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Islam e cristianesimo: risposte diverse alla stessa secolarizzazione

Twilight of Islam and Christianity – it

© David Evers / Flickr CC

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 27/11/14

A Milano un evento di Oasis su come la modernità sta intaccando società e fedi millenarie

Islam e cristianesimo, due mondi che non sono apparsi mai così lontani come lo sono oggi, raccontati dai media, dai loro stereotipi e dai nostri pregiudizi. Eppure, le maggiori religioni monoteiste del globo attraversano sono attraversate da sfide che si assomigliano, dai processi in atto nel proprio tempo e dai cambiamenti di comunità sempre più intrecciate tra loro. Questi processi sono in buona parte il motore di ciò che chiamiamo secolarizzazione. Questa è una parola che fa pensare a tante cose: alla “laicità” dello Stato, alla riduzione di Dio e della nostra fede ad una dei tanti possibili stili di vita da adottare, quasi fosse una scelta estetica. Ma incontrando costumi sociali e approcci religiosi di fede, nei paesi cristiani e nei paesi musulmani, la secolarizzazione suscita reazioni diverse, che spaziano dalla violenza al revivalismo contaminato da una modernità sfrenata. Da dove viene la secolarizzazione? Come evolve e quali forme assume quando si manifesta all’interno di culture diverse? Che cosa comporta nel mondo contemporaneo, in cui la religione – data per spacciata da alcuni – si sta piuttosto trasformando? Queste ed altre sono le domande a cui proveranno a rispondere gli studiosi di area cristiana e di area islamica chiamati a convegno per l’incontro “Cristiani e musulmani alla prova della secolarizzazione” organizzato da Fondazione Oasis nell’ambito di Oasis eventi e che si è tenuto questo giovedì 27 novembre, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano. A questo proposito Aleteia ha intervistato il professor Giovanni Salmeri, docente di Storia del pensiero teologico all’Università degli Studi di Tor Vergata e coordinatore di uno dei gruppi di ricerca del progetto “Conoscere il meticciato” promosso dalla Fondazione Oasis con il contributo della Fondazione Cariplo.

La secolarizzazione sta colpendo i paesi musulmani nelle stesse forme e modalità con le quali sta colpendo la società occidentale cristiana?

Salmeri: Forse la prima cosa importante da notare è che ogni paese, ogni cultura, fa storia a sé. Esistono moltissime differenze tra i paesi di tradizione cristiana (e anche all'interno di essi) e moltissime tra i paesi di tradizione islamica. Spesso si osserva che il cristianesimo possiede al suo interno dei princìpi che muovono in direzione della secolarizzazione, che dunque può essere interpretata positivamente anche dal punto di vista teologico, per esempio come una maggiore responsabilizzazione dell'uomo di fronte al mondo. Questo è grosso modo vero, ma è anche vero che le varie forme di secolarizzazione sono un processo tipico della modernità, dovuto ad una serie di interazioni complesse. È evidente che nei paesi islamici sentiamo il bisogno di una presa di distanza tra politica e religione, ma non è detto che le modalità augurabili siano le stesse dell'Occidente. Ciò che accadrà nei prossimi anni e decenni è ancora tutto da vedere. Non si tratta comunque di processi ineluttabili: molto dipende dalle scelte culturali, sociali e politiche alle quali contribuiremo.

Tra gli effetti che la secolarizzazione causa c'è anche quello dell'estremismo religioso? In altre parole, estremismo secolarizzante produce estremismo religioso?

Salmeri: Qualche giorno fa è stato pubblicato un interessante studio a cura del “Centre de Prévention contre les dérives sectaires liées à'l'Islam” in cui risulta che l'80% dei giovani coinvolti nell'estremismo islamico proviene da famiglie atee: una percentuale molto significativa anche nella laica Francia, dove gli atei sono il 35%. Quindi, certo, legami esistono. Non credo che però possiamo interpretarli come passaggi da un estremismo all'altro: a prima vista si tratta della possibilità dell'estremismo di attecchire sul disorientamento e sulla fragilità causata dalla mancanza di legami spirituali significativi. Questa è certo una grande sfida per le nostre civiltà occidentali.

Le autorità religiose delle due religioni che compito hanno nell'accompagnare le loro comunità in questa fase?

Salmeri: Tutti i processi di «separazione» possono condurre ad una purificazione della fede. Una fede libera dai legami e dai compromessi con il potere è senza dubbio più libera di essere fede. Qui le guide religiose hanno un compito cruciale. Dall'altra parte, una fede più pura non dovrebbe rinunciare ad ispirare positivamente la vita comune, soprattutto perché questa in ultima analisi si basa su esperienze umane elementari che hanno in sé un valore religioso. E soprattutto una fede pura non dovrebbe mai rinunciare a legarsi fecondamente alle culture: quando le religioni pretendono questo tipo di falsa purezza, molto più facilmente degenerano nel fanatismo.

Le due religioni possono ritrovarsi come alleate o come più distanti, nell'affrontare questo comune "nemico"?

Salmeri: Anzitutto non è detto che la secolarizzazione sia sempre un nemico: in certe forme può essere anzi la maggiore amica delle religioni. Pensiamo per esempio a quanto il discorso sulla libertà religiosa, enunciato nel Vaticano II, ha aiutato a mettere a fuoco il valore della coscienza, riscoprendo così un tema cruciale delle origini del cristianesimo. In questo senso sì: cristianesimo e islam possono fare amicizia. L'importante, a mio parere, è che non si tratti di alleanze solo tattiche, in cui casuali e ambigue convergenze vengono usate per combattere nemici comuni. Certi fenomeni possono essere «nemici» per motivi molto diversi. La discussione sulla secolarizzazione va dunque affrontata con serenità e con profondità perché può aiutare ognuno a capire meglio sé stesso e l'altro, e questa è la base di un cammino comune fecondo.

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