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“Qui mi sento più utile”, diceva Manuel García Viejo, morto di ebola

Manuel García Viejo, hermano de la Orden de San Juan de Dios – it

© Rafael Armada y Javier Sánchez / Hermanos de San Juan de Dios f

Mundo Negro - pubblicato il 15/10/14

La semplice testimonianza di un religioso che ha dato tutto

L’Ospedale di San Giovanni di Dio a Lunsar è una struttura modesta. Nell’estate 2012 i raggi x erano fuori uso a causa di un guasto al generatore elettrico e mancavano medicinali nel dispensario al quale in genere accorre la gente che ha difficoltà a pagare i tre euro che costano i sieri necessari a effettuare un’operazione. A questa gente e a questo ospedale ha dedicato i suoi ultimi dodici anni Manuel García Viejo, che realizzando il suo desiderio – “Rimarrò in Sierra Leone finché potrò” – è rimasto alla guida del sanatorio fino a quando è stato evacuato per il rapido deterioramento delle sue condizioni di salute a causa dell’ebola, virus che lo ha portato alla morte. In quell’ospedale di Lunsar, nell’estate 2012 c’era un’équipe di Mundo Negro. Lì abbiamo conosciuto Manuel. Ciò che segue raccoglie alcune impressioni e parte della conversazione di quell’incontro.

Manuel si sentiva utile. Forse quella tranquillità di sentire che occupava il luogo che gli spettava ha favorito lo sviluppo di una personalità affabile. Il fratello di San Giovanni di Dio era uno dei pochi medici a Lunsar. Quando è arrivato in Sierra Leone era appena finita la guerra e ha visto che dell’ospedale in cui doveva lavorare restavano solo le pareti. “Era sgangherato. C’erano stati 700 soldati delle Nazioni Unite ed erano stati quasi peggio della guerra. Il dispensario era completamente distrutto”. Manuel e i suoi compagni lo hanno risistemato grazie a un contributo dell’Unione Europea.

“La cosa migliore del fatto di lavorare qui è l’ambiente che trovi”, diceva. “Mi piace lavorare con la gente, e quella di qui è meravigliosa. Le persone sono molto gentili, generose e grate, ma anche molto povere. A me è sempre piaciuto questo contatto nel lavoro. Succedeva lo stesso in Ghana. Ti rafforza la vocazione. Ti fa sentire utile. Sicuramente più che là (in Spagna), dove ci sono più professionisti. Qui c’è molto bisogno, e quindi si è più utili”.

García Viejo era stato vent’anni in Ghana ed era da dieci in Sierra Leone. Provava simpatia per la gente di questi Paesi e lo infastidiva ascoltare opinioni negative sugli africani: “Molte volte non sono idee giuste. Si tratta di persone che non hanno risorse, con difficoltà per mangiare e per vivere… A volte vengono giudicati pigre perché non lavorano, o si dice che pensano solo a fare figli. Forse ci sono casi isolati di questo tipo, ma quasi sempre c’è una ragione oggettiva perché qualcuno si comporti in un certo modo”.

Contrariamente a molti missionari, il suo sogno non era quello di vivere in Africa. “Quando sono entrato come fratello di San Giovanni di Dio non pensavo di andare in Africa, ma poi, quando stavo studiando, c’erano già dei fratelli a Monrovia e in Ghana. Nell’ordine eravamo pochi medici, e la cosa normale era che andassimo dove serviva”.

A poco a poco la situazione è cambiata: “C’era molta necessità. Quando vieni lo fai un po’ per vedere cosa succede, ma poi inizia a piacerti. Poi ti dici: resterò qui finché posso”.

“Finché sto bene, cosa faccio in Spagna? Anche qui ci si gode la vita. Se stessimo male sarebbe un’altra cosa, ma non è così. È una vita semplice, senza complicazioni. Una vita con problemi come li hanno tutti. Il lavoro ha le sue difficoltà, perché ci sono pochissimi mezzi e ti vedi costretto a risolvere le cose per conto tuo, ma non siamo venuti qui a risolvere tutti i problemi di questa gente, ma a dare loro un aiuto. Facciamo quello che possiamo, nient’altro”.

“In questo ospedale sono sempre venuti medici volontari. Ad esempio, tutti gli anni veniva un pediatra, che qui è un lusso. Vengono anche ora, ma si è tutto fermato un po’ perché con la crisi di medici questi non hanno già tanta libertà per venire in questi luoghi. Se un medico viene in vacanza d’estate non lo sostituiscono più. Abbiamo più problemi a trovare gente”, ci aveva detto Manuel quando era uscito il tema della crisi.

“La gente ha sempre usato la medicina tradizionale, in parte perché non ha molte risorse e i medicinali sono molto cari. A volte vengono dalla medicina tradizionale, che usano come primo stadio, altre volte diventa l’ultimo, quando non riusciamo a dar loro una soluzione. In generale le persone vengono qui e hanno fiducia. Quando arrivano qui vengono assistite. Se un’operazione è urgente la affrontiamo, perché la gente è molto povera e ha pochissime risorse. Con i bambini, per fortuna, non c’è problema a livello di pagamenti perché c’è un programma a Barcellona che ci permette di pagare tutti i trattamenti per i bambini ricoverati. Per il momento si mantiene, anche se ci hanno detto che le persone che offrono questa sorta di ‘adozione’ si stanno tirando indietro per via della crisi. Quando bisogna pagare, qui il denaro va sempre al padre, poi alla madre e per ultimi ai bambini. Per me l’importante dovrebbe essere la madre, che è colei che si incarica dei figli”.

Manuel García Viejo era fratello dell’Ordine di San Giovanni di Dio, medico specialista in Medicina Interna e diplomato in Medicina Tropicale. Viveva da più di 30 anni in Africa, tra il Ghana e la Sierra Leone.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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ebolatestimonianze di vita e di fede
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