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I cattolici in politica? Di certo “Non come Pilato…”

Giorgio La Pira 1

© Public Domain

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 01/05/15

Intervista con padre Rocco D'Ambrosio, ordinario di Filosofia Politica alla Gregoriana

Proprio ieri Papa Francesco è tornato a parlare dell'esigenza per il cristiano di interessarsi e di agire nell'agone politico, una necessità per la costruzione del bene comune, per la lotta alla corruzione e la difesa dei più deboli. Nel suo discorso presso l'Aula Nervi alla Lega Missionaria Studenti d'Italia: "Non dobbiamo fondare il partito dei cattolici. Un partito solo di cattolici non serve". Bergoglio tuttavia ha ricordato però che "un cattolico" certamente "deve fare politica"."Molti cattolici hanno fatto una politica pulita, senza sporcarsi", ha aggiunto Bergoglio , "pensiamo a De Gasperi e Schuman". Secondo il Papa, la politica "è il martirio quotidiano di cercare il bene comune senza lasciarti corrompere" (Repubblica, 30 aprile).

Di recente pubblicazione un libro proprio su questo tema a firma di padre Rocco D'Ambrosio, professore ordinario di Filosofia Politica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dal titolo “Non come Pilato. Cattolici e politica nell'era di Francesco” edito in collaborazione tra la casa editrice La Meridiana e l'associazione culturale “Cercasi un fine” nell'ambito di una collana diretta dallo stesso D'Ambrosio che ha come fine la formazione e la crescita politico-culturale dei credenti. Noi di Aleteia lo abbiamo raggiunto telefonicamente per capire quale sia la sfida che interessa il cattolico nell'occuparsi del bene comune.

Professor D'Ambrosio, il libro “Non come Pilato” è innanzi tutto un invito, una esortazione a non lavarsi le mani (e la coscienza) dell'occuparsi del mondo e dell'altro. Giusto?

D'Ambrosio: Certamente sì. Prende spunto da una delle omelie di Papa Francesco a Santa Marta in cui si ricorda che “la politica è una delle più alte forme di carità” in cui si esortava i cattolici a non lavarsi le mani dal fare politica, ad impegnarsi a costruire la città umana nel modo migliore possibile e testimoniare Cristo nella società.

La Chiesa italiana sta riscoprendo la necessità di una preparazione pastorale dei giovani alla politica? La Dottrina Sociale ha un risvolto pratico? Da dove viene questa “reticenza” ad occuparsi del mondo?

D'Ambrosio: E' doveroso distinguere. Se parliamo di Chiesa, il magistero non si è mai fermato nell'esortare i laici dall'impegnarsi secondo la Dottrina Sociale della Chiesa del mondo: dalla politica, all'economia, al volontariato, alla cultura. Se invece ci riferiamo alle chiese locali dobbiamo dire quali. Per quella italiana è abbastanza vera. Io credo che questo sia dovuto ad una cattiva interpretazione della Gaudium et Spes e del Concilio Vaticano II e che ha portato chiesa e dc da essere collaterali a forme di “allergia” nei confronti dell'impegno diretto in politica. Ma il Concilio mette in guardia dal collateralismo, non dall'impegno diretto. Anzi chi si impegna in politica è degno di lode da parte della comunità.

La DC: male necessario, condizione che non si può ripetere o aspirazione da ripristinare?

D'Ambrosio: per quanto riguarda la Democrazia Cristiana bisogna dire che essa ha una lunga storia fatta di luci ed ombre, virtù e vizi. Alcuni dirigenti che forse vedranno l'onore degli altari ed altri certamente corrotti. Cosa è successo? E' successo che dalla seconda metà degli anni '70 i due maggiori partiti (DC e PCI) hanno smesso di fare formazione politica, vengono chiuse queste storie. E' interessante notare che da quando si chiudono queste scuole, aumenta la curva della corruzione…

Perché la Chiesa ha avuto – pur con fulgidi esempi di lotta contro di essa come Pino Puglisi o Peppino Diana – rapporti più o meno stabili con il potere mafioso? Tra tutte le strutture mondane non era essa la più facilmente percepibile come diabolica?

D'Ambrosio: Corruzione e mafia sono cugini ma non sono la stessa cosa. I processi ecclesiali di fronte a questo tipo di manifestazioni tuttavia è il medesimo: abbiamo i santi, poi abbiamo le persone che sono sprovvedute e superficiali nei loro giudizi su questi fenomeni e prendono soldi da tutti senza farsi domande o permettono abusi liturgici come il cosiddetto “inchino”, e poi ci sono le persone che sono corrotte, ne hanno un tornaconto personale. L'universo ecclesiale è vario, ci sono i santi, i superficiali e coloro che sanno ma non gli importa…

Quello che il Papa distingue tra essere peccatori ed essere corrotti?

D'Ambrosio: Il papa con una grande intuizione li distingue: il corrotto è colui che entra nel sistema e lo alimenta. Questo riferimento di Francesco è pienamente inserito nel Magistero, è quello che Giovanni Paolo definisce “struttura di peccato”.

Lei parla – rifacendosi innanzi tutto al magistero di Papa Francesco – del pericolo e soprattutto della tentazione della clericalizzazione nella Chiesa, tanto dei sacerdoti quanto dei laici, tentazione che corrisponde sostanzialmente a quella del potere: quanto ancora nella Chiesa convivono il grano (Vangelo) e la zizzania (potere)?

