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“Questo papa destabilizza tutti noi”

Pope Francis – General Audience 15-10-2014 – 02 – Antoine Mekary – it

© Antoine Mekary / Aleteia

CELAM - pubblicato il 08/05/15

Intervista all'arcivescovo Víctor Manuel Fernández, rettore dell'Università Cattolica Argentina

L'arcivescovo Víctor Manuel Fernández, rettore dell'Università Cattolica Argentina (UCA), è un autore assai prolifico, avendo scritto ben 300 titoli, l'ultimo dei quali è Guía Breve para aplicar Evangelii Gaudium. Aleteia lo ha intervistato.

Come le è venuta l'idea di scrivere questa guida sulla prima enciclica (completa) di papa Francesco? E come è riuscito a far sì che in quei 16 punti non rimanesse fuori niente di essenziale e che la trattazione fosse adatta a qualsiasi lettore?

C'è una grande difficoltà ad applicare i documenti della Chiesa, perché molte persone si soffermano su dettagli secondari e non captano gli aspetti fondamentali, le linee principali e il messaggio centrale di un documento. La maggior parte dei grandi documenti resta così senza applicazione concreta. Questo diventa più grave con la Evangelii Gaudium, perché il papa l'ha presentata come il “programma” del suo pontificato. Il rischio è che molti amino Francesco ma non applichino ciò che propone, e tutto continui ad essere uguale. Per questo mi è sembrato urgente cogliere i temi centrali della Evangelii Gaudium soprattutto per mostrare come si possano applicare in diocesi, parrocchie, movimenti, comunità e istituzioni cattoliche.

Pensa che il mondo sia pronto a comprendere il messaggio di vita cristiana che offre e propone questo testo?

Il messaggio del papa è chiaro, ma ci sono tre problemi: alcuni dicono che non sanno concretamente come applicare ciò che egli chiede, e possono essere aiutati dal libretto che ho scritto. Altri non applicano le linee del papa per un altro motivo, molto postmoderno: semplicemente perché non ne hanno voglia, si trovano bene con il proprio stile di vita e non sono interessati a spendere energie o tempo in qualcosa che non apporta loro un beneficio immediato. Altri ancora non le applicano perché si rinchiudono nella propria ideologia e aspettano solo che Francesco muoia presto per non sentirsi chiamati a un cambiamento.

Per estensione, cosa pensa che accada alle persone, alle istituzioni, ai leader di vari ambiti quando irrompe nel piano globale Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco?

Questo papa destabilizza tutti, anche noi che la pensiamo come lui, perché ci chiede soprattutto un nuovo stile di vita, con altri obiettivi, un cambiamento esigente nel nostro modo di usare il tempo e le energie e una capacità di rompere gli schemi personali e di mettersi al posto di chi sta peggio. Perché non si tratta solo di dire che ci piace ciò che dice il papa. La questione è, come ci chiede costantemente, di vivere più distaccati dal nostro ego e dai nostri interessi personali, vivere con più generosità, avere il coraggio di prendere contatto con le varie periferie che non fanno parte del nostro circolo ristretto, ecc. Se rimaniamo aggrappati alle nostre comodità, questo in fondo ci inquieta, ci turba. Io stesso, che sono profondamente d'accordo con le sue linee di pensiero, sono lungi dall'essere un esempio di ciò che propone, perché il grande problema attuale è quello di tradurre il pensiero in stili di vita coerenti. Questo è il dramma della Chiesa attuale, che non finisce di reagire.

Lo scorso anno lei ha scritto sul quotidiano argentino Página/12 un articolo intitolato “La violenza di non saper leggere”, una critica interessante e acuta ai mezzi di comunicazione e alla loro capacità di interpretazione dei testi ecclesiali. Che rapporti ha con i mezzi di comunicazione, con il giornalismo? Come valuta la comunicazione della Chiesa argentina sia con i media confessionali che con quelli non confessionali?

Le chiedo di permettermi di soffermarmi su questa risposta, perché è di importanza fondamentale. La questione dei media è in realtà parte di un problema più ampio, che influisce sulla cultura attuale in generale, ma non sto dicendo che si debba criticare la cultura dei poveri o dei meno istruiti. Al contrario, mi riferisco alla cultura dei settori intellettuali, professionali, che si ritengono gli autentici interpreti della realtà. Perché? Perché pochi si prendono l'impegno serio e profondo di cercare di comprendere l'altro nelle sue preoccupazioni, di capire il suo punto di vista.

Nella maggior parte delle note giornalistiche, si avverte che si cerca qualche dettaglio che serva la linea editoriale o le direttive dei padroni del mezzo di comunicazione, o un determinato interesse politico, economico, ecc. Ciò che l'altro vuole trasmettere davvero, la parte di verità che c'è nelle sue parole, ciò che cerca di apportare alla società, interessa poco e a volte per niente. In questo modo non si offre un'informazione adeguata che serva alla società per formarsi la propria opinione. Noi membri della Chiesa siamo preoccupati del fatto che i titoli non riflettano ciò che cerchiamo di apportare, o che vengano comunicati solo alcuni dettagli ma non le cose di fondo.

