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Un continente con “molti poveri e molti cristiani”: la teologia del popolo in America latina

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 09/07/15

Bergoglio: “La spiritualità popolare non è la Cenerentola di casa”

La teologia del popolo è l’espressione originale del cristianesimo in America latina, una visione che abbiamo imparato a conoscere attraverso il magistero di papa Francesco in cui ritorna spesso. Il pensiero di uno dei teorici maggiori della teologia del popolo, l’argentino Rafael Tello, è presentato nel saggio di Enrique Bianchi, “Introduzione alla teologia del popolo. Profilo teologico e spirituale di Rafael Tello (Emi, Editrice missionaria italiana). Sospeso a divinis e privato dell’insegnamento a causa della sua elaborazione teologica, Tello fu “riabilitato” successivamente dall’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio che lo ha definito “uno dei teologi più fecondi della nostra Chiesa argentina”. Bergoglio è anche l’autore della prefazione del libro che raccoglie il suo intervento nel 2012 per la presenta dell’edizione originale alla Pontificia Università cattolica argentina.

LA FEDE DEL POPOLO UMILE

La presentazione del pensiero di Tello permette, spiega Bergoglio, di “comprendere teologicamente i modi propri con cui il nostro popolo umile esprime la sua fede”. In un continente caratterizzato da “molti poveri e molti cristiani” la fede in Gesù Cristo assume un colore speciale di cui sono testimonianza eloquente le processioni affollatissime, la venerazioni di immagini religiose, il profondo amore per la Vergine Maria. Si tratta di quella “originalità storico-culturale” dell’incarnazione del Vangelo in America latina di cui parla il documento di Puebla e che Aparecida chiama “spiritualità popolare” compiendo un passo avanti rispetto a “religiosità popolare” o “pietà popolare”. Anche Benedetto XVI, inaugurando la conferenza di Aparecida, l’ha chiamata “il prezioso tesoro della Chiesa cattolica in America latina, che essa deve proteggere, promuovere e, quando fosse necessario, anche purificare”. Dopo Aparecida, afferma Bergoglio, “non possiamo più trattare la pietà popolare come la Cenerentola di casa”. “Mi dispiace – prosegue – quando qualcuno dice: «Quelli dobbiamo educarli». Ci perseguita sempre il fantasma dell’Illuminismo, quel riduzionismo ideologico-nominalista che ci porta a non rispettare la realtà concreta”.


UN ANTIDOTO AL SECOLARISMO

Lungi dall’essere manifestazioni da “tollerare”, afferma Bergoglio, la spiritualità popolare deve essere rafforzata secondo le sue proprie vie. Anche perché “il senso trascendente della vita che si vede nel cristianesimo popolare è l’antitesi del secolarismo che si diffonde nelle società moderne. È un punto chiave. Se volessimo parlare in termini antagonistico-aggressivi, diremmo che la fede del nostro popolo è uno schiaffo agli atteggiamenti secolarizzanti. Pertanto si può dire che la pietà popolare è una forza attivamente evangelizzatrice che possiede nel suo interno un efficace antidoto davanti all’avanzare del secolarismo”. Come direbbe lo stesso Tello: “il cristianesimo popolare dev’essere rafforzato con una pastorale popolare”.

LA ESCUELITA

Gli scritti di Tello non costituiscono un’opera conclusa ma nascono dalla discussione e dal confronto. Dal 1984 fino a poco prima della morte avvenuta nel 2002, gli anni dell’allontamento dall’insegnamento, il teologo tutti i giovedì riuniva a casa sua un gruppo di sacerdoti amici con i quali cercava di formulare in maniera teologica e di sviluppare dal punto di vista pratico una pastorale popolare. La maggior parte di quei sacerdoti faceva parte della Cofradía de Luján, il santuario nazionale argentino, una confraternita della quale lo stesso Tello aveva ispirato la creazione. Chiamava quella riunione settimanale “escuelita”, piccola scuola, e in quella occasione presentava i suoi scritti.

LA FEDE SI VIVE SEMPRE IN UNA CULTURA

Uno dei cardini del pensiero di Tello, secondo l’intuizione del Concilio Vaticano II, è che la fede si vive in una cultura. Tutti gli atti di una persona sono contrassegnati dall’ambiente culturale in cui vive e anche la fede, che è dono divino e atto umano, si esprime in una cultura. I bambini l’apprendono dai genitori e dai catechisti e perciò si può parlare di un modo culturale di apprendere e esprimere la fede. Nel popolo latinoamericano interagiscono tre culture: la cultura popolare (che predomina nella grande maggioranza dei poveri), la cultura moderna (che si dà in prevalenza nelle classi media e alta) e la cultura ecclesiale (che viene vissuta nell’ambito delle istituzioni ecclesiali, parrocchie, movimenti). La cultura, afferma Tello, influisce sugli esseri umani come lo fa un “abito acquisito”. L’ambiente storico in cui ogni persona vive genera abiti che la dispongono a operare in una determinata maniera.


IL POPOLO EVANGELIZZA IL POPOLO

Ogni cultura, sottolinea il saggio ripercorrendo il pensiero di Tello, ha un modo proprio di trasmettersi di generazione in generazione e in questo processo dinamico la cultura viene perennemente ricreata. Quando il popolo trasmette la propria cultura, trasmette anche la fede cristiana, e per questo si può dire che il popolo evangelizza il popolo. Lo stesso concetto è affermato chiaramente dal Magistero latinoamericano, per esempio nel documento di Puebla. Riconoscere che il popolo – comunità naturale – coopera con l’evangelizzazione nulla toglie al fatto che questa missione sia stata affidata alla Chiesa. Anche la famiglia è una comunità naturale e la Chiesa riconosce di cooperare con essa nella missione dell’evangelizzazione. Vivendo secondo la propria cultura che è cristiana, il popolo produce eventi realmente evangelizzatori. E ciò non accade soltanto quando organizza attività religiose o quando trasmette sentimenti esplicitamente religiosi come possono essere la sincera fiducia nella Vergine Maria Madre del Cielo o il riconoscimento del valore salvifico del battesimo. Evangelizza anche quando "trasmette alle nuove generazioni un atteggiamento di fede verso la vita, quando vive le sofferenze tipiche della povertà confidando in un Dio che dà la vita per viverla al meglio possibile in questo mondo e pienamente nel cielo. O quando avvengono alcune delle ricche espressioni di fraternità che abbondano nel nostro popolo". Per questo Tello preferiva parlare di "cristianesimo popolare" piuttosto che di "religiosità" o di "pietà popolare". Quest’ultima espressione – quantunque il Magistero latinoamericano in genere la impieghi per riferirsi alla totalità della vita cristiana – si potrebbe intendere come riferita soltanto "agli atti propri della virtù di religione". Quando invece si usa l’espressione cristianesimo popolare, resta più evidente "il riferimento al modo di vivere la fede, la speranza e la carità, e in fin dei conti tutto il resto delle virtù cristiane".

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