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Sinodo: una buona notizia per la famiglia

Familia en campo estivo – it

© Laity Lodge Family Camp

Città Nuova - pubblicato il 16/11/14

Intervista a Francesco Belletti, presidente del Forum delle Famiglie: una riflessione sul Sinodo da qui alla prossima tappa nel 2015

di Aurelio Molé

Una sua valutazione sul Sinodo della famiglia?
«È una grande occasione di discorso pubblico ed ecclesiale sulla famiglia. È un cantiere ancora aperto ma la bellissima notizia è che la famiglia sta a cuore alla Chiesa. Non c’erano dubbi, ma la modalità con cui si è discusso, l’intensa discussione, le contrapposizioni su certi temi sono la conferma che la Chiesa ha sempre uno sguardo molto attento. Per la famiglia il Sinodo è una grande buona notizia».

Quali sono i nodi essenziali che sono emersi?
«L’agenda dei media ha messo in rilievo le questioni più controverse: le persone omosessuali, i figli che vivono con una coppia gay, la cura pastorale delle coppie separate e divorziate. Sono i nodi più spinosi ma la cosa più importante, secondo me, è stato ribadire la responsabilità della famiglia come soggetto ecclesiale. Dal Sinodo emerge un mandato per gli sposi e le associazioni familiari: la famiglia costruisce la Chiesa e una società più umane e accogliente. La comunità dei cristiani diventa un generatore della nuova evangelizzazione. Non si tratta di chiedere ai sacerdoti e alla Chiesa di diventare più accoglienti, si tratta di essere famiglie più accoglienti».  

Nelle sue conclusioni papa Francesco ha parlato anche di premura e condivisione delle sofferenze per le ferite delle famiglie. Che tipo di passi avanti sono stati fatti avanti nelle discussioni del Sinodo?
«Nel 2004 un mio amico aveva incontrato un gruppo di credenti omosessuali cattolici che celebravano insieme l’eucaristia. Credo che la concreta esperienza pastorale della Chiesa sia già capace in tutto il mondo di esperienze di accoglienza. Il Sinodo ha consentito di lanciare un nuovo linguaggio universale per leggere le sofferenze delle persone. È un tema nuovo ma anche vecchio: quanti gruppi già esistono di persone separati o di omosessuali. È cambiata l’autorevolezza del richiamo che era già presente nel catechismo della Chiesa cattolica, nel Direttorio di pastorale familiare del 1993 della Cei, e in tanti documenti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Siamo dentro un grande percorso di maturazione che potrà generare indicazioni pastorali nel prossimo Sinodo del 2015.

Lei come modalità pastorali che percorsi può intravedere …
«È importante la relazionalità e trovare spazi di fraternità e di condivisione. Non si tratta di ridefinire i ruoli ma di ritrovarsi nella stessa fratellanza. Costruire legami, scommesse di vita, in parrocchia e fuori dalla parrocchia. Il primo nemico è l’isolamento. Se una famiglia è in crisi e non ha nessuno a cui rivolgersi è difficile andare avanti. Relazioni, condivisione, prossimità e riscoprire la bellezza del grande ideale. L’indissolubilità del matrimonio, il per sempre, la fedeltà, sono i grandi misteri da richiamare, anche se si fallisce, ma non per questo ognuno è meno amato dal padre. Sognare la bellezza dell’amore tra l’uomo e la donna che è più grande delle nostre fragilità.

Lei ha scritto che il Sinodo non è uno scontro tra tifoserie, ma è emersa la bellezza della famiglia?
«C’è ancora da lavorare ma il nostro compito è testimoniare la bellezza della famiglia. Non mi aspetto cambiamenti nelle regole, ma un rinnovato mandato di evangelizzazione dal papa all’ultimo fedele di ogni parte del mondo».
La prospettiva di un’assoluzione nella Confessione per i divorziati risposati sembra una questione senza soluzione…
«Sarà uno dei temi di maggiore fatica del percorso della Chiesa nei prossimi mesi. Credo che la ferita del peccato debba essere chiamata con il suo nome. L’impressione è che una condizione di distanza dalla comunione dalla Chiesa vada ancora riconosciuta. Il criterio non è affrontare il tema dal punto di vista teologico, ma di cura pastorale. C’è già una comunione spirituale senza l’accesso all’Eucaristia. Non si può trasformare la sofferenza delle persone in un banale tema giuridico di diritto o meno di accedere ai sacramenti. Anche la sofferenza di non poter accedere all’Eucaristia nelle forme del pane e del vino sia ragionevole in un percorso di fede».

Come poter rilanciare, anche a livello statale, la possibilità di potere costituirsi una famiglia?
«L’emergenza del futuro sono i bambini e i giovani. Apparentemente la società sembra metterli al centro dell’attenzione, ma li lascia in una marginalità drammatica. Si assiste nel dibattito pubblico all’idea che il bambino è servo del diritto dell’adulto di diventare genitore, mentre, sempre l’umanità riconosceva che il diritto è della parte debole. Inoltre le nuove generazioni sono considerate una minaccia alla sostenibilità economica del pianeta mentre la bellezza della nuova vita è un dono da accogliere e restituire. Bisogna ripartire dai bambini e dai giovani che faticano a diventare adulti perché sono generazioni che non diventano padrone della loro vita. Si deve investire sulle giovani coppie perché fare famiglia è ancora un bel modo per cercare la felicità. Intere generazioni sono state sterilizzate invece che investire sui loro progetti di vita. Sembrano più liberi, ma sono stati abbandonati».

Qui l'originale

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