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E se i migranti fossimo noi?

200 migrants sit in a boat during a rescue operation – it

AFP PHOTO / MARINA MILITARE

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 30/07/15

Nel romanzo "L'onda opposta" le vicende di italiani in fuga dalla crisi economica sulla rotta Lampedusa-Tunisia

E se fossero gli italiani a dover partire su un barcone compiendo la rotta inversa a quella dei tanti disperati che stanno sbarcando sulle nostre coste in cerca di un avvenire migliore, o anche di un avvenire punto e basta, considerate le situazioni di guerra o di fame da cui fuggono? In tempi di protratta crisi economica per l’Occidente e il nostro Paese, l’ipotesi forse è improbabile, ma non impossibile. E’ questo lo spunto narrativo del romanzo “L’onda opposta” delle Edizioni Haiku con la ong Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), scritto a quattro mani dalla giornalista Patrizia Caiffa e dal vice direttore di Caritas italiana, Paolo Beccegato. Valeria, giovane meridionale, aspirante giornalista insoddisfatta e Pino, camionista lombardo che ha appena perso il lavoro, con a carico moglie e figli, decidono di dare una svolta al momento difficile che stanno vivendo tentando il “viaggio della speranza” dei migranti sul Mediterraneo in senso inverso. Nella rotta da Lampedusa alla Tunisia, sulla barca i due protagonisti si ritrovano insieme una quindicina di italiani, di tutte le età ed estrazioni sociali, di diverse regioni, che raccontano le loro vite e i problemi che li hanno spinti a partire, cercando di cavalcare “l’onda opposta”. Un romanzo che intende far riflettere, attraverso la lente dell’ironia, su tematiche complesse della nostra società quali la capacità degli italiani di trovare risorse per fronteggiare la crisi insieme alle ragioni dell’accoglienza di chi cerca una nuova terra per viverci in pace, come spiega ad Aleteia uno degli autori, Paolo Beccegato.

Cosa succede a un gruppo di italiani che cercano un futuro sulle rotte del Mediterraneo?

Beccegato: Abbiamo utilizzato un punta di vista invertito per cogliere meglio, come in una specie di gioco di ruolo, le dinamiche dell’emigrazione con gli occhi di chi le vive sulla propria pelle. Non è impossibile che succeda che degli italiani si trovino a percorrere le rotte inverse dei flussi migratori nel nostro Paese; magari non su un barcone, avendo sicuramente delle risorse e qualche certezza in più, ma è un dato di fatto che gli emigranti italiani abbiano superato gli immigrati in Italia.

Può capitare di perdere all’improvviso tutte le sicurezze…

Beccegato: Sia io che Patrizia Caiffa viaggiamo molto per ragioni di lavoro, lei come giornalista e io per la Caritas e abbiamo conosciuto numerosi italiani all’estero, che forse non incontrano le difficoltà dei siriani o degli eritrei che sbarcano a Lampedusa, ma sicuramente devono confrontarsi anch’essi con alcuni disagi derivanti dal non essere cittadini di un determinato paese, dai problemi di lingua a quelli della concessione del visto d’ingresso. Come cittadini italiani ed europei siamo abituati a viaggiare e a recarci all’estero sbrigando delle semplici pratiche per ottenere un visto turistico o un permesso di soggiorno; quando accade il contrario, cambia completamente il nostro modo di guardare al mondo. Cambia lo stato d’animo, il modo di guardare a quel paese, come se peccasse di mancanza di ospitalità e accoglienza. Le stesse vicende che, rispetto a chi arriva in Italia per trovare ospitalità, diventano – purtroppo – normali.

Cosa imparano i protagonisti del romanzo?

Beccegato: Sono tante le riflessioni che si mescolano, quante sono le situazioni, le vicende e le attitudini personali. Io stesso per disegnare i personaggi ho fatto riferimento al mio modo di guardare a questi fenomeni ma anche a quello dei miei amici, dei miei familiari, di mio padre, delle persone che ho incontrato e incontro. Tutti hanno delle convinzioni e delle aspettative, ma il vero cambiamento comincia quando -arrivati in Tunisia – i personaggi del romanzo sono più o meno disponibili ad aprire le porte e allargare gli orizzonti ad altri vissuti, altre culture, altri modi di pensare. Lo stesso cambiamento che nasce in tutti noi quando siamo disponibili a metterci nei panni dell’altro e anche a guardarci con i suoi occhi.

L’immigrazione, i suoi costi, le ripercussioni nel tessuto sociale sono un tema “caldo” nel nostro paese soprattutto nelle ultime settimane: come si può evitare di cedere ai facili timori e alle strumentalizzazioni?

Beccegato: Si tratta di fenomeni ovviamente complessi e anche le reazioni negative verso gli immigrati a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane non vanno banalizzate. Tuttavia, se dovessi sintetizzare tutto con uno slogan, direi che occorrono “informazione e formazione”. Bisogna fare lo sforzo di informarsi meglio, perchè solo le notizie, le cifre, le conoscenze corrette anche sulle potenzialità che gli immigrati offrono alla nostra società, ci aiutano ad affrontare la tematica dell’immigrazione con la pacatezza necessaria per dare soluzioni non frettolose e positive per tutti. Prima ancora, però, c’è bisogno di una formazione a valori alti, che diano priorità alla dignità della persona e non a ristretti interessi e a miopi orizzonti. La combinazione di valori più lungimiranti e informazione più completa, nella mia esperienza – penso, per esempio, ai tanti incontri con gli studenti nelle scuole – è in grado di fare la differenza.

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