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Perché vale la pena di riguardare più volte “Ricomincio da capo”

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Columbia Pictures | MoviestillsDB.com

Paul Asay - pubblicato il 02/02/17

C'è un significato nascosto in questo classico di Bill Murray

“Ricomincio da capo” è stato accolto con grande calore, se non con entusiasmo, quando è uscito nel 1993. Ha guadagnato circa 70 milioni di dollari, e i critici hanno detto che la commedia di Bill Murray era divertente ma irrilevante. Persino il critico del Washington Post Desson Howe, che ha detto che il film era “abbastanza buono”, ha aggiunto che “Ricomincio da capo non sarebbe stato tra i film registrati nel National Film Registry”.

Ma nel 2006 “Ricomincio da capo” è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Questa commedia apparentemente ordinaria – l’ultimo film che vede l’opera congiunta di Murray e del regista Harold Ramis (che ha lavorato con Murray in Ghostbusters, e che è morto nel 2014) – è ora pacificamente riconosciuta come un classico. E sapete una cosa? Forse è proprio questa la commedia più spirituale che potreste mai vedere.

La premessa è questa: l’egocentrico meteorologo Phil Connors (Murray) viaggia con la sua nuova produttrice Rita (Andie MacDowell), e con il sarcastico cameraman Larry (Chris Elliott). Sono diretti a Punxsutawney (Pennsylvania) per la Giornata della marmotta, in cui vedranno la marmotta “Punxsutawney Phil” osservare la propria ombra. Ahimè, Phil (il meteorologo, non la marmotta) odia Punxsatawney. Odia tutto di essa, dal fatiscente hotel ai bifolchi locali. E odia soprattutto “Groundhog Day”, la Giornata della marmotta. Phil non vede l’ora che arrivi il 3 febbraio.

Ma il 3 febbraio non arriva. Quando Phil si sveglia la mattina dopo, è ancora Groundhog Day. La mattina successiva succede la stessa cosa. E anche quella dopo ancora. Intrappolato in un loop temporale, non riesce a capire come uscirne.

I buddisti accolgono l’arrivo della Giornata della marmotta con un particolare sollievo: l’infinita Groundhog Day di Phil ricorda loro la reincarnazione, in cui si resta intrappolati in un ciclo infinito di morte e rinascita fino a raggiungere la condizione ideale. Ma anche i cristiani possono trovare un sacco di spunti. Molti cattolici credono che il “giorno senza fine” di Phil assomigli molto al purgatorio.

Per me, la forza del film deriva dalla possibilità di Phil di approfondire una delle più grandi domande della vita: Per quale diamine di motivo siamo qui? Qual è il senso della vita? O, più precisamente, cos’è che dà senso alla vita?

Nel Giorno della marmotta, Phil passa attraverso tre fasi distinte:

Mangia, bevi e divertiti, perché domani inizierà tutto daccapo

“Cosa faresti se tu fossi bloccato nello stesso posto, e ogni giorno fosse esattamente identico, e nulla di ciò che hai fatto prima avesse importanza?” chiede Phil a un compagno di bevute.

La risposta è ovvia, o almeno lo è per chi non ha alcun fondamento spirituale. Cosa faresti? Tutto ciò che voglio.

Quella sera, Phil inizia la sua esperienza di epicureismo, coinvolgendo la polizia in un inseguimento sfrenato attraverso la città. Nel corso dei giorni successivi, farcisce di pancetta il suo pasticcio (non bisogna preoccuparsi del colesterolo, giusto?). Ruba dei camion blindati e compra una Mercedes. Seduce delle donne bellissime e, infine, si imbarca nel tentativo di conquistare la sua bella produttrice, Rita.

È qui che si trova lo scopo, crede Phil. Cerca di riempire l’eternità con i piaceri fugaci del sensoriale. E, per un po’, sembra divertirsi.

Ma l’amore fugge da lui, insieme al significato di ogni cosa. Rita resiste ostinatamente al fascino di Phil, e ogni giorno si conclude con uno schiaffo alla faccia. Gli interminabili giorni passati a mangiare e le infinite notti passate a bere diventano ripetitive. E quella che sarebbe potuta sembrare un’esistenza da sogno è diventata un vero incubo.

