Tutti conosciamo la sfida comune fatta alle persone credenti da parte dei convinti atei, secondo i quali Dio sarebbe nient’altro che un’idea proiettata dalla mente per aiutare la persona attraverso le difficoltà e le crudeltà della vita. Feuerbach, ad esempio, sosteneva che la religione è «il sogno della mente umana», Marx la definì «oppio dei popoli», Freud affermava che l’impulso religioso derivava dai desideri inconsci per«mitigare le paure dei pericoli della vita».
Si chiama “argomento della stampella” e ne ha parlatoPaul Copan, professore di Filosofia ed Etica presso la Palm Beach Atlantic University, in Florida. Analizzando questo argomento ha voluto criticare la tendenza a “psicologizzare” le persone credenti in Dio e ha confutato l’accusa del mondo laicista.
1) Innanzitutto lo stesso Sigmund Freud ha riconosciuto che la sua “psicoanalisi” della religione non aveva alcuna evidenza clinica a sostegno. Nel 1927, infatti, confessò a Oskar Pfister, uno psicoanalista e pastore protestante, che «le mie sono solo opinioni personali» e il suo punto di vista sulla proiezione religiosa aveva ben poco a che fare con l’esperienza psicoanalitica di persone credenti (S. Freud and O. Pfister, Psychoanalysis and Faith: The Letters of Sigmund Freud and Oskar Pfister, Basic Books 1962, p.117).
2) In secondo luogo, questo argomento cade nella cosiddetta fallacia genetica, che è l’errore di attribuire verità o falsità di una credenza in base alla sua origine e alla sua genesi. Ad esempio, anche se hai imparato l’italiano da un professore che poi è stato incriminato per falsa testimonianza, questo non significa che tu non sappia coniugare i verbi in modo corretto. E dunque, anche se fosse vero che tutte le persone credenti credono a Dio per motivi “psicologici” e non razionali, questo ancora non riesce a smentire l’esistenza di Dio. Può semmai far riflettere su quanto le proprie convinzioni siano adeguatamente fondate, ma di certo non dice nulla sulla loro verità o falsità.
3) In terzo luogo, si deve distinguere tra la razionalità della fede e la psicologia della fede. La psicologia della fede (come le persone arrivano a credere in Dio) è una questione distinta dalla razionalità della fede (perché ci sono buone ragioni per credere in Dio). Si può arrivare a credere in Dio per qualunque motivo, anche per semplice inconsapevole imitazione delle convinzioni dei propri genitori e, tuttavia, acquisire via via delle buone ragioni per continuare a credere in Lui. E anche se non si sanno (ancora) dare buone ragioni, questo non significa comunque che le nostre convinzioni siano sicuramente false (si veda il punto 2).
4) Quarto punto, è errato e assolutamente arbitrario affermare che tutto ciò che porta conforto e sollievo è necessariamente falso o inventato a questo scopo. Acquistare un’auto, ad esempio, aumenta certamente il confort di vita ma potrebbe non essere questo il motivo per cui la si è comprata, ma semplicemente perché la sede del nostro nuovo lavoro è lontana dalla nostra abitazione. Allo stesso modo, bere a colazione un tazza di tè in una giornata fredda aiuta certamente a scaldarci, ma non è detto che sia questo il motivo per cui l’abbiamo bevuta, semplicemente potevamo aver terminato le scorte di caffè. La fede porta conforto dalle difficoltà della vita? Anche in questo caso, il sollievo potrebbe essere una delle conseguenze secondarie e non il motivo principale per cui si ha fede in Dio. Perché decidere che una credenza deve essere sbagliata se risulta essere anche confortevole? E’ stato dimostrato, inoltre, che le persone in situazioni di stress spesso si rivolgono alla scienza, ma ovviamente nessuno avrebbe il coraggio di dire che la scienza nasce con il motivo di diminuire lo stress delle persone.