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I volti della missione

Vatican Insider - pubblicato il 03/02/17

Nathalie e Xavéra. Due suore, due volti, che incarnano lo spirito missionario delle Suore di Santa Dorotea di Cemmo. Correva l’anno 1962 quando l’Istituto religioso inviava le prime missionarie in Argentina. Nel 1972 toccò al Burundi, poi la presenza si estese all’Uruguay, al Brasile, al Congo e al Camerun. E, oggi, sono 80 le religiose impegnate nell’attività missionaria supportata e seguita passo dopo passo dal ramo onlus che porta la caratterizzazione «Farsi Vicino» per esprimere uno stile di azione missionaria dentro il carisma educativo dell’Istituto.  

Suor Nathalie, congolese, lavora in Burundi a Matongo lì dove transitano i ribelli che entrano ed escono dalla foresta. Aiuta 70 giovani dai 15 ai 26 anni a imparare un mestiere, a raggiungere un’autonomia: due anni di studio tra corsi e laboratori per apprendere una professionalità (taglio e cucito, preparazione del sapone, informatica…). Accompagnamento spirituale ed educazione alla vita. Al centro c’è la condizione femminile con il «problema culturale» delle donne che si sposano molto presto e che, oltre a sopportare il carico di lavoro, dipendono in tutto e per tutto dalle autorizzazioni rilasciate dal marito. «Queste ragazze hanno bisogno sì di aiuti materiali ma soprattutto hanno bisogno di ascoltare la Parola ed essere consigliate sulla vita quotidiana».  

È possibile, nonostante tutto, «parlare di Dio». Il retaggio della guerra è dietro l’angolo, ma oggi «le persone a volte sono in grado di perdonare chi ha ucciso. La misericordia è spesso vissuta per davvero». In Burundi ci sono due tribù (hutu e tutsi) in perenne conflitto tra di loro, ma «la gente delle periferie ha capito che vivere insieme aiuta sempre e stanno cercando di superare le ferite del passato». Matongo è pur sempre un piccolo paese periferico. Le persone fanno anche 20 km per arrivare alla parrocchia. Le suore proseguono nel loro impegno (la catechesi, il foyer, le attività manuali e sportive…) e le giovani si sentono accolte. Se guardano al futuro, l’obiettivo è di strutturare in modo più forte i foyer in modo che, al termine della formazione, si possano aprire anche delle piccole attività. Diversamente, l’unico mestiere all’orizzonte è l’agricoltura.  

Dal lavoro alla salute. Sempre in Burundi, ma nella parrocchia di Murayi (a 25 km da Gitega), opera da 12 anni suor Xavéra. Lavora al centro sanitario come infermiera in un dispensario costruito negli anni Ottanta dalle Dorotee. «Gli ammalati – racconta – hanno paura di andare all’ospedale perché non hanno i soldi. Restano a casa e si presentano all’ultimo momento. Ci sono malattie, come l’Aids, che creano molti emarginati. Ci sono persone che passano nei quartieri a informare e sensibilizzare sulle malattie». La marginalizzazione incomincia a diminuire e gli anziani sono molto rispettati. Nell’esperienza della malattia e della sofferenza «vedo la gioia e la speranza di trovare la guarigione. Quando arrivano ammalati in situazioni molto critiche, leggo nei loro occhi la speranza e trovo la forza e la gioia di andare avanti. Tanti, quando entrano, sanno di avere a disposizione delle medicine per curarsi. Serve un lavoro capillare nella comunità per capire chi sta male. Lo Stato non aiuta, se non hai i soldi, muori a casa. Al dispensario i costi sono ridotti e nei casi più disperati sono completamente gratuiti». E questo è possibile grazie alla collaborazione e al sostegno dell’A.C.I.S.S. onlus e all’Istituto che si attiva per raccogliere le esigenze del territorio di missione e a cercare i contributi necessari. 

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