Forse è meglio attendere le conclusioni dei padri sinodali?
Sappiamo però quali sono, già adesso, a cinque giorni dalla fine dei lavori, le due griglie di lettura scontate: (a) hanno vinto i difensori dell’ortodossia dottrinaria, i “resistenti” a Papa Francesco, la “buona fede“; (b) hanno vinto gli aperturisti, i sostenitori della pastorale della misericordia, i vicini al Santo Padre, quelli della “fede liquida”.
Ovviamente, alla fine lo schema sarà il solito: vincono o perdono i settori conservatori o i settori progressisti. Per dare fondamento a queste “letture” gli uni e gli altri spulceranno i documenti finali per trovare “la” frase (la parola, l’aggettivo, il periodo, la virgola …) sulla quale basare la propria analisi. E ciò non sarà fatto solo dalla stampa, dai vaticanisti (quelli veri, preparati ed esperti) e da quelli che si ritengono tali perché hanno scritto articoli sull’Obelisco di san Pietro o sul colonnato del Bernini. Sarà fatto anche da uomini di Chiesa, conosciuti e meno conosciuti, e forse da qualche padre sinodale.
Vuol dire che ci adegueremo anche perché, sapendo che questi scenari mediatici sono piuttosto lontani dal Sinodo vero e reale, c’è poco o nulla da fare contro i mulini di carta sia che girano da un lato sia che girano dal lato opposto.
Invece ci preoccupa molto di più un’altra dimensione, in generale quasi del tutto assente sia oltre le mura vaticane sia sulla stampa, e cioè l’immagine che la Chiesa e il Sinodo daranno – o potrebbero dare – ai fedeli semplici e non eruditi, che hanno faticato non poco a seguire seppure sommariamente queste tre settimane (premesso che lo abbiano fatto). Per loro la questione è semplice: il Papa ha convocato rappresentanze di tutti gli Episcopati del mondo per discutere sulla famiglia, sulla sua crisi e centralità, sulle sue gioie e speranze, e su i suoi fallimenti e debolezze. Poco o nulla capiranno di dottrina e pastorale, misericordia e verità, e altro.
La percezione è un primo contatto che può avvicinare oppure allontanare, rendere facile o difficile un incontro, un dialogo, il voler essere e stare insieme per Cristo e con Cristo.
Avremo la percezione di una Chiesa samaritana, di un ospedale da campo, senza porte, con i suoi pastori fuori, tra la gente e non asserragliati tra libri, pergamene e codici, una Chiesa coraggiosa che pur di abbracciare l’uomo e le sue sofferenze non teme di rischiare? Avremo una Chiesa con le mani sporche di vita e di sangue, di miseria e di dolori, di umanità sconfinata? Una Chiesa mite, umile, autorevole e non altezzosa, trionfante, piena di se? Una Chiesa che si dona senza condizioni come lo stesso Maestro? O una Chiesa calcolatrice, guardinga, tattica, meschina? Insomma, una Chiesa “mia” o una Chiesa solo di “alcuni”?
Ecco le percezioni più insidiose, che tra l’altro si descrivono da sole:
Chiesa divisa
Chiesa confusa
Chiesa crudele
Chiesa legalista
Chiesa altezzosa
Chiesa omofoba
Chiesa giustizialista
Chiesa desueta
Non è in gioco Gesù e il suo Vangelo, “ieri, oggi e sempre”. E’ in gioco l’anima e il vestito della sua santa Sposa.
Attendiamo con grande speranza e “santa pazienza”.