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Tre balzi verso una fede matura…secondo un triplista

Daniele Greco, triplista e credente

© Erik van Leeuwen - erki.nl. Licensed under GFDL via Wikimedia Commons

Aleteia - pubblicato il 06/02/15

Campione europeo indoor in carica, Daniele Greco racconta il suo cammino di fede

Nato a Galatone, nel Leccese, il 1° marzo del 1989, lo scorso 2 marzo a Göteborg ha conquistato la medaglia d’oro ai Campionati europei indoor, con un salto di 17,70 metri, a soli 3 centimetri dal record italiano assoluto.

Terminata la prova e sicuro del traguardo raggiunto, si è inginocchiato con le mani giunte, ha baciato il crocifisso che porta al collo e poi, nel giro di pista, ha esibito una t-shirt bianca che davanti recitava “Gesù vive in me”, e sul retro: “Tutto posso in colui che mi dà forza” (Lettera di San Paolo apostolo ai Filippini 4,13). Un gesto che non poteva restare celato agli obiettivi e alle telecamere, in quel momento tutte puntate su di lui. Ma che per sua stessa ammissione, non credeva potesse generare tanta curiosità.

“All’inizio mi è un po’ dispiaciuto – racconta l’atleta a Credere (8 febbraio) – tutto questo clamore per una maglietta e il risultato, un oro europeo, che finiva in secondo piano. Pensavo di vivere in una società diversa”.

Ma poi tutto è rientrato nella normalità: “Se la mia testimonianza ha raccolto tutto questo interesse, a maggior ragione dovrò offrila con ancora più forza e costanza. Se si tratta di ‘bigottismo’ lo sa Gesù, la fede è una cosa seria”, spiega ancora Daniele, “non va usata come un’arma per avere notorietà. E io a Göteborg non avevo certo bisogno di quella maglietta per conquistarmi una pagina di giornale. Era sufficiente l’oro. La mia voleva essere semplicemente un’esaltazione del Signore, null’altro”.

Il Campione europeo indoor racconta così la sua fede prendendo in prestito come analogia le tre fasi del salto triplo: hop, step, jump.

HOP, IL BALZO

Per Daniele il primo slancio verso la fede nasce in famiglia: “Provengo da una famiglia religiosa, i gruppi parrocchiali, il coro dove ho sempre cantato e l’esperienza da ministrante (chierichetto, ndr) che ho portato avanti fino ai 13 anni”. Ora gli impegni agonistici l’hanno obbligato a lasciare il coro di Galatone – “I fantastici sei”, precisa con orgoglio” – ma non l’hanno allontanato dal canto: fa il solista nella vicina frazione di Sannicola, dove le funzioni erano rimaste senza accompagnamento.

STEP, LO STACCO

Un dolcissimo stacco, una prova durissima, è stata per Daniele la morte di sua sorella: “Un’esperienza che inevitabilmente ti segna, ma che per me è stata anche la dimostrazione di quel che può Gesù. La fede è un grande conforto nei momenti di difficoltà”. Per un atleta i momenti bui sono anche quelli di un infortunio, e così Daniele si affida spesso a questa invocazione: “Piega ciò che è rigido, scalda cioè che è gelido, drizza ciò che è sviato”. Chiarisce Daniele: “sono molto devoto alla terza Persona della Trinità e questo è un versetto delle sequenza allo Spirito Santo, una delle mie preghiere preferite”.

JUMP, IL SALTO

L’atterraggio alla fede consapevole arriva con la maturazione. “La fede è un dono, non si può inculcare. Per i giovani sono importanti i testimoni, per me lo è stato Giovanni Paolo II. Anche Francesco ha carisma e umiltà, mi piace che dimostri di voler vivere la sua vita in mezzo a noi”. Dopo la vittoria di Göteborg, Daniele voleva andare a Medjugorje per “ringraziare la Madonna per la vita che mi sta regalando”. Il progetto è stato rinviato solo perché “Francesca la mia ragazza (triplista come lui, con cui si è scambiato un rosario a mo’ di anello di fidanzamento, ndr) era impegnata con gli studi”.

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sporttestimonianze di vita e di fede
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