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Dal Centrafrica agli Usa, il concistoro multicolore di Francesco

Cardinali alla Messa in San Pietro

© Gabriel BOUYS / AFP

Iacopo Scaramuzzi - Vatican Insider - pubblicato il 19/11/16

Alle tradizionali «visite di calore» uomini di Chiesa di Paesi teatro di drammi di ieri e di oggi, dall’Albania alla Siria al Venezuela

Le bandiere dell’isola Maurizio e la riproduzione del mosaico della cappella di Damasco, i berretti gialli e le camicie sgargianti, con tanto di faccia di papa Francesco stampata sulla stoffa, dei pellegrini centrafricani – cattolici, protestanti, musulmani – e i cori da stadio dei numerosi fedeli messicani, i copricapo orientali e lo stile spigliato e cordiale statunitense. Nel pomeriggio di oggi in Vaticano vanno in scena, come vuole la tradizione, le «visite di calore» ai 16 nuovi cardinali «creati» in mattinata da papa Francesco nel Concistoro che ha presieduto a San Pietro (il porporato del Leshoto, quasi 90enne, non è riuscito a viaggiare fino a Roma). Un’occasione di festa multicolore, ma anche il memento di un mondo percorso da morti e violenze.

Dopo il terzo concistoro di Jorge Mario Bergoglio, che ha costantemente premiato pastori «con l’odore delle pecore», diocesi periferiche, continenti sotto-rappresentati, le visite pomeridiane, oggi, non si sono svolte nel Palazzo apostolico, ma, dall’altro lato di una piazza San Pietro percorsa fino a sera dagli ultimi pellegrini desiderosi di attraversare la Porta santa del Giubileo che si conclude domani, solamente negli ambienti della più sobria aula «Paolo VI». Passati i controlli di sicurezza cortesi ma stringenti, una lunga fila di parenti, fedeli, semplici curiosi si è incamminata dentro il Vaticano per salutare, fare una foto, o un selfie, con i nuovi porporati.

Tra i più «gettonati» da fedeli e giornalisti, appena varcato l’ingresso, un ultraottantenne,l’albaneseErnest Simoni, fino a stamattina semplice prete, vittima nel corso della sua vita delle persecuzioni del regime comunista. «Questo dono del Santo Padre – si legge nell’immaginetta che distribuisce – è per me uno stimolo ulteriore a farmi strumento della salvezza delle anime, nel suo nome. Solo in Cristo c’è la salvezza e oggi il mondo ha più che mai bisogno di questo annuncio».

Sotto il palco dell’aula «Nervi», un’altra folla fa la fila per l’italiano Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, paese dove persecuzioni e sangue sono cronaca dell’oggi. «Credo che anche le autorità abbiano capito che la Santa Sede ha il cuore in Siria, mentre altri paesi hanno fatto altre scelte», commenta, a quanto riporta Lapresse. «Dopo l’annuncio della nomina i patriarchi, i vescovi, la gente, erano entusiasti perché ora la Siria è l’unico paese che ha un Nunzio cardinale, quindi non siamo dimenticati».

Attorno a lui compare il patriarca maronita del Libano Bechara Boutros Rai, tre esponenti ortodossi di Damasco, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e il presidente Marco Impagliazzo lo ascoltano mentre, alle spalle del Nunzio Cardinale, il cardinale arcivescovo di Lima Juan Luis Cipriani attende il suo turno.

Nell’immaginetta che distribuisce è riprodotto il mosaico di padre Marko Rupnik della cappella della Nunziatura a Damasco, un Cristo Risorto con il costato sanguinante tra i santi Pietro e Paolo.

A pochi metri, l’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, è circondato di pellegrini della Repubblica Centrafricana. Per il concistoro è venuto a Roma anche il presidente del paese lacerato da annose violenze, dove il Papa ha «anticipato» l’avvio dell’Anno santo aprendo la locale Porta della misericordia. Attorno al Neoporporato è una distesa di berretti giallo fosforescenti, camicie sgargianti, e la foto di papa Francesco in occasione della sua visita («Gango ti tobwa Francisco»). «Siamo circa 200, cattolici ma anche protestanti e musulmani», racconta padre Richard Tende, «domani torniamo a San Pietro per la conclusione del Giubileo, martedì visitiamo una chiesa protestante e una moschea qui a Roma».

Quando arriva alla sua postazione il cardinale ultraottantenne Renato Corti scoppia l’applauso. Ai fedeli non distribuisce un’immaginetta ma il suo libro «Guai a me se non evangelizzo» (Ancora).

