlare uno dell’altro. Si sparla tanto!”. In Argentina – nota – “queste persone si chiamano ‘zizzaniere’: seminano zizzania, dividono. E lì le divisioni incominciano con la lingua. Per invidia, gelosia e anche chiusura! ‘No! La dottrina è questa!”. La lingua – osserva il Papa – “è capace di distruggere una famiglia, una comunità, una società; di seminare odio e guerre”. Invece di cercare una chiarificazione “è più comodo sparlare” e distruggere “la fama dell’altro”».
[8] Cfr. su questo Principi direttivi nell’elaborazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, di Christoph Schönborn.
[9] Diverso è il caso di alcuni dei “padri spirituali” che hanno accompagnato i “veggenti”, poiché in alcuni casi essi hanno ingenerato problemi.
[10] Qui l’obiezione è ancora seria. Fra l’altro non è emersa solo recentemente, bensì era già stata espressa al tempo di papa Benedetto XVI, dal cardinal Tarcisio Bertone in televisione e le sue dichiarazioni sono state poi da lui ripetute nel volume L’ultima veggente di Fatima, Rai-Rizzoli, pp. 103-107.