Una mattina vediamo Phil a letto che fissa il soffitto. Ripete a pappagallo le stesse battute sentite alla radio, giorno dopo giorno, con un pathos amaro.

“In piedi campeggiatori, camperisti e campanari! Mettetevi gli scarponi, oggi fa freddo”.

Uccidetemi e basta

Phil non trova il senso della vita nei piaceri sensoriali. Il che significa – ancora una volta, per chi non ha una base spirituale – che la vita deve quindi essere priva di significato. Si scivola dall’epicureismo al nichilismo, e lui spende decine di Giorni della marmotta semplicemente cercando di farla finita.

Si butta da una rupe. Niente da fare. Prende l’elettricità in una vasca da bagno. No. Salta giù da un campanile. Ma non importa cosa faccia, la mattina dopo lui è sano come un pesce.

Infine, in preda alla disperazione, confessa tutto a Rita.

È buffo, non è vero? A volte, l’unica cosa che ci costringe a fare i cambiamenti necessari nella nostra vita è toccare il fondo. Parlate con chiunque abbia una storia forte da raccontare, e spesso vi diranno che il giorno peggiore della loro vita è stato il punto di svolta che li ha spinti al cambiamento. Dobbiamo perdere la speranza, per trovarla di nuovo. Abbiamo bisogno di capire quanto siamo deboli, prima di poter confidare nella forza di Dio.

Più tardi quella stessa notte, quando Rita si addormenta, Phil fa un’altra confessione. “Sei la più gentile, la più dolce e più bella persona che abbia incontrato nella mia vita”, le dice. “Non merito qualcuno come te. Ma se mai potessi farlo, giuro che ti amerò per il resto della mia vita”.

Il giorno dopo, per la prima volta da molto tempo, Phil si sveglia con qualcosa che assomiglia alla speranza. Forse vede in Rita uno scopo che non ha mai avuto, che lo porta a interessarsi e a prendersi cura degli altri. Forse è un desiderio improvviso di diventare una persona migliore, il tipo di persona che potrebbe meritare qualcuno come Rita. Qualunque sia la ragione, Phil sembra destinato a fare del Giorno della marmotta il giorno più bello di sempre… non per lui, ma per tutti gli altri.

Dare un senso ad ogni minuto

Phil diventa il Buon samaritano di Punxsutawney. Quando un bambino cade da un albero, lui è lì per prenderlo. Quando una ruota si sgonfia, lui è sul marciapiede con un nuovo pneumatico. In uno dei momenti più toccanti del film, cerca di salvare più volte un anziano senzatetto.

“Perché è nel dare che si riceve”, ha detto una volta San Francesco, e Phil scopre che è vero.

Al termine dell’ennesimo Giorno della marmotta, Phil e Rita trascorrono una serata insieme, e Rita ammira la profondità di quest’uomo. E Phil – pur avendo vissuto innumerevoli giorni in un loop infinito – si trova a provare uno strano stato d’animo: è felice.

“A dispetto del mio domani”, le dice, “sono felice perché ti amo”.

In quel momento, qualcosa sembra cambiare. In quel momento, Phil è grato.


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“Vuoi vedere il cielo sulla terra?”, mi ha detto una missionaria di recente. “Sii grato per oggi”. È semplice, ma così vero. Siate grati per i doni che Dio vi ha dato. Siate grati persino per le prove, perché è attraverso di loro che noi impariamo e cresciamo. Siate grati, mi ha detto.

Alla fine del Giorno della marmotta, Phil impara ad essere grato, anche per un giorno senza fine. E, nella sua gratitudine, il ciclo si rompe. Il suo tempo in purgatorio è giunto alla fine.

Penso che la maggior parte di noi a volte viva in una sorta di Giorno della marmotta. Ci perdiamo nella monotonia di una settimana lavorativa, o nei piaceri dei sensi. Ci dimentichiamo di ciò che è importante. Ci chiediamo cosa dovremmo fare con la nostra vita, anche quando la risposta è proprio davanti a noi. “In ogni cosa rendete grazie”, dice Paolo nella sua lettera ai Tessalonicesi.

È così facile da dimenticare. È bello aver un ottimo film che ce lo ricordi.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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