Una fila che dura tutto il pomeriggio, e dove prorompono di tanto in tanto coretti di gioia, attende di salutare il messicano Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla, mentre lo spagnoloCarlos Osoro Sierra, arcivescovo di Madrid, è circondato per tutte le due ore delle «visite di calore» da un nugolo di suore, sacerdoti, fedeli, mentre un gruppo di fedeli belgi chiacchiera accanto a Jozef De Kesel, arcivescovo di Bruxelles.

Più sparuto il numero di fedeli per Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dhaka, in Bangladesh, Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo di Mérida, in Venezuela, il brasiliano Sérgio da Rocha, arcivescovo di Brasilia, John Ribat, arcivescovo di Port Moresby in Papua Nuova Guinea, Anthony Soter Fernandez, arcivescovo emerito di Kuala Lumpur in Malaysia, e – punteggiato di bandierine Maurice Piat, vescovo di Port Louis nell’Isola Maurizio.

Molti fedeli, nonché giornalisti, anche per i tre cardinali statunitensi. Kevin Joseph Farrell, prefetto del nascituro Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, saluta fedeli del passato e colleghi del futuro. Blase J. Cupich, arcivescovo di Chicago, stringe mani, chiacchiera, risponde alle domande. Il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, si ferma a parlare a lungo con lui. Infine il terzo statunitense, Joseph William Tobin, arcivescovo di Indianapolis recentemente trasferito dal Papa nella più estesa diocesi di Newark, ride, abbraccia, si intrattiene con molti fedeli, tra di essi molte suore. Il Redentorista, per un paio di anni numero due della Congregazione vaticana per i Religiosi, riceve anche la visita del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato emerito, che ricorda i vecchi tempi e gli augura buon lavoro.

Tra i nuovi porporati si aggirano gli altri cardinali: Bagnasco, Betori, Vegliò, Mamberti, Sarah. C’è il brasiliano Claudio Hummes, c’è l’arcivescovo emerito dell’Havana Jaime Ortega, uomo-chiave del disgelo tra Stati Uniti e Cuba. Il prefetto della Congregazione dei Religiosi, Joao Braz de Aviz, è in clergyman, l’arcivescovo di Boston, il cappuccino Sean O’Malley, come di consueto, è in saio. Il prelato dell’Opus Dei, monsignor Javier Echevarria, compare puntuale come a ogni concistoro. A salutare i nuovi cardinali arrivano, sul concludere delle visite, il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu, e il «ministro degli Esteri» della Santa Sede, monsignor Paul Richard Gallagher.

Con il concistoro odierno i cardinali elettori diventano 121 (erano 115 sia nel Conclave del 2013 che ha eletto Jorge Mario Bergoglio che in quello del 2005 che ha eletto Joseph Ratzinger). In termini percentuali, dal 2005 l’Europa passa dal 50,4 al 44,6, il Nord America dal 12,2 al 14, Messico America Centrale e Meridionale dal 16,5 al 14, Africa dal 9,6 al 12,4, Asia dal 9,6 all’11,6, Oceania dall’1,7 al 3,3. L’Italia passa dal 17,4 al 20,7%. Percentuali che, almeno in parte, avvicinano la composizione del Collegio cardinalizio alla geografia del popolo cattolico, che, notoriamente, è maggioritario in America latina, cresce in Asia e Africa, diminuisce negli Stati Uniti e in Europa. In base all’«Annuario statistico vaticano» pubblicato a marzo scorso con i dati del 2014, su oltre un miliardo e 272 milioni di cattolici in tutto il mondo, il 22,6% vive in Europa (oltre 287 milioni), il 6,9% in America del Nord (oltre 87 milioni), il 41,9% vive in America Centrale e Meridionale (oltre 532 milioni), circa l’11% in Asia (oltre 139 milioni), quasi il 17 in Africa (oltre 214 milioni), lo 0,8% in Oceania(oltre 10 milioni). Il 4,56% dei cattolici del mondo vive in Italia. I cardinali vengono dunque dai paesi più disparati, non di rado toccati da violenze e guerre. Una realtà alla quale ha fatto riferimento il Papa quando, nell’omelia mattutina, ha sottolineato che la Chiesa deve vigilare affinché il «virus della polarizzazione e dell’inimicizia» presente nel mondo «non occupi il nostro cuore, perché andrebbe contro la ricchezza e l’universalità della Chiesa che possiamo toccare con mano in questo Collegio Cardinalizio. Proveniamo da terre lontane, abbiamo usanze, colore della pelle, lingue e condizioni sociali diversi; pensiamo in modo diverso e celebriamo anche la fede con riti diversi. E niente di tutto questo ci rende nemici, al contrario, è una delle nostre più grandi ricchezze».

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