La Chiesa in Argentina, ad ogni modo, non ha problemi con i media. Il rapporto dei vescovi con i giornalisti è in generale eccellente. Mi siedo spesso a conversare con i giornalisti, cercando di analizzare a fondo qualche questione, e ci capiamo. Credo che il problema non risieda nei giornalisti, ma nel filtro di informazione imposto dagli interessi editoriali, per cui è diventato normale che le cose vengano estrapolate dal contesto, vengano distorte in base alla convenienza del momento. Dobbiamo rassegnarci a che sia così? Non è possibile un altro tipo di giornalismo?

Bisogna anche riconoscere che c'è un punto essenziale che gli altri in genere non comprendono: un vescovo o un sacerdote normalmente evita di essere identificato come officialista o come oppositore, perché un pastore è di tutti e cerca di non spaventare nessuno, perché così perderebbe la possibilità di aiutarlo. Se si mette troppo dalla parte di un settore politico, o contro di esso, finisce per chiudere le porte a quanti hanno un'altra opzione politica, può far sì che si allontanino dalla Chiesa, e anche che non chiedano l'accompagnamento pastorale quando si avvicina la morte, ad esempio. Sono testimone di molti di questi casi. Quando un pastore compie un reclamo nei confronti dell'azione politica (sia essa nazionale, provinciale o locale), non lo fa mai come oppositore politico, ma come un pastore che, vivendo la dimensione sociale del Vangelo, difende la dignità del popolo e i grandi principi sociali. Allo stesso modo, se un vescovo accompagna qualche iniziativa di un politico, lo fa perché lo ritiene un bene per la sua gente e non perché sta appoggiando la campagna personale del politico. E lo fa sapendo che nessuno è perfetto e che il grano in genere è mescolato alla zizzania.

Dall'altro lato, se un laico o un gruppo di laici compie un'opzione di parte e opina a favore o contro un partito, è nel suo diritto, ma non si può dire “La Chiesa ha detto…” Neanche quando parla un vescovo o un gruppo di vescovi o un'università cattolica si può dire “La Chiesa ha detto”. Se in qualche occasione si vuole emettere un'opinione come Chiesa in Argentina, i vescovi si riuniscono, discutono per vari giorni parola per parola, si mettono d'accordo a poco a poco sul tono del testo e alla fine votano. I media in genere non comprendono tutto questo, e a volte si cerca di forzare una parola o una frase perché venga interpretata sulla linea di un determinato interesse politico di parte. Questo rende enormemente difficile per i ministri della Chiesa far giungere alla società il proprio apporto specifico.

Lei è ritenuto uno degli uomini di fiducia di papa Francesco, persona che consulta per la sua grande e sfaccettata esperienza teologica, ecclesiale, pastorale e di lavoro a stretto contatto. Come vive questa istanza di servizio a un papa che conosce bene e da tanto tempo? E come ha vissuto quell'ormai fatidico 13 marzo 2013?

Credo che come ogni vescovo devo aiutare a comprendere le proposte del papa, perché in base alla mia fede cattolica sono convinto che abbia un'illuminazione speciale dello Spirito e che sia la persona di cui la Chiesa ha bisogno oggi. Abbiamo fatto lo stesso con Benedetto XVI: abbiamo fatto lo sforzo di comprendere ciò che ci chiedeva e di avvalerci del suo apporto specifico. Il problema è che alcuni ascoltano un papa solo se concordano con le sue idee o con la sua struttura mentale. Pur apparendo molto conservatori nella dottrina, in fondo sembrano non avere fede nell'assistenza spirituale dello Spirito Santo che Gesù ha promesso al papa. La sua domanda è molto personale. Credo di capire ciò che Francesco sta proponendo, ma sarebbe un grave errore chiedere che ascoltino me anziché aiutare a far sì che si comprenda e si applichi quello che ci sta proponendo questo grande pastore. Vivo con molta gratitudine la paternità del papa. Non posso presentarmi come amico, ma come figlio e testimone dell'immensa misericordia di questo grand'uomo che ci riflette la vicinanza e la generosità di Gesù Cristo.

Quel 13 marzo 2013 sono rimasto esterrefatto. Alcuni dicono che lo avevano annunciato. Io non me lo aspettavo. Posso dirle in tutta sincerità che ero convinto che la rinuncia di Benedetto XVI esprimesse la necessità di iniziare una tappa molto diversa nella Chiesa, che si stava allontanando dalla gente, ma ignoravo chi potesse essere la persona adatta a condurla. Quando ho visto Bargoglio alla loggia mi sono detto: “Come ho potuto essere così incredulo? Era chiaro che questa è la persona adatta a questo momento della Chiesa e del mondo”. Tutto quello che è accaduto in seguito, e il posto che ha la parola del papa nel cuore della gente e nei dibattiti internazionali, lo ha confermato.

