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Il veleno di incolpare l’immigrazione di tutti i mali

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AFP PHOTO / ANDREJ ISAKOVIC

César Nebot - pubblicato il 26/01/17

Brexit, l'Europa confusa e Donald Trump

Pochi mesi fa ho scritto un articolo sulla Brexit in cui mi sono concentrato sulle conseguenze economiche che sarebbero accadute a breve termine. Conseguenze che spesso sono come le onde del mare, che colpiscono una barca quando un’altra barca si allontana da essa; all’inizio la barca tende a capovolgersi, ma dopo un po’ questo effetto diminuisce.

Tuttavia, nel lungo periodo vi è un effetto grave e preoccupante. Il Regno Unito, che si è sempre vantato della sua sovranità e del fatto che fosse l’artefice del proprio destino, ha abbandonato la nave dell’Unione europea, persuaso da un movimento politico populista che prometteva di poter gestire meglio la crisi chiudendo l’area di libera circolazione delle persone, l’area Schengen.

Sebbene la crisi iniziata nel 2008 sia stata principalmente economica, la Brexit si è basata su argomenti di ordine sociale e politico: dare la colpa all’immigrazione e riconquistare la sovranità ceduta all’Unione europea.

Incolpare l’immigrazione di tutti i mali economici è un veleno che, nel bel mezzo di una crisi sociale, potrebbe mettere a repentaglio la coscienza europea. Vengono alimentati populismi che perseguono situazioni politiche di scontro e stanno riprendendo voce partiti ultra conservatori (un tempo apparentemente marginali, considerati stantii) che incolpano gli immigrati di ogni male.

Alla base dell’Unione europea risiede la consapevolezza di dover evitare il tipo di scontro che ha portato alla seconda guerra mondiale.

In Germania il movimento nazista ha strumentalizzato la crisi politica e sociale del periodo tra le due guerre per conquistare il potere, dando la colpa a chiunque fosse straniero o di razza diversa e trasformando queste categorie nel bersaglio di tutta la rabbia.

Dopo quell’orrore, si previde per l’Europa l’istituzione di una sorta di Stati Uniti d’Europa che garantisse uno spazio di libertà e di sviluppo umano. Di conseguenza, un’Europa contagiata da un populismo che demonizza l’immigrazione non sarebbe più l’Europa allora progettata per non cadere più nell’incubo fratricida.

Dopo la Brexit, Donald Trump ha vinto la presidenza degli Stati Uniti d’America con un’altra campagna populista contro l’immigrazione. Ciò che del ventesimo secolo pensavamo aver superato, è tornato in una rappresentazione grottesca di se stesso. Quello che sembrava impensabile fino a pochi anni fa, si sta verificando e sta incoraggiando quei partiti europei continentali che vedono in questo tipo di messaggi la possibilità di guadagnare potere politico e influenza sociale.

Inoltre i media, soltanto un anno fa, erano pieni di notizie che mostravano le tremende condizioni subite da intere famiglie di rifugiati siriani in fuga dalla guerra. Oggi le notizie riguardano altro, nonostante la forte ondata di freddo che congela i sogni di sopravvivenza di queste famiglie abbandonate nei campi profughi.


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L’Europa non solo è diventata insensibile al dolore umano; l’Europa ha smesso di essere lo spazio di sviluppo umano a cui aspirava in seguito alla seconda guerra mondiale.

Noi non siamo quello che diciamo, ma a definirci è quello che facciamo. E sulla questione dell’immigrazione stiamo andando tristemente indietro. La nostra Europa, in quanto progetto, sta svanendo. Di questo passo, in pochi anni correremo il rischio che la storia si ripeta e ci chiederemo come sia stato possibile. Ma non è stato possibile, lo abbiamo reso possibile.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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