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Roberto Carlos, l’artista “senzatetto” di papa Francesco

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Aleteia - pubblicato il 20/01/16

Nella sua vita ha vissuto un mezzo miracolo... ora vive sotto un tetto con la moglie e la figlia

La sollecitudine di papa Francesco per i senzatetto ha tratti molto concreti. Questa settimana, il pontefice ha aiutato a far sì che duemila poveri e immigrati si godessero uno spettacolo del circo Rony Roller. È stato Roberto Carlos Leyva, 34enne di Orihuela (Alicante, Spagna), ad aprire lo spettacolo con una canzone dedicata al papa: “Andiamo, che Francesco ci proteggerà. / Lasciate tutto, che Dio ci guiderà. / Credete nel papa, che è buono e ci aiuterà. / Gli angeli cantano: Francesco è universale”.

Ángel Gómez Fuentes, corrispondente a Roma di ABC, ha raccontato la sua storia, quella di uno dei 3.300 senzatetto che vivono, o meglio sopravvivono, a Roma. La storia di qualcuno che confida ciecamente nel papa dei poveri e delle periferie. La storia di Roberto Carlos, che grazie alla carità della gente e dei religiosi vive finalmente sotto un tetto, in una stanza in affitto, con la moglie Eva Torres, di 45 anni, e la figlia di questa, Isabel, di 16.

Il cantante ha raccontato ad ABC com’è nata la sua passione per la musica. Suo padre, anche lui appassionato di musica, ha deciso di chiamarlo Roberto Carlos in ricordo dell’omonimo cantante brasiliano. Roberto ha studiato musica, e dopo essersi guadagnato da vivere con la canzone di un programma televisivo è rimasto disoccupato, con un contenzioso con una casa discografica, e ha conosciuto l’umiliazione, il disprezzo e la depressione del senzatetto che dorme in strada.

Ha fatto molti lavori, dal musicista al rottamatore. Se ne è andato dalla Spagna per i tanti problemi che aveva. È andato a Liverpool e poi a Brighton per guadagnarsi la vita cantando in strada, ed è sempre stato accompagnato da Eva e dalla figlia Isabel. Da mesi cerca fortuna nelle vie di Roma, confidando in Francesco.

Nel reportage dell’ABC si spiega come nella sua vita quotidiana non ci siano solo le canzoni. Spesso si verificano lotte e aggressioni. È una vita molto ostile: “In due occasioni degli zingari rumeni mi hanno bastonato. Ho avuto anche problemi con la Polizia municipale. Ho un permesso dal Comune per cantare per due ore di seguito nello stesso posto. Un giorno ero in Piazza di Spagna e un poliziotto mi ha cacciato a spintoni dopo venti minuti. Eva ha filmato l’aggressione”.

Hanno vissuto sotto le gallerie vicine al Vaticano o in una piccola tenda da campeggio nei boschi alla periferia di Roma.

La sua sorte e la sua vita sono cambiate quando un giorno è andato alle docce che sono state collocate su indicazione di papa Francesco sotto il colonnato del Bernini in Piazza San Pietro a beneficio dei senzatetto o degli immigrati senza una dimora fissa.

“Quel giorno mi si è avvicinato un sacerdote che si è interessato alla mia storia”, ha raccontato ad ABC. “Poi ho scoperto che era l’arcivescovo polacco Konrad Krajewski, l’elemosiniere del papa”.

Monsignor Krajewski seguiva così le istruzioni del pontefice: Francesco vuole che il suo elemosiniere cerchi i poveri, senza aspettare che questi vadano a bussare alle porte del Vaticano. Si è quindi stabilito un rapporto tra il cantante e l’elemosiniere, che si è concretizzato in un aiuto per permettere a Roberto Carlos di superare le tante avversità, a volte estreme, visto che è stato sull’orlo del suicidio due volte.

Ora ha ottenuto una stanza per 600 euro al mese e ogni giorno riceve circa 30 euro dalla gente che lo ascolta per strada. “Alcuni sono spagnoli che mi conoscono attraverso la televisione e mi aiutano”, ha confessato. Se le sue entrate non bastano, riceve l’aiuto dell’elemosiniere o di qualche istituzione religiosa.

Roberto Carlos lavora sei ore al giorno nella Piazza del Sant’Uffizio, dove canta per i passanti. Ha un sogno, quello che un giorno il Santo Padre lo possa ascoltare: “Cantare un giorno una canzone a questo papa, che è un santo”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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