Vorrebbe condividere qualche esperienza personale con il cardinal Bergoglio nei giorni dell'incontro ad Aparecida, in Brasile?

Ho scritto un libro su Aparecida, che include un diario in cui ho raccontato in modo dettagliato cosa accadeva e ho spiegato il senso di ciò che si decideva, ma lei mi chiede qualche esperienza personale collegata a papa Francesco.

Le racconto cosa ho visto in quel mese. Mi ha colpito la sua immensa pazienza, come se fosse del tutto liberato dall'ansia e dall'ossessione (difetti che io possiedo). Non aveva il progetto di imporre determinate idee né di ottenere risultati sorprendenti. Gli interessava che la gente si esprimesse, dialogasse molto, dibattesse e trovasse a poco a poco grandi consensi.

Presiedeva la commissione di redazione del documento e io ero tra i partecipanti. Passavano i giorni e non si profilava l'ipotesi che potessimo arrivare a redigere un documento. Si correva il rischio che passasse il tempo senza che giungessimo a un testo definitivo, ma lui si impegnava a non precipitare e a non forzare le cose. Per questo gli ultimi tre giorni sono stati una corsa folle per riuscire a chiudere il testo. Lo stesso Bergoglio restava fino alle tre o alle quattro del mattino (quando la sua abitudine era andare a letto alle nove di sera). Abbiamo terminato come abbiamo potuto, e l'ultimo giorno mi ha detto: “Ci sarebbe voluto un altro giorno”.

Per questo, e lui lo sa, quel documento non è un gioiello letterario né un modello di ordine e di armonia testuale, ma ha un valore immenso, che è quello che ha voluto dargli Bergoglio: esprime consensi reali, forgiati in un dialogo intenso, paziente e prolungato. Questo ha permesso che la Chiesa in America Latina recuperasse un senso di identità propria, di libertà e di entusiasmo. La conferenza precedente di Santo Domingo si era sentita eccessivamente condotta dalla Curia vaticana, che voleva evitare che si dicessero cose che riteneva sconvenienti. Per questo Bergoglio voleva che Aparecida restituisse alla Chiesa dell'America Latina un'esperienza di libertà responsabile, con un documento che esprimesse davvero le inquietudini dei partecipanti.

Può commentare la nuova enciclica che il papa sta preparando sull'ambiente?

Ho saputo che l'enciclica del papa sull'ambiente sarà un apporto diverso da quello della Evangelii Gaudium, perché si tratterà di un testo molto più riflessivo, che aiuterà a comprendere la profondità del pensiero di Francesco. Si sa che è stata elaborata consultando centinaia di persone e che rappresenta un grande sforzo interdisciplinare, perché il pensiero cristiano mostri la sua fecondità nel dialogo con le scienze e nel rapporto con le preoccupazioni della società.

In questo senso, intuisco che sarà un'enciclica molto innovativa e arricchente per il suo stile, per il modo di affrontare il tema, per la metolodogia, per il linguaggio. Ovviamente non credo che mancheranno le frasi pungenti ed esortative che caratterizzano questo papa. Ho sentito che uscirà per la fine di maggio, e in questo modo anticiperà le riunioni di luglio che prepareranno il vertice di fine anno sull'ambiente che si svolgerà a Parigi. Questo ci porta a pensare che porrà forti questioni alla politica internazionale.

Un'ultima domanda. Si è detto che sta lavorando in ambito universitario a un progetto sulle droghe e il narcotraffico su richiesta di papa Francesco…

In realtà c'è solo uno spazio di dialogo tra alcune università e altre istituzioni, ma è tutto in fieri, non è ancora una cosa definita dal punto di vista accademico e professionale. Quanto a papa Francesco, in genere non richiede questo tipo di cose. Ciò che fa sempre, quando qualcuno gli commenta un progetto, è dire “Avanti!” Questo non significa strettamente che lo richieda. L'Università Cattolica Argentina partecipa a queste riunioni perché a tutti noi interessa scambiare opinioni e pensare a possibili progetti.

Dall'altro lato, l'UCA ha già un Barometro di tossicodipendenza e dipendenze, che lavora con parametri scientifici e che effettuerà la sua prima presentazione a metà maggio. Include uno studio quantitativo sulla tossicodipendenza in Argentina basato su 5.700 casi e un approfondimento sulla città di La Plata, oltre a un complemento qualitativo basato su zone della Grande Buenos Aires.

Il grande valore di questo Barometro è che ogni anno presenterà un rapporto che permetterà un paragone con i dati dell'anno precedente e di sottolineare l'evoluzione della situazione. Ho parlato con il papa di questo, per accompagnare la sua preoccupazione per la questione, e come sempre mi ha detto “Avanti!”

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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