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Stop alle molestie su Internet

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© Lee Jordan

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 09/12/14

Di Noto (Meter): “E’ un inganno credere che la vita virtuale non sia reale. Dieci piccole regole possono salvare dai cattivi incontri”

Metti in Rete una foto contento di condividere un momento bello con gli amici e non ti accorgi di aver attirato l’attenzione di un pedofilo. Esprimi sentimenti, impressioni, opinioni sul mondo – magari un dolore, come è capitato alla figlia di Robin Williams, l’attore morto suicida recentemente – e sei bersagliato da commenti pesanti, osceni, violenti. Un’inchiesta condotta nel 2013 su 20 mila giovani europei ha messo in luce che uno su tre è stato vittima di molestie su web. Intimidazioni, minacce, pubblicazioni di foto o video della vittima provocano ansia, crollo del rendimento scolastico, sentimenti di vergogna, depressione che nei casi più gravi porta al suicidio. Per questo, in occasione del 25° anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia, il Pontificio Consiglio della giustizia e della pace ha presentato la campagna internazionale “Stop alle minacce su Internet”, promossa dal Bureau international catholique de l’Enfance con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema. Perchè i più piccoli sono i più esposti ai pericoli della Rete, come conferma don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione Meter, che nello stesso giorno ha presentato la campagna nazionale “In riga su Internet”.

La vita virtuale è molto reale…

Di Noto: E’ un inganno pensare che ciò che si fa online non abbia incidenza sulla vita reale. Basti pensare a quando si immette qualcosa di intimo come il bacio con la propria fidanzatina: senza pensarci, si espone la persona alla possibilità di ricevere apprezzamenti o considerazioni non belle. Qui entra in gioco l’attitudine personale nel ricevere dei commenti e come si reagisce ad eventuali offese anche reiterate e i ragazzi non sono sufficientemente attrezzati. C’è anche il problema dei profili Facebook dei ragazzini che al di sotto dei 13 anni non possono crearli e per questo usano false identità prestandosi a cadere nel rischio dell’adescamento, del grooming.

C’è una sottovalutazione da parte dei ragazzi e dei genitori dei rischi di Internet?

Di Noto: Bisogna essere consapevoli che Internet è un ambiente che offre grandi potenzialità ma anche pericoli.  Dietro il touch screen ci si sente “grandi” e al sicuro, ma è tutto se stesso che in realtà può essere “toccato”. Se metto la mia vita in Rete, se posto foto o video, li condivido con i miei amici ma anche con quanti stanno all’altro capo del mondo e possono avere una percezione della vita meno rispettosa tanto da farne dei “violentatori virtuali”. Il problema più grande è che i più vulnerabili sono i più piccoli.

Cosa si può fare?
Di Noto: Noi abbiamo lanciato la campagna “In riga su Internet”: dieci piccole regole – come “Informa sempre i tuoi genitori sull’elenco degli amici con cui chatti”; “Non pubblicare i tuoi video e le tue foto sui canali online”; “Utilizza il computer con cautela e per giusti scopi” – che allontanano il rischio di incontrare dei “mostri”. Stiamo distribuendo alle scuole e a quanti lo richiedono dei manifesti e dei righelli per ogni ragazzo con il decalogo per abitare al meglio il mondo del web. Siamo consapevoli che in Rete esistono “favelas” tecnologiche dove alcuni naufragano, altri sono resi schiavi, altri vengono soggiogati da una situazione difficile. Una regola può salvare una vita o aiutare a prevenire il danno: in ogni caso aiuta a vivere nel mondo digitale con maggiore serenità.

Spesso, tuttavia, i predatori non vengono da Internet ma sono le persone più vicine. Cosa suggerisce la vicenda del piccolo Loris Stival?

Di Noto: E’ triste pensare che la famiglia, luogo privilegiato della tutela dei bambini, diventi luogo di violenza contro di loro. Quale che sia la verità sulla vicenda di Ragusa, è un fatto che negli ultimi anni in Italia più di 250 bambini sono stati uccisi dai genitori. In molti casi è la dimostrazione che esiste l’incapacità di comunicare un disagio e forse anche l’impossibilità di trovare una porta aperta per essere ascoltati. Dovremmo essere tutti più attenti. E’ vero che non si riuscirà mai ad arrivare a tutto, ma chi sta sul territorio –in parrocchia, in un consultorio, in un’associazione, anche chi è in un circolo dove si gioca a carte – può tenere gli occhi aperti e cercare di attivare un percorso virtuoso per queste situazioni. Negli ultimi giorni sono stato a contatto con la zia del piccolo Loris e mi rendo conto di come si può arrivare a nascondere molte verità, anche alle persone più vicine. Il male che si compie è così grande che offusca qualsiasi lucidità. Il problema è che Loris non c’è più ed è un grande dolore per tutta la famiglia, indipendentemente dalle responsabilità che potranno essere accertate.

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