Ci sono sacerdoti che con un affanno (positivo) di attirare più gente a Messa spesso improvvisano durante le celebrazioni
Succede raramente, ma succede. Mi sono imbattuto a volte in sacerdoti che con l’affanno (positivo) di attirare più persone a Messa ricorrono spesso all’improvvisazione durante la celebrazione del Santo Sacrificio. Situazioni in cui il sacerdote scende a dare la pace ai fedeli o permette che chiunque possa aiutare a distribuire la Comunione, o addirittura varia leggermente le parole che Cristo stesso ha pronunciato nell’Ultima Cena creano tra i membri dell’assemblea un certo “shock”, perché non è quello che “ascoltiamo di solito”.
Non è mia intenzione negare il senso apostolico di questi atti, ma cosa dice la Chiesa al riguardo?
Sulla questione, la Chiesa si è già pronunciata. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha redatto l’istruzione apostolica Redemptionis Sacramentum, nella quale si descrive dettagliatamente come dev’essere celebrata la Messa per non “passare sotto silenzio gli abusi, anche della massima gravità, contro la natura della Liturgia e dei sacramenti, nonché contro la tradizione e l’autorità della Chiesa, che non di rado ai nostri giorni in diversi ambiti ecclesiali compromettono le celebrazioni liturgiche”, visto che la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, pur avendo portato innumerevoli vantaggi, non è esente da ombre che impediscono di agire con “testa e cuore”, trasformando gli abusi in costumi.
Ma qual è il motivo di questi abusi? Come dice l’istruzione, hanno origine in un falso concetto di libertà. Falso per un duplice motivo: non aiutano a intravedere ciò che è retto e giusto ed eliminano la grandiosità dell’Eucaristia. “Il dono dell’Eucaristia, tuttavia, è troppo grande per sopportare ambiguità e diminuzioni”, ovvero l’Eucaristia è troppo grande perché chiunque possa permettersi di trattarla a proprio arbitrio personale, il che non rispetterebbe né il suo carattere sacro né la sua dimensione universale, e chi agisce contro questo, cedendo alle proprie ispirazioni, pur essendo sacerdote, attenta contro l’unità sostanziale del Rito romano.
È quindi una questione di ripercorrere situazioni comuni nelle quali ci imbattiamo celebrando la Santa Eucaristia. Mi concentro su due momenti molto comuni della Messa: il segno della pace e la distribuzione della Comunione.
1. Distribuzione della Comunione
Citando l’istruzione apostolica, si dice che spetta al sacerdote celebrante distribuire la Comunione, se è il caso accompagnato da altri sacerdoti o diaconi. Esistono tuttavia situazioni speciali o di urgente necessità nelle quali non c’è un altro sacerdote o un diacono che aiuti a distribuire la Comunione quando l’assemblea è tale che se la distribuisse un solo sacerdote si allungherebbe in modo eccessivo la durata della Messa. In questi casi si ricorre a quello che il Diritto Canonico stabilisce come Ministro straordinario, definito al canone 230.3 come il laico che, “ove lo suggerisca la necessità della Chiesa, in mancanza di ministri”, può supplire in alcune delle funzioni del sacerdote, tra le quali spicca la distribuzione della Comunione. Per questo dovrà acquisire la formazione idonea allo svolgimento della sua funzione.
Per questo, attenendoci al Codice di Diritto Canonico osserviamo che questa figura del ministro straordinario non deve essere presa alla leggera, evitando che si verifichino abusi di diritto nell’applicazione della norma. Solo il sacerdote validamente ordinato è ministro capace di offrire il sacramento dell’Eucaristia, agendo in persona Christi, e solo il vescovo diocesano può delegare un altro fedele laico come ministro straordinario, sia per quel momento che per un tempo determinato. Questo atto, tuttavia, non ha necessariamente una forma liturgica, né si equipara in alcun modo al sacro Ordine. Solo in casi speciali e imprevisti il sacerdote che presiede la celebrazione eucaristica può dare un permesso ad actum.