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Nell’Antico Testamento il divorzio non era sempre un tabù

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 02/11/15

Le Sacre Scritture ci dicono che il divorzio è ammesso? Ci sono casi di matrimonio finiti con la separazione tra i coniugi? Oppure, per la Bibbia il divorzio era considerato un tabù?

Don Bruno Ognibeni docente ordinario di Teologia biblica presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, attraverso il suo volume “Il matrimonio alla luce dell’Antico Testamento” di prossima pubblicazione ci aiuta a sciogliere l’interrogativo.

LA MOGLIE “IN STATO SERVILE”
Nell’Antico Testamento, infatti, il divorzio è ammesso. C’è la facoltà della moglie di “stato servile” (cioè una donna data in sposa ad un uomo dalla sua padrona) di lasciare il marito-padrone nel caso che lui non le dia ciò che le spetta in quanto moglie(Es 21,10-11). Se decide di avvalersi di tale facoltà, la donna riacquista lo statuto di libera e perde quello di maritata, mentre il marito perde allo stesso tempo sia una serva che una moglie, senza alcuna compensazione pecuniaria.

I CASI DI HAGAR E LEVITA
Si tratta infatti senza alcun dubbio di scioglimento del vincolo matrimoniale, come accade a Hagar (Gen 21,14), non però per volontà sua, ma per decisione congiunta della sua padrona e di suo marito. Lascia il marito pure la concubina del Levita di cui abbiamo letto nel libro dei Giudici, (Gdc 19,2), ma non sappiamo se lo fa perché ritiene di essere stata lesa nei suoi diritti.

LA MOGLIE “LIBERA”
Se ha diritto di lasciare il marito inadempiente la moglie di stato servile, allora tanto più può godere di questo diritto la moglie libera (cioè senza una padrone che l’ha data in sposa ad un uomo). Una conferma ci viene dalla storia di Michal, la moglie che Davide abbandona quando deve fuggire per mettersi in salvo da Shaul: suo padre si ritiene libero di darla in moglie ad un altro (Sm 25,44).

GLI OBBLIGHI DEL MARITO
Come lui, agisce il suocero di Sansone, che se ne era andato via dopo la settimana nuziale: “ho creduto che l’avessi presa in odio e l’ho data al tuo amico” (Gdc 15,2). Un marito che se ne va di casa non adempie gli obblighi che ha preso nei confronti di sua moglie. Così facendo la libera da qualsiasi obbligo nei suoi riguardi e le dà il diritto di andare in moglie ad un altro uomo. Ambedue questi esempi mettono in evidenza l’importanza dell’atto formale di scioglimento del matrimonio.

UNA SCELTA ANCHE MASCHILE
Va rilevato, in ogni caso, che la scelta di divorziare è a disposizione sia dell’uomo che della donna. Nel codice deuteronomico si legge del novello sposo che “prende in odio” la sposa accusandola di non essere arrivata vergine alle nozze (Dt 22,13).

I CONTRATTI DI ELEFANTINA
Il divorzio molto probabilmente, spiega il biblista, avveniva persino con un atto formale, nel senso di una dichiarazione davanti a testimoni, come attestato dai contratti matrimoniali di Elefantina, che risalgono al V secolo a.C. In essi è infatti prevista l’eventualità che in futuro il marito oppure la moglie dichiari davanti alla comunità riunita di aver “preso in odio” il proprio coniuge, al quale deve conseguentemente versare “l’argento dell’odio”, una pena pecuniaria in cui incorre quello dei coniugi che prende la decisione di rompere il matrimonio.

I TRE MATRIMONI
Nell’Antico Testamento (Dt 24,1-4), prosegue Ognibeni, si evidenzia anche una legge che limita il diritto di risposarsi dopo aver divorziato. Un marito che scopriva in sua moglie un comportamento indegno e per questa ragione decideva di divorziarla, consegnava un documento certificante questa sua volontà e la mandava via da casa sua. Quella stessa donna, da lui divorziata, poteva andare allora in moglie ad un altro, il quale pure, per motivi che non sono specificati, aveva facoltà di divorziarla e mandarla via da casa sua dopo averle rilasciato l’apposito certificato, oppure dopo la morte lasciarla libera automaticamente di contrarre un terzo matrimonio. A quel punto la donna poteva contrarre le terze nozze ma non poteva mai risposarsi con il primo marito.

DIVORZIO “RACCOMANDATO”
Nei libri sapienziali, insomma, il divorzio è tranquillamente accettato, anzi raccomandato in alcuni casi. Interessante è soprattutto Sir 25,26, poiché menziona come causa di divorzio non l’infedeltà, ma l’insubordinazione della moglie.

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