Dove sbaglia "La verità sta nel cielo" di Roberto Faenza
Il film sul rapimento di Emanuela Orlandi, accaduto il 22 giugno 1983, finisce nel mirino della critica di Famiglia Cristiana.
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Alla vicenda della Orlandi «sono dedicate poche scene. Raccontano l’angoscia in cui precipita la famiglia e gli ostacoli riscontrati fin dalle prime ricerche, anche perché Emanuela è cittadina vaticana».
«Delle decine di piste inseguite dagli investigatori in oltre 30 anni di inchieste, tutte concluse con un nulla di fatto, il regista intreccia quelle che finiscono direttamente dentro il Vaticano. Le più improbabili, ma anche le più adatte a costruire una trama inevitabilmente ideologica e anticlericale».
L’ARCHIVIAZIONE
Fin qui la dura reprimenda del settimanale cattolico. Intanto va detto che la procura di Roma ha chiesto e ottenuto recentemente l’archiviazione dell’inchiesta sulle sparizioni della Orlandi e dell’amica Mirella Gregori (scomparsa il 7 maggio 1983). Gli indagati per il duplice sequestro di persona erano sei, alcuni dei quali legati a esponenti della banda della Magliana (Corriere della Sera, 5 maggio 2015).
LA PRIMA IPOTESI
Il film di Roberto Faenza, invece, prova a rilanciare due ipotesi che sono state scartate dalla Procura. La prima ipotesi si basa sostanzialmente sulle dichiarazioni di un pentito della banda della Magliana (Antonio Mancini, detto “Nino l’Accattone”), giudicato inattendibile da più corti d’Assise, secondo il quale la povera Emanuela fu rapita per far pressione sulla restituzione di capitali mafiosi della Magliana affidati allo IOR di monsignor Marcinkus.
Ipotesi che aveva formulato anche il giudice Rosario Priore, teorizzando che quei soldi (una ventina di miliardi di lire), prestati a usura dalla Magliana allo IOR, sarebbero stati impiegati per finanziare Solidarnosc. In pratica la Santa Sede per finanziare la buona causa del sindacato polacco di Lech Walesa avrebbe chiesto soldi alla nota organizzazione criminale.