D'Ambrosio: direi che è un modo di vivere il proprio potere. Il clericale chi è? In genere è autoreferenziale, è chiuso al contributo degli altri, al confronto. Sia se facciamo un discorso interno alla comunità cristiana sia all'esterno. Il clericale è un uomo di potere che non riconosce che se stesso…

…la fede può farsi ideologia e ideologia politica? Se la Chiesa propone valori universali e, in quanto valori, non si può negoziare con essi, come si può fare politica (ma non solo) in un ambiente non cristiano e soggetto per definizione a compromessi?

D'Ambrosio: questa è una domanda complessa. E' facile che la fede venga vissuta come un contenuto ideologico, possiamo noi evitarlo? Si. Iniziando a ricordare che noi non seguiamo delle idee, ma Gesù Cristo. Non una morale ma la continua ricerca del Signore Gesù, è un percorso che ci tiene lontano dall'ideologia. Noi dobbiamo testimoniare nel mondo, nella politica questo incontro ricordandoci che la “città” non appartiene solo ai cristiani, ma appartiene anche ai musulmani, agli ebrei, ai non credenti, agli agnostici e quindi la politica è arte di mediazione e dove noi portiamo una testimonianza di Gesù, ma poi dobbiamo mediare, e che tipo di mediazione? Una mediazione alta, nobile, incontrare l'altra persona in “quello che ci unisce” come diceva Giovanni XXIII. Noi abbiamo il bellissimo esempio della Costituzione italiana di cui dovremmo imparare il metodo: le culture marxiste, liberali e cattoliche che hanno saputo costruire una sintesi alta di queste culture. Speriamo non la rovinino…

…ma 70 anni fa queste grandi tradizioni venivano dalle esperienze comuni della guerra e della lotta al nazifascismo e forse c'era anche una distanza minore tra le posizioni dei laici e quelle dei cattolici. Oggi in un mondo così diverso c'è un retroterra comune su cui costruire un punto di mediazione buono per tutti? Oggi ad esempio la questione gender la Chiesa non sembra disposta a nessuna mediazione. Come si fa?

D'Ambrosio: Io non sono convinto che le sensibilità siano più lontane, forse la difficoltà oggi è che il mondo è più frammentato e le posizioni oggi sono più complesse. Ieri, nella costituente queste tre tradizioni rappresentavano il 90% dell'elettorato italiano. Oggi dire che i cittadini italiani si riconoscono in una di tre tradizioni è ridicolo, oggi sono molte di più e assai più frammentate. Che si fa? Continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto: dialoghiamo conoscendoci l'un l'altro, testimoniamo quello che siamo senza barattarlo, vediamo se ci sono di punti di incontro con altre culture e costruiamo dove possibile dei percorsi condivisi, dove non è possibile si fa quello che in etica viene definita “obiezione di coscienza”: “questo provvedimento è contrario alle nostre convinzioni di credenti, per questo votiamo no”, ma non possiamo pensare che le nostre idee divengano legge a tutti i costi, se così non fosse saremmo in uno stato confessionale. Laddove si può mediare si fa, laddove non si può fare si obietterà in coscienza. Quanti cristiani oggi perdono la vita e la offrono perché i loro governi fanno scelte diverse da quelle del Vangelo? Dobbiamo prepararci anche a questo, viviamo in una società scristianizzata dove i cristiani non sono la maggioranza…

…E' il momento di nuove forme di martirio “senza sangue”?

D'Ambrosio: Certamente. Noi dobbiamo toglierci l'idea che noi viviamo in un paese cattolici, a parte che forse solo Malta può considerarsi un paese cattolico dove la partecipazione alla Messa sfiora l'80%, ma l'Italia al massimo è un paese di cultura e tradizione cattolica, con una comunità di riferimento, ma la democrazia è fatta di voti. Non condividiamo? Ci asteniamo o votiamo contro. Impariamo da quei paesi (come quelli musulmani moderati o radicali) dove i cristiani sono minoranza tollerata o addirittura perseguitata. Facile dirsi cristiani quando non mi costa, è più difficile essere cristiani quando costa qualcosa e vale anche per i politici: non esiste disciplina di partito, si deve sempre votare secondo coscienza, quale che sia l'argomento: provvedimenti sociali, economici, di bioetica, militari. Non ci sono valori negoziabili e altri non negoziabili…

Ultima domanda professore. I papi scaturiti o succeduti alla stagione cruciale del Concilio Vaticano II sono i papi del dialogo col “mondo”, papi che ringraziano per la fine del potere temporale come Paolo VI o che chiedono scusa per gli errori del passato come Giovanni Paolo II. Come si attualizza oggi quell'esperienza spirituale? Cosa si chiede alla Chiesa qui e ora?

D'Ambrosio: secondo me si chiede alla Chiesa quello che il Papa veramente sta dicendo di crescere in umiltà e dialogo con gli altri e ricordandoci che abbiamo questo tesoro che è la misericordia di Dio che non ci appartiene ma al quale possiamo attingere. E lo vediamo nelle nostre parrocchie quando l'atteggiamento ecclesiale è umile e dialogante, l'annuncio che segue è molto più accolto e preso in considerazione. Se ci presentiamo in modo arrogante, l'annuncio non avviene. Il nostro interesse è che venga accolto il Signore Gesù, è bella la lettera di Pietro che dice che dobbiamo “testimoniare la fede con dolcezza e rispetto”. Quei papi che lei ha citato, da Giovanni XXIII in avanti ci dicono di usare “dolcezza e rispetto” per preparare la strada al Signore che viene…

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