In 5 racconti di Grazia Deledda
di Angela Mattei
È una raccolta di cinque deliziosi racconti di Grazia Deledda, nota scrittrice nuorese premio Nobel per la letteratura nel 1926, il volumetto La Madonna del topo e altri raccontiappena uscito per i tipi delle edizioni Dehoniane (Bologna, 2017, pagine 88, euro 8). Ambientati in Sardegna, i racconti sono quadretti icastici della vita popolare dell’isola, fatta di miseria, lavoro e devozione religiosa, in cui dominano le figure femminili.
Innanzitutto la Vergine. Ne La Madonna del topo è nel ritratto di una giovane Madonna acquistata, apparentemente, per scongiurare una invasione di topi nei campi di grano, in Festa al convento è la Madonna del Monte in onore della quale si mobilita tutto il convento di Montalto; ne Il dono di Natale, infine, è protagonista nella celebrazione del giorno della nascita di Gesù.
Ma i racconti pullulano anche di donne normali, semplici, portavoce della antica mentalità sarda, quasi sempre intrappolate in ruoli e doveri a cui sentono di non appartenere più e che sono destinate inevitabilmente a seguire gli istinti del proprio animo, peccaminoso agli occhi della comunità.
Due temi si impongono, comuni ai cinque racconti: la devozione religiosa e il binomio peccato – espiazione che domina tutta la produzione letteraria della scrittrice, ma che in questi brevi scritti si presenta in una forma più lieve. La fede religiosa è vissuta in una dimensione non tanto intima, quanto corale, attraverso la partecipazione dell’intera comunità a feste e processioni.
Ne La porta stretta i paesani fermano le attività quotidiane per lasciare spazio all’allegria e ai canti, mentre in Festa al convento abbiamo una spaccato della vita quotidiana delle monache impegnate nella preparazione di un ricco banchetto. In queste due rappresentazioni del sentire popolare, anche gli uomini e le donne di chiesa mettono da parte frugalità e povertà e appaiono in una veste tutta umana: la madre superiora del convento di Montalto accetta da una delle suore, per pagare i debiti contratti per la festa, un dono, che si rivelerà anche il simbolo di una vita passata nei confronti della quale è ancora vivo il senso di colpa nella anziana suor Vittorina. E i tentativi di padre Maxia di convincere i suoi parrocchiani che la vita non è altro che una porta stretta difficile da passare, vengono derisi finanche dai priori durante il banchetto dopo la messa solenne.
La coralità della vita religiosa domina anche l’ultimo racconto, Il dono di Natale, il più delicato della raccolta, in cui il fidanzamento ufficiale di una povera ragazza con un giovane benestante avviene la notte di Natale, con tutta la famiglia riunita per celebrare nel giorno della nascita del Salvatore, l’inizio di una nuova vita per un componente della famiglia. Nello stesso racconto, parallelamente alla festa di fidanzamento, un’altra famiglia, attende, nella sua estrema povertà, un dono misterioso, un bimbo, che nasce proprio mentre le campane della chiesa intonano il Gloria.