La persona umana e il riconoscimento della sua dignità sono al centro dell’ultimo studio di G.M. Flick – Elogio della dignità, Roma, Libreria Editrice Vaticana, 2015 – già presidente emerito della Corte Costituzionale e ministro della Repubblica.
Un vero elogio della dignità che porta l’A. a chiedersi: «Se non ora, quando?».
In cosa però consiste e su che cosa si fonda la “dignità” della persona umana in questo tempo di crisi e di odio? Dove si fonda questo valore che costituisce l’orizzonte etico più alto e valido, a cui è giunta la coscienza moderna, da essere oggi universalmente riconosciuto, almeno a livello teorico, come il fondamento su cui poggiano tutti i diritti e i doveri?
Sono queste le domande a cui Flick risponde accompagnando il suo lettore in una sorta di navigazione in un fiume carsico, che scorre sotto gli eventi della storia. Ecco il suo incipit: «La dignità è premessa e condizione di eguaglianza ed al tempo stesso di diversità; è espressione e frutto di solidarietà; è fondamento e limite di libertà. Ragionare sulla dignità di fronte al terrorismo, alla violenza e all’intolleranza […] è un diritto e un dovere di tutti».
Senza questa condizione ne va del senso del diritto, del legame sociale che tieni insieme i cittadini, del futuro (umano) del mondo.
La parola «dignità» (dal latino dignitas) significa valore: perciò «degno» è ciò che ha valore, e merita rispetto. La «dignità» della persona umana significa quindi che questa, per la sua eccellenza e nobiltà, per il suo valore merita rispetto, che sarà tanto maggiore quanto più la persona è «degna». Ma quando la persona è degna?
Attraverso la visione personalista — filone culturale a cui l’A. appartiene — si chiarisce che la dignità non si fonda solamente sulla persona singola presa isolatamente, né può essere proposta sulla base delle qualità singole della persona, ma deve essere relazionale e invoca un’etica della solidarietà, del «mai l’uno senza l’altro».
Per G.M Flick l’imperativo etico nasce dalla struttura dialogica-interpersonale dell’io. La sua proposta supera quella di Kant. La dignità è fondata sui valori morali del rispetto della persona e della sua vita, sui diritti ai mezzi di sostentamento, alla maturazione integrale, o al rapporto io-tu su cui si fondano le concezioni di giustizia. Compito di ogni Stato è rimuoverne gli ostacoli posto che «il percorso della dignità, nel passaggio dal significato letterale a quello giuridico del termine non è agevole».
Nell’insegnamento sociale della Chiesa Flick riconosce anzitutto un merito: quello di definire concretamente il senso della dignità a partire dai poveri e dai sofferenti. Così definire la dignità umana è sempre possibili per la coscienza personale e comunitaria a partire da una via indiretta: le conseguenze che umiliano la persona — l’A. spesso cita la Shoah — che interpellano e risvegliano l’uomo morale.
Attraverso la sua autorevole esperienza Flick sfata anche un ingenuo binomio: più sicurezza equivale a più dignità; al contrario la dignità costruisce e viene compresa nella cultura bilanciando le pratiche della solidarietà e quelle della libertà.
Rimane un ultimo insegnamento: dove non c’è dignità è inutile fingere che ci sia vita vera, per tutti valga il monito lasciato scritto nel campo di concentramento a Dachau che l’A. ricorda: «coloro che dimenticano il passato sono condannati a ripeterlo».