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Che idea hanno i musulmani dei cristiani?

Pope writes to Muslims about mutual respect – it

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 17/11/15

L'atteggiamento di un islamico è di superiorità. Ha una scarsa considerazione dei cristiani, ma li tollera

L’Islam prevede l’eliminazione fisica di chi predica una religione diversa? L’Islam concepisce l’esistenza di altri “credo religiosi”? L’Islam è una religione così radicale e anti-cristiana, come quella predicata dall’Isis?

Il salesiano Pier Giorgio Gianazza, docente di Filosofia e Teologia all’Istituto Teologico di Cremisan a Gerusalemme, all’Università di Betlemme e al Centro superiore di studi filosofico-teologici di Harissa (Libano), nel volume “I figli del Corano. L’islam oltre i luoghi comuni” (Edizioni Dehoniane Bologna) racconta l’Islam autentico, lontano da stereotipi e luoghi comuni che ogni qual volta accadono episodi di terrorismo pullulano tra l’opinione pubblica. L’Islam è ben altra cosa dal fondamentalismo e dall’estremismo.

ATTEGGIAMENTO SICURO
Ma don Gianazza è molto schietto. Ad un estraneo, evidenzia il docente, un fedele musulmano può apparire molto riservato, a causa della diffidenza nutrita verso chi proviene da altre culture religiose. Il suo atteggiamento è profondamente sicuro e sereno, data la radicata convinzione di appartenere alla vera, religione, come attesta il Corano: «La religione di Dio è l’Islåm» (3,19). Non solo è la vera, ma è l’unica: «Chiunque desidera una religione diversa dall’Islåm, il suo culto non sarà mai accettato, e nell’altra vita sarà tra i perdenti» (3,85).

IL TRIONFO DELLA RELIGIONE
Anzi, Dio vuole che questa religione prevalga sulle altre: «È lui che ha inviato il suo Messaggero a darvi la giusta direzione e la religione della verità, per farla trionfare su ogni altra religione; e come testimone, basta Dio» (48,28). E se non bastasse, il Corano incita alla lotta: «Combattete quelli che non credono in Dio e nell’ultimo giorno […] e quelli che non professano la religione della verità. Combatteteli finché non paghino umilmente il tributo, a uno a uno» (9,29).

PECCATORE
Questo, tuttavia, non porta il fedele musulmano a sentirsi o considerarsi buono e santo; né che nel comportamento possa mostrarsi superiore agli altri e tanto meno che debba usare la forza per far prevalere la vera religione di Dio, l’Islåm. Per il primo aspetto, sottolinea il salesiano, ogni musulmano si sente mancante e peccatore davanti a Dio (eccetto il peccato di «associazionismo» o politeismo e miscredenza), e per questo la sua prima preghiera è la richiesta di perdono a un Dio «clemente e misericordioso».

MODERATO
Per il secondo aspetto, prosegue don Gianazza, solo la fazione estremista, fanatica e terrorista assume la violenza come modalità per affermare i diritti di Dio e dell’Islåm. Il musulmano è solitamente un moderato, che sa che tutti gli uomini sono creati da Dio, e nel contesto reale si riferisce piuttosto ad altri versetti coranici che sostengono la libertà di culto, come: «Non vi sia costrizione nella religione» (2,256); e ancora: «O miscredenti, io non adoro ciò che adorate voi, né voi adorate ciò che adoro io. Io mai adorerò ciò che adorate voi, né mai adorerete ciò che adoro io. Tenetevi la vostra religione: io, la mia» (109,1-6).

CRISTIANI IMMORALI
Il fedele all’Islåm, invece, rimane colpito dal fatto che taluni cristiani non esternino e non si comportino pubblicamente come praticanti di una religione, neppure mostrandosi fedeli alle norme morali della loro tradizione. Per questo motivo i musulmani spesso trovano la società cristiana troppo permissiva e laica, una società, nota don Gianazza, dove uno si comporta come vuole e dove la religione è considerata quasi più come un affare personale e individuale che un ambito da sostenere e vivere anche pubblicamente. Considerano l’occidente moralmente riprovevole e sentono il dovere di diffondere l’Islåm, costituendo una società guidata dalle leggi islamiche, dove non vi siano distinzioni tra l’ambito religioso e politico.

DIFFIDENZA E SUPERIORITA’
Il fedele musulmano, nella sua totale sottomissione a Dio e allo sforzo per la sua causa, congiunti al suo senso innato di superiorità verso le altre religioni, può giungere a una condizione psicologica, conclude l’autore di “Figli del Corano”, non facile quando si trova a vivere in un ambiente d’inferiorità o addirittura di diffidenza e rifiuto nei suoi riguardi. Non sono improbabili diffidenza e pregiudizi diffusi verso i cristiani e gli occidentali, giudicati come persone dedite principalmente al profitto, agli affari, interessati sì alla scienza e alla tecnica, ma lontani da Dio e avulsi dalla pratica religiosa. Questo può facilmente suscitare in lui un atteggiamento non solo di precauzione, ma anche di superiorità.

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