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Quell’unicorno nei mosaici della Basilica di San Giovanni a Ravenna

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Daniel R. Esparza - pubblicato il 17/06/16

Come mai questo animale mitologico si trova in una chiesa del 5 secolo?

La chiesa di San Giovanni Evangelista a Ravenna è stata commissionata dall’imperatrice Placidia nel 424. L’imperatrice stava viaggiando nel Mare Adriatico per raggiungere Ravenna (dove avrebbe dovuto assumere la reggenza dell’Impero Romano d’Occidente) quando scoppiò una tormenta. Placidia, che era sulla nave con i figli Giusta e Placido Valentiniano (futuro Imperatore Valentiniano III), fece una preghiera a San Giovanni, chiedendogli di condurli sani e salvi a Ravenna.

Ancora oggi sulla porta della chiesa si può leggere l’inscrizione in marmo: “Galla Placidia, suo figlio Placido Valentiniano Augusto e sua figlia Giusta Grata Onoria hanno rispettato i voti presi per essere stati salvati dalle intemperie del mare”.

Oggi però la Basilica è diversa da quella dei tempi di Galla Placidia: nel VII sec. è stata realizzata la prima espansione della navata centrale, e nel XII e XIII sec. i crociati ne hanno apportate delle altre. Nel XVII sec. c’è poi stata un’altra serie di ristrutturazioni e nel XX sec. – dopo che per errore i bombardieri alleati hanno distrutto quasi interamente la facciata occidentale – la Basilica è stata ricostruita, seppur con gli stessi materiali di prima.

E proprio in uno dei lavori di ristrutturazione del XIII sec. è stata introdotta la figura dell’unicorno. Abbot William aveva commissionato una serie di mosaici, originariamente inseriti nei pavimenti della Basilica, per commemorare la Quarta Crociata (e la riconquista di Zara e Costantinopoli). Ma tra le scene storiche, ne sono state aggiunte anche alcune ispirate ai miti e al folclore medievale. Tra cui anche una sirena e, appunto, un unicorno. Ma cosa possono avere in comune un unicorno e il cristianesimo?

Tutto potrebbe essere nato da una cattiva traduzione. La Bibbia menziona gli unicorni, per quanto sia difficile crederlo. Non una, e neanche due volte, ma ben nove volte, in totale. Per la maggior parte dei biblisti il problema di fondo è dato dalla traduzione sbagliata della parola ebraica re’em, che significa “bue” o “bufalo”. Altri fanno notare che questo re’em si riferisce invece ai rinoceronti, che la Bibbia descrive come animali incredibilmente forti. È interessante riflettere sul fatto che ci sono anche rinoceronti con un corno solo, il che renderebbe la presenza degli unicorni (la bestia chiamata re’em) nella Bibbia qualcosa di un po’ più logico.

Traduzione a parte, il fatto è che la figura mitologica dell’unicorno ha trovato un posto tutto suo nell’iconografia cristiana, al punto da diventare un simbolo cristologico. Per quanto possa sembrare stravagante, l’unicorno è considerato essere un’immagine di Cristo nel’iconografia medievale. Ma perché?

Una leggenda medievale basata sul Fisiologo (bestiario redatto ad Alessandria d’Egitto da autore ignoto fra il II e il IV secolo) descrive l’unicorno come un animale che nessuno è in grado di catturare, tranne che una vergine. Attratto dalla purezza della giovane immacolata, l’unicorno si sarebbe addormentato sul grembo di lei. Solo a quel punto i cacciatori avrebbero potuto cacciarlo. Gli esegeti cristiano hanno percepito e interpretato la leggenda come un’allegoria dell’Incarnazione di Cristo: il Creatore dell’Universo, impossibile da contenere, si rende umano e vulnerabile nel grembo di Maria immacolata.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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