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Il biografo di Benedetto XVI: “Decidersi per il celibato non fu facile per lui”

Ratzinger

© CPP/CIRIC

Card. Joseph Ratzinger (2002)

Vatican Insider - pubblicato il 07/09/16

Non è stato discreto Peter Seewald, giornalista e autore di libri intervista prima con il cardinale Joseph Ratzinger e poi con Benedetto XVI. In un’intervista pubblicata sul settimanale tedesco «Die Zeit» ha raccontato che il Papa emerito ha vissuto negli anni della giovinezza un «grande amore» che avrebbe reso più complicata la scelta per il celibato. Ma questo episodio non è mai comparso nei libri-intervista di Seewald, quelli pubblicati e quelli non ancora pubblicati. Dopo la pubblicazione della breve autobiografia a sua firma edita da San Paolo, fu chiesto all’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Ratzinger se c’erano stati e, se sì, perché non avesse citato eventuali amori giovanili. Il porporato aveva risposto con un sorriso, dicendo che aveva già superato il numero di cartelle concordate con l’editore.

Questo amore, ha spiegato Seewald, «gli causò molti tormenti interiori. Dopo la guerra, per la prima volta, c’erano delle studentesse. Era davvero un bel giovane, elegante, un esteta che scriveva poesie e leggeva Hermann Hesse». «Uno dei suoi compagni di studio mi ha raccontato – aggiunge il giornalista – che Joseph Ratzinger faceva effetto sulle donne e anche il contrario. Decidersi per il celibato non fu facile per lui».

Anche di altri Pontefici della storia recente sono noti episodi simili. Che Karol Wojtyla, giovane e aitante attore, esercitasse fascino sulle donne è risaputo. Come pure è risaputo che almeno una delle sue compagne di palcoscenico si era innamorata di lui, anche se alla fine non era stata ricambiata.

Un invaghimento giovanile, anzi in questo caso adolescenziale, è attestato anche per Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII, il quale, tredicenne, scrisse un componimento intitolato «Santa Marinella 1889», dal quale si evince una simpatia per una ragazza, «verginella, grata, dolce, pietosa, docile, pura», invitata con quei versi a diventare «più vaga d’olezzante fiore», per risplendere «qual fulgente stella, per virtute e per beltà». È piuttosto evidente l’ispirazione dantesca di queste parole. Di quale fanciulla si trattava? Fra le ragazze che frequentavano le sorelle e la cugina Adele, ad Onano, ce n’era una di nome Lucia, per la quale Eugenio doveva essersi invaghito. Molti anni più tardi, la sera della sua elezione al pontificato, avvenuta il 2 marzo 1939, l’allora parroco di Onano, don Matteo Alfonsi, racconterà a un cronista in piazza San Pietro che «se Lucia avesse detto sì, oggi non ci sarebbe un papa Pacelli», lasciando dunque intendere che la ragazza avrebbe rifiutato la dichiarazione di Eugenio. La stessa notizia è confermata nei diari dello scrittore Giovanni Papini che riporta i racconti dei vecchi di Onano. Evidentemente quella simpatia di Eugenio per Lucia era risaputa in paese.

Infine Papa Francesco. Da cardinale, dialogando con l’amico rabbino Abraham Skorka, Bergoglio aveva parlato di essere stato molto colpito da una ragazza. Rispetto agli altri casi qui citati, questo è l’unico raccontato di persona dall’interessato in un libro («Il cielo e la terra»). «Quando ero seminarista – ha raccontato Bergoglio – mi colpì una ragazza che avevo conosciuto al matrimonio di uno zio. Rimasi sorpreso dalla sua bellezza, dalla sua luce intellettuale… e restai confuso un bel po’, mi girava la testa. Quando tornai in seminario dopo il matrimonio non riuscii a pregare per un’intera settimana perché quando mi disponevo a farlo nella mia testa appariva l’immagine della ragazza. Dovetti ripensare a cosa facevo. Ero ancora libero perché ero seminarista, potevo tornarmene a casa e addio a tutto. Dovetti ripensare alla mia scelta. Scelsi di nuovo – o mi lasciai scegliere di nuovo – il cammino religioso. Sarebbe anormale se non accadessero cose del genere. Quando accadono, bisogna ricollocarsi. Bisogna vedere se si torna a fare la stessa scelta o si dice: “No, questa cosa che sto provando è molto bella, ho paura di non essere in seguito fedele al mio impegno, lascio il seminario”. Quando succede una cosa del genere a un seminarista, lo aiuto ad andarsene in pace, ad essere un buon cristiano e non un cattivo sacerdote».

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