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Le tre regole fondamentali per i lettori della santa messa

Lay person at Mass proclaiming a reading from the ambo © Sabrina Fusco

© Sabrina Fusco / ALETEIA

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 05/03/15

Il liturgista don Enrico Finotti risponde ad una lettrice

Un nostro lettore ci scrive: “Buongiorno. Vorrei sapere se ci sono delle indicazioni precise dettate dal magistero o semplicemente dalla tradizione che spieghino come si deve comportare un lettore durante la messa. Le letture del giorno e i salmi, non vanno letti, ma annunciati. Potreste fare un piccolo elenco degli “errori” più comuni? Ad esempio a volte sento dire a conclusione di una lettura “E’ parola di Dio” invece di “parola di Dio”. E ancora, c’è chi mette molta enfasi nel leggere, spesso cambiando fortemente tono di voce sui dialoghi diretti…. C’è poi chi alza spesso lo sguardo verso le panche e chi invece non alza mai gli occhi e li tiene fissi sul testo. Grazie”.

Il liturgista don Enrico Finotti premette: «La Parola di Dio nella celebrazione liturgica va proclamata con semplicità ed autenticità. Il lettore insomma deve essere se stesso e proclamare la Parola senza inutili artifizi. Infatti è una regola importante per la dignità stessa della liturgia quella della verità del segno, che coinvolge tutti: i ministri, i simboli, i gesti, gli arredi e gli ambienti».

Detto questo, prosegue Finotti, «è altrettanto necessario sollecitare la formazione del lettore, che si estende a tre aspetti fondamentali».

1. LA FORMAZIONE BIBLICO-LITURGICA 
«Il lettore deve avere una almeno minima conoscenza della Sacra Scrittura: struttura, composizione, il numero e il nome dei libri sacri dell’A. T e del N. T., i principali loro generi letterari (storico, poetico, profetico, sapienziale, ecc.). Chi sale all’ambone deve saper che cosa sta per fare e che tipo di testi sta per proclamare. Inoltre deve avere una sufficiente preparazione liturgica, distinguendo i riti e le loro parti e sapendo il significato del proprio ruolo ministeriale nel contesto della liturgia della parola. Al lettore spetta non solo la proclamazione della letture bibliche, ma anche quella delle intenzioni della preghiera universale ed altre parti assegnategli dai vari riti liturgici».

2. LA PREPARAZIONE TECNICA
«Il lettore deve sapere come accedere e stare all’ambone, come usare il microfono, come gestire il lezionario, come pronunziare i diversi nomi e termini biblici, in qual modo proclamare i testi, evitando una lettura spenta o troppo enfatica. Egli deve aver chiara coscienza che esercita un ministero pubblico davanti all’assemblea liturgica: la sua proclamazione quindi deve essere da tutti udita. Il Verbum Domini col quale termina ogni lettura non è una constatazione (Questa è la Parola di Dio), ma un’acclamazione colma di stupore, che deve suscitare la corale e grata risposta di tutti (Deo gratias)».

3. LA FORMAZIONE SPIRITUALE
«La Chiesa non incarica degli attori esterni per annunziare la Parola di Dio, ma affida ai suoi fedeli tale ministero, in quanto ogni servizio nella Chiesa deve procedere dalla fede e alimentarla. Il lettore, quindi, deve curare la vita interiore della Grazia e predisporsi con spirito di orazione e sguardo di fede. Tale dimensione edifica il popolo cristiano, che vede nel lettore un testimone della Parola che proclama. Essa, pur essendo efficace in se stessa, acquista tuttavia dalla santità di chi la trasmette, uno splendore singolare e una attrattiva misteriosa. Dalla cura della vita interiore del lettore, oltre che dal buon senso, dipendono anche la proprietà dei suoi gesti, del suo sguardo, dell’abito e dell’acconciatura. E’ evidente che il ministero del lettore implica una vita pubblica conforme ai Comandamenti di Dio e alle leggi della Chiesa».

UNA VERA E PROPRIA INIZIAZIONE
Questa triplice preparazione, precisa il liturgista, «dovrebbe costituire una iniziazione previa all’assunzione dei lettori, ma poi deve diventare in una certa misura permanente per non scadere nell’abitudine. Ciò vale per i ministri di ogni ordine e grado. Sarà infine alquanto utile, per se stesso e per la comunità, che ogni lettore abbia il coraggio di verificare se sussistono in lui queste qualità e, qualora dovessero essere venute meno, saper rinunziare con onestà».

UN ONORE, NON UN DIRITTO
Compiere questo ministero è certo un «onore» e sempre nella Chiesa è stato considerato tale, tuttavia, conclude Finotti, «ad esso non si può accedere ad ogni costo, né deve essere ritenuto un diritto, ma piuttosto un servizio a pro dell’assemblea liturgica, che non può essere esercitato senza le dovute abilitazioni, per l’onore di Dio, il rispetto del Suo popolo e l’efficacia stessa della liturgia».

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