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Maestro di ecumenismo

Pope Paul VI 01 – it

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L'Osservatore Romano - pubblicato il 04/11/14

A Milano una mostra del 2003 per il venticinquesimo dell'elezione di Paolo VI

di Aldino Cazzago

A soli tre mesi dall’elezione al soglio pontificio, il 29 settembre 1963, Paolo vi apriva il secondo periodo del Concilio Vaticano II con un solenne discorso. In quell’occasione definì la divisione dei cristiani come il «dramma spirituale», di cui il Concilio stesso avrebbe dovuto occuparsi. Nei suoi quindici anni di pontificato Paolo vi si è fatto ogni giorno più consapevole della portata storica, ecclesiale e più semplicemente cristiana, di quel «dramma spirituale»; per la sua felice soluzione ha speso le sue forze, ha offerto le sue preghiere e ha consumato se stesso.
I cardinali Angelo Roncalli e Giovanni Battista Montini (3 marzo 1958)
La consapevolezza di quel «dramma spirituale» è chiaramente attestata fin dagli anni dell’episcopato milanese: 1955-1963. Nel messaggio alla diocesi del 15 gennaio 1955 l’arcivescovo Giovanni Battista Montini invitò i suoi fedeli a non ritenere il tema dell’ecumenismo un argomento «meno urgente di altri che premono sulle sorti dell’umanità». La ricomposizione dell’unità dei cristiani era invece un «grande problema». Per cominciare a prendere coscienza di esso «ogni parrocchia» era chiamata a celebrare la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani (18-25 gennaio).
Nei pareri e voti che il cardinale Montini inviò a Roma nel maggio del 1960 in vista del Concilio, il tema dell’unità dei cristiani doveva essere uno degli scopi principali del Concilio stesso. «Del resto — scrisse — il Concilio, se, dopo gli inutili tentativi che la storia conta, fallisse lo scopo di ricomporre l’unità dei cristiani, non solo non avrebbe alcuna utilità, ma renderebbe ancora più precaria la situazione attuale».

Se il Concilio Vaticano II non portò — come aveva auspicato l’arcivescovo di Milano — alla piena comunione tra le Chiese, ottenne però che la Chiesa cattolica, con il documento Unitatis redintegratio e l’opera dello stesso Paolo vi, si incamminasse con passo deciso e irrevocabile sulla strada dell’impegno ecumenico.
Se — come si è scritto — Paolo vi è stato il primo «predicatore del Concilio», altrettanto può essere detto per quanto attiene al suo rapporto con la causa dell’ecumenismo. Paolo vi ha mostrato il suo dolore per la separazione delle Chiese e la sua ansia per l’unità ai cattolici, ai cristiani delle altre Chiese e comunità e infine al mondo intero. Ai cattolici con una intensa predicazione sulla natura, sui fini e sui metodi dell’azione ecumenica che la Chiesa cattolica è chiamata a offrire.

Alle altre Chiese, oltre che con una riflessione spiccatamente ecumenica, con alcuni significativi gesti come gli incontri con gli osservatori e delegati delle varie Chiese presenti ai lavori del Concilio e l’accoglienza a Roma dei capi di altre comunità cristiane. Con il patriarca di Costantinopoli Atenagora gli incontri furono addirittura tre: nel gennaio 1964 in Terra Santa, nel luglio del 1967 a Istanbul e nell’ottobre dello stesso anno in Vaticano. Infine con un incontro e con un gesto che rimarranno nella storia del pontificato: l’incontro del giugno 1969 a Ginevra con i rappresentanti membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese, durante il quale egli pronunciò un importante discorso sul primato del vescovo di Roma, la questione ecumenica più dibattuta; e il gesto del dicembre 1975 quando baciò i piedi al metropolita Melitone di Calcedonia.

Se oggi si può affermare che Paolo vi è stato un maestro di ecumenismo è perché egli, per primo, si è sentito discepolo di ciò che il Concilio aveva insegnato a questo riguardo. Queste sue parole lo confermano inequivocabilmente: «crediamo di dar lode al Signore dicendo che è parso a noi di crescere nella carità studiando e sperimentando qualche po’ l’ecumenismo, quale il recente Concilio ci ha insegnato» (Discorso all’udienza del 24 gennaio 1968).

Una conferma che l’ecumenismo stava veramente a cuore a Paolo vi si ritrova anche nelle parole di Y. M. Congar: «Oggettivamente, freddamente, il bilancio ecumenico del pontificato di Paolo vi è impressionante. Egli ha dato corpo, vita, movimento, efficacia all’impegno del Concilio per l’ecumenismo». Altrettanto degna di attenzione è la seguente affermazione di Atenagora, patriarca di Costantinopoli: «Eccola, la vera teologia! È la predicazione del Cristo crocifisso e risuscitato. Se mi è accaduto di dare al Papa Paolo vi il nome di Paolo ii, è perché mi è sembrato che la sua missione consista nel riesprimere in termini nuovi questo grande messaggio paolino».

Qui l’originale

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