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Beati i miti o beati i furbi?

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don Antonio Rizzolo - Aleteia - pubblicato il 18/12/14

Essere cristiani vuol dire imitare Gesù, mite e umile di cuore

Caro don Antonio, oggi il lavoro è diventato occasione per litigate e gelosie tra colleghi. Se uno cerca di essere mite e conciliante, passa per una persona priva di carattere. Di fronte a provocazioni varie e battute fuori luogo si scrollano le spalle, si invita con gentilezza a smetterla, ma non si ottiene niente. Allora subentra una certa frustrazione e ci si sente fuori da questo mondo! Una delle beatitudini dice “beati i miti e umili di cuore”…Secondo lei è la strada giusta per una vera unione con il Signore?

Alex

E' proprio vero, caro Alex, cercando di vivere da cristiani si può passare per persone prive di carattere, deboli, stupide. Quelli di cui il mondo ha un'alta considerazione sono i forti, i potenti, i violenti, i furbi, gli arroganti. La via del successo che ci viene additata ha come riferimento il potere, il possedere e l'apparire. Lo vediamo nella vita di tutti i giorni, nei modelli che ci propongono i mezzi di informazione. A volte un atteggiamento arrogante lo si riscontra anche tra quei cristiani che vorrebbero imporre il loro punto di vista con la forza, almeno nei toni. Tra le beatitudini evangeliche, carta d'identità del cristiano, troviamo però anche questa: “Beati i miti, perché avranno in eredità la terra” (Matteo 5,5). Ecco la spiegazione del grande esegeta Jacques Dupont: “La mitezza di cui parla la beatitudine non è altro che quell'aspetto dell'umiltà che si manifesta nell'affabilità messa in atto nei rapporti con il prossimo. Tale mitezza trova la sua illustrazione e il suo perfetto modello nella persona di Gesù, mite e umile di cuore. In fondo, tale mitezza ci appare come una forma della carità, paziente e delicatamente attenta nei riguardi altrui” (da Le beatitudini, edizioni San Paolo).

Il modello del cristiano è Gesù stesso, che nel Vangelo afferma: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Matteo 11,29). In che senso Gesù è mite e umile? Non ha mai ammesso di avere qualche colpa (era il Figlio di Dio!), né si è mai tirato indietro perché si sentiva inadeguato. Tuttavia si è abbassato fino a noi, si è fatto servo per amore degli uomini, ha donato la sua vita. Ecco cosa vuol dire essere miti come Gesù: attraverso i fatti, con scelte di amore, di benevolenza, di misericordia, che diventano uno stile di affabilità e dialogo, di accoglienza verso tutti. Mitezza significa non scegliere mai la violenza, l'odio, la sopraffazione, l'arroganza.

La terra che i miti avranno in eredità è la terra promessa, il regno di Dio in mezzo a noi, Gesù stesso, la comunione con lui. E' una terra di pace, di armonia, di gioia profonda. Una realtà interiore di unione con il Signore che è l'unica a poter trasformare il mondo da luogo di miseria e sopraffazione in un giardino di delizie e felicità. In fondo l'arrogante, il violento e il superbo sono davvero felici? A noi cristiani è dato il compito di imitare Gesù mite e umile di cuore per indicare la mondo l via della vera gioia, della costruzione di un mondo migliore. E' un punto di arrivo, un cammino da percorrere. Bisogna però iniziare, perché il cristianesimo, come ha detto papa Francesco, è “una religione pratica”.

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