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Buona notizia: noi cristiani non siamo coerenti, abbiamo bisogno della misericordia

L’ultime conversion avant d’entrer dans la joie du ciel – it

© Ladida / ISTOCK

Marcelo López Cambronero - Aleteia - pubblicato il 10/04/15

Quanto è triste il destino di chi, per la sua presunta altissima qualità morale, non ha bisogno di Cristo!

Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me
Rm 7, 19-21

Il desiderio che muove la vita del cristiano è essere di Cristo, non essere coerente. Di fatto, con le nostre sole forze non riusciamo ad essere coerenti, irreprensibili, men che meno esemplari. Non possiamo. Senza Cristo non possiamo.

Il bene, la virtù, il superamento personale (chiamatelo come volete) viene in modo insperato, come l'allegra risata del figlio accompagna l'alba, come un dono che sì, è vero, volevamo, desideravamo, ci siamo sforzati di raggiungere, ma è giunto all'improvviso, in più di un'occasione quando eravamo al limite delle nostre forze. Proprio quando iniziavamo ad essere convinti che non fosse più possibile, che non saremmo riusciti a perdonare un'altra volta, che non avremmo visto risvegliarsi quell'amore ferito.

Ma succede, per opera dell'Altro. Come il Sole apre un varco nel cielo per fluire su onde di neve pura, come il caldo abbraccio di chi alla fine ritorna. Succede come un miracolo che ci stava aspettando. Se questa è un'esperienza cristiana – la misericordia – di tipo fondamentale, fino a quando terremo in alto le lance del nostro inutile moralismo? Forse qualcuno crede che riuscirà ad aumentare di un gomito la sua statura?

Non molto tempo fa discutevo con il mio buon amico e filosofo Enrique Anrubia, un uomo che ha alle spalle quarant'anni di ricerca instancabile e coerente del bene, sull'esemplarità che esigiamo soprattutto dai sacerdoti.

Mi chiedevo in quell'occasione: è giusto chiedere a chi si consacra a Dio una coerenza speciale, sottoporlo a un giudizio più severo e più costante? Forse non abbiamo l'esperienza di come la libertà e la personalità affoghino di fronte alla minaccia del pesante telo del giudizio altrui? Sarà capace di sopportare le proprie mancanze chi è carne della mia carne e sangue del mio sangue, che ha bisogno della Grazia come me, senza che la paura degli sguardi lo renda ipocrita, ipocrisia della quale saremo complici tutti noi che non abbiamo misericordia?

Enrique mi ascoltava con la pazienza degli uomini buoni, sicuro del fatto che tutte le nostre differenze possibili sono pesci che provengono, alla fin fine, dallo stesso mare condiviso; ma bisogna riconoscere che questa idea dell'incoerenza non entra in testa ad altri che sono più “quadrati” del mio amico. Alcuni pensano che gli altri mortali siano qualcosa di simile a un tentativo fallito, che Dio permette che vengano altri bambini al mondo mosso da un'instancabile speranza che forse il prossimo gli venga bene. Come se non amasse il resto…

C'è stata un'epoca – quella modernità che ci si attacca alla carne come lo stagno caldo – in cui molti insigni pensatori credevano che la ragione fosse capace di conoscere le verità morali in modo chiaro e inequivocabile, sempre che avvenisse da sé e senza l'aiuto di nessuno.

Se è così, dicevano, perché ci serve la Rivelazione? Perché le Chiese, i predicatori, le teologie e gli altri fronzoli? Fuori tutto. Osa pensare da solo! E problema risolto… Era senz'altro gente strana, di quella persone convinte che una volta che il malato sa che il cioccolato gli fa male avrà come legge assoluta della sua esistenza prescindere da questo al momento del dessert. Quando, arrivato il momento, chiede un brownie, gli altri gli domandano sorpresi: “Ma il medico non te l'aveva proibito?”, pensando che forse sono loro a sbagliarsi o che il cosmo si sta sgretolando davanti ai loro occhi. Da questo punto di vista, che non condivido, risulta eccentrico chi afferma di sapere qualcosa e tuttavia a volte agisce in altri modi, come chi predica la generosità ma poi non condivide il proprio pane. La gente allora sospetta: forse quell'uomo non vede l'importanza della generosità con tanta chiarezza come afferma? Molti interpretano questo tipo di incoerenza come uno strascico della menzogna, in un'equazione tanto semplice quanto stupida: se non fai ciò che dici, non sai quello che dici, forse quello che dici è una bugia, visto che la morale si conosce razionalmente e una volta che si conosce chi agirà in altro modo? Sarebbe irrazionale!

Per questo noi cristiani veniamo accusati dai moralisti moderni – perché non riusciamo ad essere coerenti con la nostra visione morale – di difendere una religione falsa. Forse vi suona un po' strano, vero? Non sembra avere niente a che fare con voi e me, vero? E allora perché ci sorprendiamo a pensare così ogni momento?

Lo dirò in modo diretto: perché senza Cristo non si può neanche pensare bene. Non credete che esageri, perché so quello che dico: non si può. Chiaramente questo non assicura che noi cristiani pensiamo bene per il semplice fatto di esserlo, su questo non c'è dubbio. Poi, per la stessa equazione, non è ugualmente assurdo credere che per il fatto di essere cristiani dobbiamo essere moralmente irreprensibili?

Quanto è triste il destino di chi, per la sua presunta altissima qualità morale, non ha bisogno di Cristo e non assapora il dolce miele della Sua Grazia e della Sua Presenza, che valgono più della vita! Si perde i frutti della misericordia, e così dell'incontro con Cristo, che avviene in modo molto speciale (sono parole di papa Francesco) nel peccato.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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