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Sanders, Morales e Correa a discutere l’enciclica più amata dai Teocon

Vatican Insider - pubblicato il 02/07/16

Che a discutere dell’enciclica «Centesimus annus» la Pontificia Accademia di scienze sociali abbia chiamato, tra gli altri, anche due capi di Stato latinoamericani come Evo Morales (Bolivia) e Rafael Correa (Ecuador), insieme al candidato alla nomination democratica Bernie Sanders è un segnale significativo.  Non bisogna infatti dimenticare che quel testo di Papa Wojtyla, la sua terza enciclica sociale dopo «Laborem exercens» (1981) e «Sollicitudo rei socialis» (1987), pubblicata 25 anni fa subito dopo la caduta del Muro di Berlino, viene ricordata come il documento magisteriale più in sintonia con le think-tank americane.

Il filosofo statunitense Michael Novak, in un saggio piuttosto critico verso alcuni passaggi dell’esortazione «Evangelii gaudium», ricordava di aver avuto modo di studiare i primi scritti di Giovanni Paolo II. E notava che Wojtyla «dal 1940 al 1978, quando si trasferì in Vaticano, era rimasto del tutto ignaro di economia capitalistica e di sistemi di governo democratici e repubblicani. Per arrivare ad afferrare i concetti sottesi a quella forma di economia politica, il papa polacco dovette ascoltare molto e imparare a esprimersi con un linguaggio completamente diverso».

Secondo Novak Giovanni Paolo II «seppe riconoscere» e valorizzare il «grande cambiamento sociale» avvenuto negli Usa proprio nell’enciclica «Centesimus annus». Giovanni Paolo II comprese immediatamente che oggi «il fattore decisivo è sempre più l’uomo stesso, e cioè la sua capacità di conoscenza che viene in luce mediante il sapere scientifico, la sua capacità di organizzazione solidale, la sua capacità di intuire e soddisfare il bisogno dell’altro». Il filosofo cattolico statunitense citava poi il paragrafo 42 della stessa enciclica, nel quale Papa Wojtyla «definisce brevemente il suo capitalismo ideale, come sistema economico che scaturisce dalla creatività, sotto l’egida della legalità, e “il cui centro è etico e religioso”».

Dunque, secondo il filosofo americano, propugnatore della santa alleanza tra cattolicesimo e capitalismo, la Chiesa con il pontificato di Giovanni Paolo II avrebbe compiuto un percorso di avvicinamento. E a motivare questo avvicinamento, il culmine sarebbe rappresentato dalla «Centesimus annus» ci sarebbero concrete motivazioni storiche. Da qui l’augurio rivolto da Novak a Papa Francesco, nella speranza che abbia «modo di sviluppare il suo pensiero sull’economia politica per segnalare il modo più efficace per aiutare i poveri a risalire la china delle ristrettezze e delle privazioni. Sono certo che consiglieri e collaboratori sono già al lavoro e mi auguro che prenderanno spunto dalle conclusioni che Giovanni Paolo II stilò forse con qualche riluttanza nel brano 42 di “Centesimus annus”, basandosi sull’esperienza concreta, per indicare una strada ponderata».

Ecco teorizzato e argomentato qui un «dogma»: la Chiesa parli pure dei poveri e della carità, ci ricordi che dobbiamo fare l’elemosina, ci faccia i suoi richiami etici, combatta le sue battaglie in difesa della vita e contro la deriva di certi costumi nelle decadenti società occidentali, ci ricordi che dobbiamo cercare di essere buoni e onesti. Ma non si azzardi neanche a porre una domanda sul sistema attuale del capitalismo, quel sistema che senza avere ormai più contatti con l’economia reale, vede uno strapotere della finanza.

Va ricordato che negli anni successivi, anche durante il pontificato di Benedetto XVI, le stesse think-tank teocon non si sono sentite più così a loro agio come nel caso di «Centesimus annus» e hanno criticato l’enciclica ratzingeriana «Caritas in veritate», arrivando a voler separare le parti del documento attribuibili direttamente alla penna del Pontefice da quelle di alcuni dicasteri vaticani. Con le parole chiare sull’«economia che uccide» di Papa Francesco, l’incantesimo si è rotto del tutto.

La presenza al convegno sull’enciclica wojtyliana di personalità come Morales, Correa e Sanders segna un ulteriore distanza. Il candidato alle primarie per i democratici ha detto che la situazione, oggi, è «peggiore» rispetto all’epoca di Leone XIII, «nel 2016 l’un per cento della popolazione del pianeta possiede più benessere del restante 99 per cento». E 25 anni dopo la «Centesimus Annus» «è ancora più grave la speculazione, i flussi finanziari illeciti, la distruzione ambientale e l’indebolimento dei diritti dei lavoratori. Gli eccessi della finanza, la diffusa criminalità finanziaria a Wall Street, hanno svolto un ruolo diretto nel causare la peggiore crisi finanziaria del mondo dalla Grande depressione».

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